Il mondo perduto è fondamentalmente un romanzo d'avventura. La base "scientifica" consiste nell'assunzione dell'esistenza di una regione geografica inaccessibile all'uomo, in cui l'evoluzione avrebbe seguito un corso diverso. Non sarebbe poi così "fantastico", visto che, come ci dice Wikipedia, l'autore si è basato su una scoperta del tempo, avvenuta in Venezuela sulla cima del tepui Roraima - e attualmente sappiamo che nel mondo esistono diverse specie ancora non classificate. Chiunque abbia visto Jurassic Park potrebbe trovarci qualche analogia, per la faccenda dei dinosauri, dell'area inaccessibile ecc. Non so, strano ma vero, io Jurassic Park non l'ho ancora visto.
Se Il mondo perduto è una storia che risulta impossibile oggi a causa delle tecnologie di cui disponiamo (i.e., Google Maps, che distrugge teorie di isole fantastiche come Atlantide e simili), La nube avvelenata risulta invece divertente perché postula, come motore della storia, l'esistenza di un etere cosmico velenoso. In realtà è più probabile questo secondo romanzo, visto che al posto dell'etere ci si può mettere qualcosa di esistente, ma senza tirarle per le lunghe, è divertente leggere storie basate teorie antiquate (della serie "Germi? Corbellerie! Non esiste niente di tutto ciò!", citazione sicuramente inesatta tratta dal film Hysteria).
In appendice alla Nube c'è un racconto di mare, Il capitano della Stella Polare, che personalmente ho gradito perché mi piacciono le storie marinare, ma oggettivamente non è niente di che, grosso modo Coleridge ha reso tutto ciò che lo segue, relativo a mare e mistero, un cliché.
I due romanzi sono brevi, soprattutto il secondo, il primo però lo trovo qualche gradino più in alto, dal punto di vista qualitativo.
A parte i contenuti, ciò che ho apprezzato di più è stato:
1. L'interesse per la scienza come elemento fondamentale per la storia, nonché la ricerca di uno sfondo plausibile su cui far muovere i personaggi.
2. L'impostazione credibile della narrazione, visto che in entrambi i casi il narratore è un giornalista, e il testo in sé è in parte diario personale, in parte resoconto giornalistico (solo per il primo romanzo però; nella Nube c'è del narrato in prima persona senza artifici di verosimiglianza, se non ricordo male).
3. L'umorismo. Il prof. Challenger, il personaggio di interesse principale in entrambi i romanzi, è uno scienziato inglese che si occupa un po' di tutto, a dir la verità, burbero e tendenzialmente razzista (così mi è parso). Divertente l'atteggiamento di superiorità europea ma soprattutto la megalomania che lo porta a discriminare consapevolmente i più ignoranti di lui (i.e., tutti). Immancabile l'umorismo british.
Non siamo ai livelli di Verne: piuttosto Conan Doyle si discosta dall'insegnamento pedante, l'infodump spudorato, dà più importanza alla storia. La lunghezza dei romanzi, oltretutto, non rischia di stancare.
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Nota: è passato poco più di un mese dal mio ultimo post. Avrei dovuto pubblicare queste impressioni qualcosa come tre settimane fa, ma causa esami mi son visto costretto a interrompere la lettura della Nube a 3 pagine dalla fine, sospendere tutte le pneumocomunicazioni internautiche, e lasciare il mio povero Opossum scarico fino a lunedì scorso. Ma il periodaccio è finito.
Ah, se può interessare, il 3 luglio, come anniversario dell'acquisto del sopracitato Opus, pubblicherò un post riassuntivo che racconta un anno di ebook reader. Quantità di romanzi letti, slide, ebook autopubblicati, modalità d'uso e via discorrendo.
Se eventuali utenti mi stanno leggendo perché sono capitati su questo post in cerca di informazioni relative a ebook reader economici e pratici per migliorare l'esperienza di lettura e diminuire costi e/o bidoni, e vorrebbero leggere un parere pratico, sincero, allora li invito a leggere il post che pubblicherò il 3 luglio (2012).
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