martedì 30 luglio 2013

Impressioni | World War Z, di Max Brooks


Non sono un fan sfegatato di horror e zombie, nel senso che non me li vado a cercare spontaneamente. E peggio ancora, se esce un film tratto da un libro, raramente corro a leggere la versione letteraria originale (fatta eccezione per autori come Matheson e altri).
Quando ho visto il trailer di World War Z ho pensato: un'epica cafonata hollywoodiana, non posso perdermela! Attendo il dvd e me lo vedo a casa con amici, birra e patatine. Non mi sono informato ulteriormente. Poi un amico mi ha detto che il romanzo da cui è stato tratto è “completamente diverso” dal film, accennando a uno stile narrativo basato su interviste. Generalmente diffido da affermazioni simili, se non sono arricchite da spiegazioni. Molte persone ritengono che la storia cartacea abbia un valore intrinseco che le conferisce più valore e dignità rispetto a un film (le stesse persone che osannano “Il profumo della carta” e si spacciano per intellettuali ma poi leggono Fabio Volo, Baricco o Licia Troisi).
La verità è che ci sono un sacco di romanzi scadenti con la corrispettiva versione cinematografica di gran lunga migliore.
Mi sono fidato del consiglio del mio amico e in effetti non mi sono pentito.
World War Z è un romanzo formato da un certo numero di interviste. Il protagonista sostanzialmente è l'intervistatore, di cui però non si sa nulla, è in secondo piano e interviene solo per fare domande.
I personaggi intervistati parlano del proprio lavoro o della propria vita dal momento del Grande Panico (alias la consapevolezza della diffusione della cosiddetta Rabbia africana, cioè il virus “zombiesco”) fino al tempo attuale. Civili, militari, ognuno dà il suo contributo.
L'inizio del romanzo tratta dei casi di infezioni in Cina e in tutto l'oriente, dopodiché gli intervistati appartengono a zone diverse del pianeta. Ogni intervista contribuisce a delineare un quadro generale e strutturato del mondo invaso dal morbo, con tutti i fenomeni sociali che ne derivano (per esempio, i “coyote” orientali che lucrano sull'evasione della gente dal paese infetto, come accade per Messico-California ecc., o l'invenzione tempestiva di presunti vaccini per il virus), ma anche le dinamiche politiche (ostilità tra paesi, riorganizzazione militare ecc., l'istituzione di nuovi nuclei), psicologiche/antropologiche (il nuovo stile di vita post-apocaliptico in cui i lavori di manovalanza sono gli unici utili, al contrario di quelli da ufficio, con una conseguente inversione di ruolo, o il clima emotivo di ansia e PTSD a man bassa), e le caratteristiche della malattia (come avviene il contagio, come evitarlo, come riconoscere gli zombie veri dai quisling, la gente non infetta ma che ha perso la brocca e pensa di esserlo).
