Ancora classici.
Questa volta è un romanzo d'avventura piratesca di Stevenson, lo scozzese famoso per Lo strano caso del Dr. Jeckyl e Mr Hyde.
Avevo voglia proprio di questo, classici d'avventura, più avventurosi del Mondo Perduto di Doyle, del mese scorso.
L'isola del tesoro è considerato un romanzo per ragazzi. Ora vedremo se è vero o no.
Il protagonista della vicenda è Jim Hawkins, un ragazzo qualsiasi che trova per caso una mappa del tesoro rovistando il cadavere di Billy Bones, un pirata che alloggiava nella sua taverna prima che schiattasse. Jim la mostra al medico di famiglia, il dott. Livesey, che propone di andare a cercare il tesoro e a bordo della Hispaniola, raccolta una ciurma, intraprendono un viaggio alla ricerca del tesoro del capitano Flint.
Insomma, è una storia di pirati non così "originale" - ovvio, è vecchia di più di cent'anni: non me ne intendo ma credo che sia un romanzo pioniere del genere.
Stevenson se la cava, a narrare.
La storia è scritta sotto forma di resoconto stilato dal protagonista, Hawkins.
Purtroppo però ad un punto Stevenson ci tiene a farci sapere cosa succede in un luogo differente attraverso il POV del medico, per cui rompe la continuità narrativa dedicando qualche pagina isolata alla breve parte che recita di persona il dott. Livesey. Peccato, però: avrebbe potuto benissimo riprendere lo stesso personaggio POV per raccontare una serie di eventi che si svolgono dietro le quinte verso la fine della storia, quando il climax è al massimo. Immagino che l'autore abbia voluto tenerci all'oscuro di quegli episodi per svelare qualche piccolo colpo di scena attraverso un dialogo diretto. Mah.
Ho molto apprezzato i dialoghi della ciurma, tutto sommato credibili e adeguatamente evocativi - per chiarirci: Long John Silver o Black Dog non parlavano in maniera educata e precisa come il dottore o il cavaliere Trelawney: sembrerebbe una cosa banale, ma coi romanzi che circolano, questa non è roba da poco.
La narrazione, comunque, in alcuni tratti risulta raffazzonata, in altri invece i termini marinareschi sono talmente specifici da impedire la comprensione della scena - vada per i comuni "prua", "poppa", "virare", "ammainare", ecc.; poi vengono termini famigliari come "babordo" e "tribordo" che pur riconoscendo che indicano un lato, difficilmente si ricorda quale, o come "aggottare", che risulta famigliare ma semanticamente vuoto per il lettore non erudito in materia. Poi vengono i termini mai sentiti, che a volte combinati con una narrazione poco precisa non aiutano a visualizzare la scena.
Il "genere per ragazzi" che nuoce tanto alla salute è incomprensibile, in questo romanzo, visto che la gente muore, viene uccisa, uccide, tradisce - non prende botte in testa per poi svenire, priva di sensi.
Ma ho capito solo dopo, dove fosse l'inganno.
Jim, il protagonista. È l'Harry Potter della situazione, gli va tutto bene ed è di animo nobile. Si comporta bene anche nei momenti in cui comportarsi rettamente risulta, per così dire, anticonservativo. Lui stesso poi, in certi momenti, informa il lettore che sta facendo una cazzata senza saperne il motivo (impulsività giovanile, direbbe qualcuno - forzatura dell'autore, direbbe un altro), cazzata che però, per puro caso, per divina provvidenza, salva il culo a tutti. Più volte.
Sono poche pagine, 160 circa. In quanto classico, temevo una narrazione pedante, invece l'ho trovata piuttosto movimentata, pochissimi punti morti. Lettura più che gradevole.
Una storia di mare, poi, è sempre benvenuta in questa stagione.
2 commenti:
L'ho letto che avevo 12 anni. Da quel che ricordo, mi era piaciuto e l'avevo trovato comunque scorrevole. Ma avevo 12 anni, ero giuovincello! Dovrei darci una rilettura...
- S.G.
Volevo integrarlo in questo post ma non ho fatto in tempo: appena possibile segnalerò una versione televisiva del romanzo, con Elijah Wood ed altri, ovviamente della BBC.
Per chi ha già letto il romanzo, può essere divertente da vedere (e ovviamente richiede meno tempo rispetto alla lettura). Inoltre un confronto tra romanzo e versione tv permette di notare le modifiche fatte alla trama a favore di una sceneggiatura televisiva.
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