Il 13 ottobre una bambina cinese di due anni è stata investita due volte ed è rimasta a terra priva di aiuto nonostante i passanti. Purtroppo, è morta pochi giorni dopo.
L'episodio ha sconvolto tutti coloro che hanno visto il video della piccola Wang Yue su Internet, e nasce spontanea la rabbia e l'indignazione nei confronti dei passanti che, gettata un'occhiata fugace alla piccola riversa nella pozza di sangue, hanno proseguito senza intervenire.
Non è il primo episodio di indifferenza.
Il primo, che ha dato il via a questa "tendenza", è stato quello di Kitty Genovese, 1964, il "classico" esempio di indifferenza degli spettatori riportato nei manuali di Psicologia Sociale.
Altri casi analoghi si verificano ogni anno. È stupido chiedersi il perché dell'indifferenza dei passanti negli episodi di vero e proprio omicidio premeditato (come quello avvenuto in Sicilia un paio di anni fa). La risposta è ovvia.
Ha più senso chiedersi perché mai le persone non intervengono in casi di incidente, pericolo ed evidente necessità. E ha più senso spegnere la TV quando a parlare di cose simili sono stupidi "opinionisti" (come nell'Arena di Rai 1) o pseudo-esperti millantatori, chiamati dai TG, che gettano fango su tutta la professione.
La Social Cognition ci insegna che questo fenomeno è dovuto a un tipo di atteggiamento e comportamento stabile in ognuno di noi quando ci troviamo in un gruppo. Si chiama ignoranza pluralistica, ovvero la percezione da parte dell'individuo di non avere informazioni sufficienti per poter agire, delegando il compito agli altri membri del gruppo che, però, la pensano come lui. In pratica nessuno fa niente perché ognuno pensa che qualcuno alla fine farà qualcosa. Un po' come quando a una lezione nessuno ha il coraggio di chiedere di rispiegare un argomento pur non avendolo capito, sperando che qualcun altro lo faccia al posto tuo.
L'ignoranza pluralistica scatena l'effetto spettatore, in cui per diffusione della responsabilità un individuo sente di meno il peso della responsabilità quanti più sono i membri del gruppo in cui si trova.
Oltre a queste motivazioni cognitive, ne esistono altre di tipo più prettamente sociale. Paura di fare una brutta figura, di fraintendere la situazione, di non avere le qualità necessarie, ecc.
Nel caso dell'uomo caduto sui binari, in Spagna, e salvato dal giovane poliziotto non in servizio, la situazione è diversa. La responsabilità percepita dal giovane non è uguale a quella degli altri, da una parte. Dall'altra, l'azione può essere stata compiuta per "deformazione professionale", dato che era pur sempre un poliziotto, o perché l'aiuto fa parte dei tratti di personalità che, a suo avviso, lo definiscono.
Nel caso della piccola Wang Yue, però:
1. Non ci sono poliziotti fuori servizio, in giro.
2. Non c'è una gran folla, anzi, non c'è proprio nessuno oltre al singolo passante.
3. Non c'è l'apparenza di un omicidio, dato che è una bambina ed è evidente che sia stata investita.
Perché allora nessuno ha fatto niente?
Ci sono diverse colpe.
La prima "colpa" è quella della cultura.
Le società orientali sono una cultura collettivistica; giudizi, atteggiamenti, convenzioni, mirano al bene del gruppo piuttosto che del singolo. Basti pensare che le mamme occidentali, nel giocare coi bambini, esaltano valori come il primato, la vittoria, l'allegria ecc. Le mamme cinesi, invece, esaltano la disciplina, l'onestà, l'interdipendenza - per esempio, danno un gioco al bimbo e si aspettano che lui glielo restituisca.
Sebbene non ci fosse un gruppo di persone, davanti alla bimba, è evidente che i singoli passanti hanno interiorizzato il collettivismo (ma non l'interdipendenza, a quanto pare) della propria cultura al punto da non avvertire alcuna responsabilità.
La Cina, d'altronde, soffre di un sovraffollamento che non si è mai visto nella storia dell'umanità.
Gran parte dei problemi del mondo derivano proprio dal sovraffollamento. In un'intervista, prima della sua morte nel 2009, l'antropologo Claude Lévi-Strauss notava come il mondo fosse cambiato dai tempi in cui svolgeva i suoi studi sulle popolazioni nella foresta amazzonica, quasi un secolo prima.
E a ben guardare, se nel 1900 la popolazione mondiale ammontava a circa un miliardo e mezzo di persone, ora siamo arrivati a ben 7 miliardi. Che sia questo, dunque, che bisogna aspettarsi dal progresso dell'umanità? Escludendo la diminuzione dei campi coltivabili, del bestiame, delle risorse energetiche, escludendo tutti gli abitanti del Terzo Mondo e tutti i poveri sparsi sul globo.
Il futuro dell'umanità sarà dunque l'indifferenza?
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