Sono rimasto molto colpito dal romanzo. La forma della narrazione è stimolante. Sono vere e proprie cronache, è una forma che rompe con la solita linearità di narrazione di una storia. Diversi personaggi espongono la storia nel loro proprio stile comunicativo, e questo dà spessore ai personaggi.
Come al solito ci sono dei “ma”, perché sennò non sono contento.
Le interviste sono tante, non finiscono mai, ma va bene; il problema è che la solfa è sempre quella. Lo stile comunicativo originale appartiene a pochi personaggi in realtà: la maggior parte sembra avere sempre un tono saccente che ti fa dimenticare chi è che sta parlando al momento, se il militare esperto o un guerrigliero, un veterano.
I temi affrontati sono sempre quelli, sotto diversi punti di vista. E va bene. Ma i particolari su cui si soffermano sembrano essere talvolta sempre i soliti: le armi, i nuovi nuclei organizzativi (ognuno con un acronimo), i protocolli.
A un certo punto, verso la fine, ero stanco di leggere (e vedere con gli occhi della mente) l'ennesimo uomo/donna che la sa lunga, che parla di organizzazioni e politica, e via discorrendo.
Ho trovato molto più interessanti e toccanti le situazioni psicologiche (deformazione professionale a parte) che riguardavano il cambiamento nei rapporti interpersonali in un mondo apocaliptico, il cambiamento dei valori, l'acquisizione di un nuovo modo di vedere la vita, e via discorrendo.
Ho apprezzato molto anche le idee dei quisling, degli zombie che al nord o in inverno congelano e non sono un pericolo, quelli che affollano i mari, e altre particolarità.
Posso dire con coscienza che di per sé il romanzo è ben fatto, vale la pena leggerlo e sicuramente offre spunti e può appassionare gli amanti del genere. Un mio consiglio all'editor sarebbe stato di sfoltire le parti a tema politico (sfoltire nel senso che, a concetto chiaro, fermarsi lì e non stare a ricamarci sopra) e istituzionale (sostanzialmente aria fritta, tutti questi acronimi di gruppi, protocolli, ecc.: basta far capire il messaggio e poi lasciarlo lì: le storie, l'azione, il movimento sono interessanti, la teoria sterile e fine a sé annoia, considerando poi che l'intero romanzo è un insieme di digressioni, spesso spiegazioni a tavolino, talvolta storielle, rincarare la dose con astrazioni e teorie non fa tanto bene.)
Per concludere: il film con quel mandibolone di Brad Pitt non l'ho ancora visto. Il romanzo mi ha soddisfatto, e dubito che il film abbia granché a che fare col romanzo (perché altrimenti sarebbe un film noiosissimo), per cui non saprei proprio se è meglio leggere prima uno e poi vedere l'altro, o viceversa, o nessuno dei due.
Posso solo dire che il tempo speso per leggere è stato ben ripagato. Direi che è un buon esempio di uno dei modi in cui si può raccontare (bene) una storia. Se dovessi dare un voto direi 8.

