Ho già parlato velocemente di Asimov in questo post. Il parere, grosso modo, è rimasto lo stesso.
Nei racconti brevi sa il fatto suo.
In Abissi d'acciaio, insomma.
In Fondazione Anno Zero non è tanto diverso da Abissi, ma dato che non ho letto il Preludio e che è passata un'eternità da quando ho letto Abissi, il mio parere si basa esclusivamente sul libro in sé.
Su Anobii gli ho dato tre stelline, e c'è una ragione.
Asimov ha avuto grandi idee. Ha saputo svilupparle sufficientemente da poter farle arrivare al lettore, ma rimettendoci un po' quanto a stile.
Se da un lato Asimov, in Fondazione Anno Zero, non descrive i luoghi, gli avvenimenti, le persone, dall'altro, libero di tutto ciò, lascia ampio spazio al dialogo - al punto da occupare l'intero libro, dall'inizio alla fine, di soli dialoghi, per un 2-3% di narrato.
I dialoghi fanno scorrere la lettura, rendono tutto più facile e la comprensione istantanea. Il problema, però, è che tutto il resto è inesistente.
Asimov non mostra praticamente nulla, e neanche racconta. Lui fa parlare i personaggi, ogni tanto spara qualche infodump attribuito all'autore, all'interno di un capitolo passa da un POV all'altro senza pietà, e - attenzione, Spoiler - persino il finale è una prima persona incoerente con il resto dell'opera.
Lo stile, laddove abbandona il dialogo, ha lacune terribili. Prendo ad esempio pagina 114:
Lo stile, laddove abbandona il dialogo, ha lacune terribili. Prendo ad esempio pagina 114:
Erano in cinque, seduti intorno a un tavolo in un quartiere fatiscente del Settore. La stanza era arredata poveramente ma ben schermata.
Le lacune sono diverse. In primis, il POV (che in seguito si rivela incostante) appartiene a dei nuovi personaggi, che avranno vita breve nella storia. Il narratore parla di un quartiere fatiscente, ma non mostra nulla, neanche il quartiere. Dice che la stanza era arredata poveramente, ma non mostra nulla, neanche un mobile. La schermatura, poi, rimane solo un sostantivo vuoto in tutto il libro, così come Settore o Cupola. Non so se dipende dal fatto che ho saltato il libro precedente - mi pare che non siano strettamente collegati -, ma niente di tutto ciò è mostrato - né raccontato, in realtà. Il narrato si limita a un'introduzione necessaria per i dialoghi, che fanno da padrone.
La storia si estende per l'intera vita del protagonista, Hari Seldon, e ruota intorno alla Psicostoria (su questo ci torno dopo). Sebbene la lettura sia piacevole, a tutti gli effetti la storia non si sviluppa granché: solo il destino dei personaggi è un elemento degno di nota, mentre la Psicostoria e le sue conseguenza -attenzione, piccolo Spoiler - rimangono così, come all'inizio. Non c'è evoluzione effettiva.
I colpi di scena sono facilmente intuibili - a parte uno, che è praticamente un Gioco di Prestigio - per cui al lettore non rimane granché di cui sorprendersi.
La Psicostoria mi lascia molto perplesso.
Nel libro è illustrata come un modello matematico capace di prevedere il futuro "sociale" attraverso delle correlazioni tra equazioni.
In primo luogo, all'inizio Hari Seldon recluta solo matematici, al progetto. Il che è assurdo, perché pur volendo stabilire dei valori a dei costrutti sociali, è necessario un sociologo o qualcosa che abbia a che fare con le Scienze Politiche o la Psicologia Sociale. Invece solo - spoiler - a fine libro viene reclutato uno Psicologo - ma esclusivamente perché, ancora spoiler, è un "mentalico".
In secondo luogo, è risaputo che la correlazione non implica la causazione ("fuori piove, quindi rimango a casa" -> "rimango a casa, quindi fuori piove"), e che le tecniche statistiche usate, per esempio, in Psicologia (la Psicometria), presuppongono lunghi studi sui singoli costrutti, e dopo tante ricerche e prove empiriche su campioni di popolazioni, si possono ottenere tecniche utili alla misurazione più probabile.