venerdì 19 luglio 2013

Impressioni ristrette | Inferno, di Dan Brown

Questo post è una trollata.
Non sono un fan di Dan Brown, lessi solo, in illo tempore, Il codice Da Vinci e Angeli e demoni, troppo tempo fa per poterne parlare sul blog (che non esisteva ancora). Di questi due avevo apprezzato il fatto che, nonostante tutto, l'autore (o un buon editor?) fosse riuscito a dare un ritmo serrato all'intero romanzo, soprattutto grazie al rispetto dell'unità aristotelica del tempo: tutto accade in una giornata.
A parte questo, i romanzi di Dan Brown li paragonerei ai film d'azione/avventura spruzzati di comicità, senza pretese. Offrono qualcosa che piace senza badare granché al resto.
Questo post è una trollata per due motivi:
1. Ho terminato la lettura al 20% dell'opera.
2. Il web è pieno di recensioni di Inferno più accurate (e di gente che ha finito di leggerlo). Mentre scrivo, ho già due recensioni di amici blogger in attesa di lettura (bugia, ci ho già dato un'occhiata ma non ho continuato per paura di spoiler e per non lasciarmi influenzare nello scrivere questa opinione).
Perché ho interrotto la lettura al 20%?
Di per sé non è tanto male, come romanzo. In realtà non avrei problemi a consigliarlo a un lettore medio che in un anno legge un paio di libri (d'estate, al mare). Ma è proprio di questo, che si tratta. Attingendo da Wikipedia inglese:
The Boston Globes Chuck Leddy compared the book favourably to Brown's previous works, and deemed it "the kind of satisfying escapist read that summers were made for."
Ma condivido anche:
James Kidd of The Independent panned Brown's awkward prose but expressed approval of the book's plot, writing: "Brown's fusion of gothic hyperbole with a pedant's tour-guide deliberately restrains the imagination through its awkward awfulness."
Ed ecco i motivi per cui ho scelto di non perdere tempo nella lettura e interromperla.
La pedanteria da guida turistica del narratore che si inserisce in maniera fastidiosa nella storia. Per un italiano è davvero frustrante leggere un americano che ti spiega (male) la Divina Commedia. Non c'è alcuna sorpresa in ciò che spiega il narratore, studiamo questa roba a scuola per anni. Dimmi Inventa qualcosa che non so!
Ovviamente stiamo parlando di infodump becero e intrusivo. Infodump che apre la pagina e non la chiude nemmeno, con tanto di date, nomi ecc.
Ho fatto un elenco di cose che mi hanno dato fastidio durante la lettura, vorrei condividerle con voi.
Gli stereotipi (falsi) sugli italiani: i due protagonisti entrano in un ascensore che puzza di caffè e sigarette. Vada per il caffè, ma mi pare che questo sia lo stereotipo dei francesi, semmai (anche se la popolazione che fuma più in assoluto è quella cinese, statisticamente, ndr).
La dottoressa Sienna, il genio, illustra nozioni davvero bizzare di neuropsicologia, specificamente sulla memoria. E anche Dan Brown: l'affiorare dei ricordi specifici associato a fitte alla testa mi sembra un qualcosa di romanzesco (nel senso "ad minchiam"), assai poco o affatto scientifico. I ricordi possono far male emotivamente, non fisicamente.
I POV: tutti hanno un POV, a momenti anche i cani. Tipicamente, anche se può essere una buona strategia, troppi POV sono dannosi, soprattutto se attribuiti a personaggi inutili o la cui utilità è tale nel momento in cui agiscono in secondo piano e contribuiscono allo sviluppo della storia senza avere i riflettori addosso.
Nel complesso, la narrazione e tutto il resto dà al romanzo un'aria così naïve da farti dire: "Aaaw, piccolo Danny, come sei carino e ingenuo!". Di contro, nei momenti in cui non c'è l'infodump più gretto, lo stile non ostacola eccessivamente la lettura che, anzi, è anche godibile.
Tuttavia il copione è sempre quello. Non che mi aspettassi chissà quale novità, ma non ricordavo livelli così alti di infodump, e credevo che, complessivamente, sarei stato catturato dalla lettura.
Non è stato così.
Avanti il prossimo romanzo.

martedì 16 luglio 2013

Impressioni | Hyperion, di Dan Simmons

hyperion dan simmonsDopo La scomparsa dell'Erebus, ero curioso di leggere l'opera per cui Dan Simmons è ricordato principalmente, Hyperion.
Senza dover andare a cercare su Wikipedia, ecco il romanzo in poche parole: è strutturato in sei racconti appartenenti ai sei personaggi protagonisti, la cornice narrativa principale è quella che vede il gruppo nel pellegrinaggio verso le Tombe del Tempo, sul pianeta Hyperion, luogo misterioso dominato da campi antientropici che portano il luogo indietro nel tempo. Lo Shrike è una sorta di divinità omicida che occupa le Tombe, e complessivamente la storia di ogni personaggio è connessa con le Tombe.
Ora parliamo (ok, parlo) di alcuni aspetti del romanzo.
Aspetti positivi: le idee sono buone e numerose. Non essendo un cultore di fantascienza, immagino che non tutto sia necessariamente innovativo o eccezionale. Ma tant'è, io ho apprezzato.
Il background è ampio e strutturato, ricco di particolari.
Tutto questo calderone dovrebbe dar luogo a un'opera eccezionale, eppure Simmons gestisce il tutto in maniera approssimativa e non sfrutta il potenziale di tutto il lavoro fatto di worldbuilding (oserei dire universe-building, a questo punto).
L'infodump regna sovrano. Non sarebbe così grave, di per sé: il retroscena è interessante, e conoscere tecnologie, sviluppi "storici" e via discorrendo potrebbe ripagare la scelta stilistica infelice.
Ma l'infodump più gretto, con una digressione sugli eventi passati e spiegazioni palesi dei nessi tra un concetto e l'altro, viene affiancato da elementi dell'ambientazione gettati così, senza spiegazione. Com'è fatto un VEM? Boh! E un comlog? Boh!
Peccato: laddove lo stile è carente, una ricchezza di spunti e di background riequilibrerebbe il tutto.
Le descrizioni talvolta sono approssimative anche per quanto riguarda i luoghi: fatta eccezione per alcuni, è impossibile avere una chiara idea di cosa ci stia presentando il narratore. A volte le descrizioni sono solo in "scrittorese", buttate così senza mostrare veramente qualcosa (come per il Castel Crono, che è un ammasso di scalini e sale buie ecc.,), altre volte invece semplicemente il narratore non ti dice le cose come stanno. Il mare d'erba è fatto di acqua o di erba? L'imbarcazione che lo solca galleggia o ha le ruote? Può suonare stupido, ma io non l'ho mica capito, fino alla fine.
Il punto forte, per così dire, del romanzo sono le ministorie che lo compongono. Io sono stato più attratto dalla narrazione principale piuttosto che dai flashback: si tratta di riassunti o dell'intera vita di un personaggio o di un momento particolare, condensati ciascuno in alcune decine di pagine con tanto infodump e melodramma.
Mettendo a confronto i racconti di Cavie (Haunted) di Palahniuk, che ha analogamente una struttura "decameronesca", e quelli di Hyperion, è evidente quanto un grosso brufolo che i personaggi di Dan Simmons non riescono ad avere spessore e a suscitare l'interesse dei personaggi di Cavie.
Ho preso come metro di paragone Palahniuk perché in Cavie la storia di ogni personaggio occupa lo stesso spazio narrativo dei personaggi di Hyperion, e in entrambe le opere i temi di fondo non sono semplici conflitti ma veri e propri drammi.
Ho apprezzato la storia del prete, principalmente per la forma diaristica. Però la storia migliore, a mio avviso, è quella di Sileno, principalmente per lo stile che ricalca perfettamente la personalità del personaggio (ha carattere, ha un buon "impatto" comunicativo ed emotivo).
Le altre le ho trovate appena sufficienti o patetiche (Brawne Lamia, il frutto dei più banali cliché sui detective, o  la storia del Console, con la doppia cornice narrativa che, in aggiunta alla principale, dà luogo a tre tempi, crea confusione ma soprattutto noia).
Per finire, il gran finale, finalone infodumposo in cui il narratore sputtana tutto il significato dell'opera sembra un vizio che Simmons non ha voluto togliersi nemmeno nella Scomparsa dell'Erebus. Il Console, alla fine del romanzo, scioglie tutti i nodi della trama e fornisce i plot twist. Così come nella Scomparsa dell'Erebus Simmons spiega, ponendosi fuori dal tempo narrativo, gli aspetti magici e misteriosi che permeavano la storia.
Ho letto sul web che il romanzo può essere considerato autoconclusivo. Non vedo come si possa dire una cosa simile: è palesemente un finale aperto.
Al momento, non credo che continuerò a leggere altro di Dan Simmons. Se all'inizio Hyperion mi è sembrato soddisfacente - più per i contenuti che per la forma -, verso la fine ho capito di essere troppo insofferente verso lo stile.
Non escludo che qualcuno possa trovarlo un romanzo bellissimo: gli appassionati di fantascienza pura probabilmente possono focalizzarsi più sugli aspetti contenutistici che su quelli narrativi, ma non si può dire che sia un romanzo scritto bene. Per poterlo leggere e apprezzare, è necessario mettere in conto una certa dose di noia e ritmi lenti.
Volendo fare un paragone con Asimov, oserei dire che sebbene abbia uno stile peggiore, riesce a offrire una storia più forte, trame meno patetiche e plot twist credibili insieme alle idee interessanti. Insomma, preferirei Asimov a Dan Simmons.
Consiglierei Hyperion agli appassionati di Sci-fi in quanto ulteriore spunto di idee, ma difficilmente lo consiglierei al lettore medio "casuale".