Tutto sommato, però, la cosa che mi ha lasciato perplesso è stata appunto la scelta dell'autore di far lavorare, al progetto, gente che con la scienza che studia l'uomo e la società non ha proprio niente a che fare.
Dicevo che su Anobii ho dato tre stelline al romanzo. In effetti rispetto ad altri romanzi stilisticamente migliori, in Fondazione Anno Zero il danno stilistico è limitato alle parti narrate. La mancanza tecnica quindi non si sente troppo, perché è ridotta al minimo. Quanto ad ambientazione e dialoghi, questo romanzo potrebbe benissimo essere un copione teatrale,
D'altro canto, è pur sempre Sci-Fi: il limite del romanzo è che tende a uno spessore psicologico che però nemmeno sfiora, e si allontana invece da elementi fantascientifici che, invece, avrebbero potuto essere approfonditi.
2 commenti:
Anno Zero è il più brutto tra i libri della Fondazione; in realtà avrebbe potuto essere molto bello, ma si vede che è scritto di fretta (Asimov non è mai stato uno scrittore straordinario, stilisticamente parlando, ma può essere meglio di così).
Inoltre non so chi ti abbia detto che Anno Zero funzioni bene come stand-alone novel. Praticamente è un ponte di raccordo tra Preludio e la Trilogia della Fondazione, e secondo me non ha molto senso leggerlo se non si è letto almeno Preludio (un esempio? Quasi tutti i personaggi secondari importanti, come Dors, Demerzel e l'Imperatore, sono personaggi di Preludio).
Tutti i problemi storici e sociologici di cui tu parli, Hari se li pone in Preludio, prima di iniziare il lavoro vero e proprio (come succede in Anno Zero). Infatti Dors, che Hari conosce in Preludio a scopo lavorativo, è una storica.
La ragione per cui lo staff di Hari è composto da matematici è che il progetto, dopo il lavoro preliminare di tipo storico, lavora per astrazioni generali, allo stesso modo in cui un fisico teorico, pur tenendo conto dei risultati sperimentali, passa le sue giornate a fissare lavagne ingombre di equazioni invece che a gettare gravi dalla cima di una torre come ai tempi di Galileo.
Nonostante lo stile, mi è riuscito più facile leggere Asimov rispetto al precedente Tim Powers. Stranomavero.
"Demerzel" in realtà appare fin da Abissi! :D Mi ha fatto piacere incontrarlo.
Riguardo alle questione Psicostoria, se ci sono particolari informazioni che non ho a causa del libro precedente, pardon.
Però:
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La ragione per cui lo staff di Hari è composto da matematici è che il progetto, dopo il lavoro preliminare di tipo storico, lavora per astrazioni generali, allo stesso modo in cui un fisico teorico,
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Questo l'ho capito, in realtà Anno Zero spiega tutto ciò che mi hai detto. Però i fisici teorici in realtà lavorano su dati già verificati empiricamente e piuttosto stabili (pattern). Il mondo fisico.
Il mondo psichico ha pattern meno precisi, con scarti di errori più ampi rispetto alle variabili fisiche. Molto più ampi, e meno prevedibili (perché le variabili di disturbo sono infinite e difficili da studiare, quasi impossibili da prevedere).
La Psicostoria dovrebbe operare, insomma, su una serie di dati ancora più vaga: l'interazione psicosociale/politica/sociologica. Un matematico si ridurrebbe, semplicemente, ad applicare le equazioni adatte (cosa che fanno già i software, in realtà, difatti i professori che si occupano di statistica in un certo ambito - biometria, psicometria, sociometria - non sono matematici, ma specialisti del loro ambito che, in più, si occupano anche di statistica).
Per questo motivo mi son detto che uno storico non avrebbe competenze adatte.
Se però la raccolta di dati e raccolta di costrutti e variabili varie, di cui ho appena parlato, viene fatta nel libro precedente, allora chiedo venia e tutto ciò che ho scritto sopra può essere distrutto.
C'è da dire che queste sono solo supposizioni. In realtà le informazioni a disposizione potrebbero non essere sufficienti o complete abbastanza. Può essere che le facoltà di Storia, su Trantor o nell'Impero, comprendano sociologia, politica e statistica, ecc.
La questione psicostorica insomma passa un po' in secondo piano, in questa sede (nonostante le sane speculazioni). La cosa più importante è il romanzo nel complesso.
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