mercoledì 10 luglio 2013

Impressioni | Kobo mini, promozione di luglio/agosto 2013

kobo mini mondadori promozione in offerta recensione

Ho avuto modo di provare il Kobo mini e non ho potuto fare a meno di scattare qualche foto e farmi un'opinione. L'opinione, lo dico da adesso, è abbastanza positiva, per il dispositivo in sé, ma estremamente positiva per la promozione della Mondadori, che lo vende al 50% dal 6 luglio (fino ai primi di agosto, se non sbaglio, ma al momento non riesco a trovare dettagli sulla promozione).
In pratica vi portate a casa un buon eReader a 39€.
Il costo di due copie di Inferno di Dan Brown (in realtà anche meno).
Il Kobo mini in questione non è stato comprato online, ma materialmente da Saturn (è molto più semplice, in caso di dispositivo non funzionante, poterlo riportare e cambiare subito, ma soprattutto si può provare il modello in esposizione e decidere se ti soddisfa o no)
I colori disponibili sono due: nero e bianco, col retro "rigato" a losanghe. La versione bianca ha il retro grigio metallizzato e, sebbene personalmente sia un fan del nero, ammetto che la versione bianca è più figa. In entrambi i casi il colore mi sembra unisex. Ma la parte posteriore si può cambiare, e c'è una varietà di colori tra cui scegliere (un po' come le cover dei Nokia 3310, che gli '80s e i '90s come me ricorderanno)
Veniamo all'aspetto pratico, con le bellissime foto scattate nel mio unico stile di fotografia sismica e decentrata.


All'inizio è necessario settare l'eReader. Via pc o wifi, è necessario aggiornarlo (che senso ha? Non possono venderlo già pronto? Mah). Quindi bisogna mettere in conto almeno 10-15 minuti di download, setting vari e riavvio. Dopodiché bisogna necessariamente creare, se non lo si ha già, un account per lo store.

Sembrava non finire mai.


Ovviamente appena acceso il dispositivo, in primo piano c'è lo Store, non la Libreria.


La visione In Lettura mostra l'anteprima degli ultimi ebook inseriti e ovviamente di quello in lettura (l'anteprima più grande). Per poter vedere tutti gli ebook contenuti nel lettore è necessario pigiare su Libreria, e poi, dal menù a tendina, scegliere eBook (la visualizzazione sarà a elenco [vedi l'immagine successiva], ma è possibile cambiare a una visione ad anteprime, cosa che sul mio kindle 4, per esempio, non è possibile).

Due parole sulla reattività del touch e la velocità del refresh: premettendo che, com'è visibile dalle foto, ho provato l'eReader con tutta la pellicola protettiva sullo schermo, il touch non mi è sembrato ottimale. Sono abituato al Galaxy S2, ma conosco bene anche i tempi di reazione del kindle 4 (non touch) rispetto alle operazioni (menù e setting vari). Di conseguenza, ho notato come il tempo di latenza tra input (tocco) e output (generazione del menù, effettuazione delle modifiche ecc.) sia notevole, rispetto al mio kindle 4. Immagino sia un tipo di tecnologia che necessita di essere sviluppata ulteriormente.


Le Impostazioni, come si può vedere, sono raggiungibili dall'icona in alto - così come la Home, sul lato sinistro. La mancanza di tasti si rimpiange un po' nel momento in cui, per andare alla home o aprire la tendina delle impostazioni, sono necessari due passaggi: se si sta leggendo, un tocco al di fuori delle aree dello schermo dedicate alla funzione avanti/indietro, quindi per esempio la porzione centrale, per far apparire dai margini superiori le icone varie, e un secondo tocco all'icona desiderata.
Quindi, per tornare alla Home, invece di poterlo fare tramite un pulsante apposito è necessario prima toccare e far apparire il tasto in alto sinistra, poi premerlo. Se la reattività fosse immediata, non sarebbe un gran difetto, ma visto i tempi di reazione, un po' scoccia. I tre tasti standard (Home / Impostazioni / Back) si potevano benissimo inserire nel dispositivo, ma tant'è.


Dalla barra inferiore si può accedere alle impostazioni di pagina e lettura, nel caso dell'immagine a sinistra, Font, Dimensioni, Interlinea, Margini e Giustificazione. I parametri si cambiano spostando il "pomolo" ma, al contrario di smartphone e tablet, ho trovato più comodo e veloce toccare direttamente il punto della linea dove si vuole che vada l'indicatore, piuttosto che pigiare sull'indicatore e spostarlo trascinandolo. Tra le Proprietà Avanzate è possibile avere anche un'anteprima dei cambiamenti, prima di applicarli.
Nota positiva: i margini si possono diminuire fino ad eliminarli completamente, così da avere il testo attaccato alla cornice della scocca.
Per ottenere una pagina sufficientemente "capiente" di testo, è necessario eliminare margini laterali e interlinea, e settare la grandezza dei font almeno al 20-30%, a mio avviso.
Nota negativa: non è possibile modificare i margini superiore e inferiore. Questo significa che la pagina assomiglia più a un 4:3 che a un 16:9, per così dire; se fosse possibile eliminare anche questi altri due margini, la capienza della pagina sarebbe migliore e le dimensioni ridotte dello schermo quasi non si farebbero sentire. Questo è un peccato, perché poter sfruttare l'intero schermo fornirebbe un ottimo potenziale per gli usi più disparati del dispositivo.
Presumo che questa "mancanza" sia dovuta al fatto che quello spazio è dedicato alle barre delle applicazioni, ma a mio avviso ciò non ha senso: se si sceglie di andare alle Impostazioni, non si sta scegliendo di leggere, per cui anche ad avere due barre, una in alto e una in basso, che coprono un paio di righe di testo, non è mica una tragedia, anzi.


Le Impostazioni di lettura permettono di personalizzare, tra le altre cose, le aree dello schermo adibite alla funzione volta-pagina e il refresh.


La seconda icona della barra inferiore, quella con le freccine, fa apparire un continuum che indica il progresso sull'intero libro. Anche qui è possibile navigare l'intero ebook col tocco sulla barra, con un riferimento al capitolo, oltre che alla numerazione della pagina.


Infine, tra le Impostazioni abbiamo gli "extra", che comprendono Scacchi, Sudoku, Sketchpad, e il Browser.
Se nel Kindle 4 il browser si trova tra i "prototipi sperimentali" (lol wut? esatto), nel Kobo mini è semplicemente un browser funzionante che, grazie al tastierino touch, ti permette di navigare in maniera credibile, rispetto al supplizio del kindle 4 (che, non avendo alcuna funzionalità touch, ti costringe a muovere coi tasti fisici il cursore su ogni lettera, impiegando quindi secoli per scrivere anche solo "Google"). La cosa che mi ha sorpreso è che nell'inserire la query nella barra di ricerca, sono apparsi anche i suggerimenti di Google "in tempo reale". Quindi direi che anche come browser d'emergenza non è affatto male, tutt'altro.

Conclusioni: il tipo di eReader e l'occasione della promozione danno un ultimatum ai lettori indecisi, che non sanno se provare l'eReading, dubbiosi ma soprattutto non convinti dall'eventuale investimento ingente. Al prezzo di due libri a copertina rigida, il lettore "curioso", senza spendere molto, può avere l'occasione di portarsi a casa un ottimo lettore con cui non solo iniziare l'esperienza di lettura digitale ma, in caso di esperienza positiva, può benissimo continuare a usare comodamente lo stesso lettore senza alcun handicap particolare. Il kobo mini è piccolo, ha tutto e di più, e sebbene non si possa definire adatto a formati .pdf troppo ampi (per esempio, manuali con immagini ecc.), offre un'esperienza completa e soddisfacente per la narrativa digitale.
E per 39€, direi che è soprattutto un'ottima idea regalo.


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Nota: Anche quest'anno, purtroppo nessuno mi ha pagato per scrivere questo articolo. Mi chiedo quanto tempo debba passare perché ciò avvenga.