Grazie a Internet ho ascoltato e riascoltato centinaia di volte - vabe', un po' meno - l'intero album.
Mi son detto: "Sicuramente gli svariati recensori faranno paragoni con album precedenti e avranno qualcosa da dire sul nuovo batterista."
L'ultima cosa che avrei voluto fare era proprio il paragone con album precedenti. Ma Thiago Campos, in questa nota di Facebook, ha spiegato come, dovendo fare la cover di On the backs of angels, abbia riscontrato similarità con Pull me under, e, in seguito, con l'intero album Images and words.
Ora, il bel giovane sopracitato ha praticamente fatto l'autopsia musicale di due brani dell'album mettendoli a confronto con Images and words. Trae le sue conclusioni [traduzione mia, pardon]:
Non ho idea del perché i DT abbiano fatto una cosa simile. Forse perché [Images and words] era l'album che li ha "formati", in un periodo in cui era un "o la va o la spacca" per la loro carriera, cosicché fosse un modello d'ispirazione. Forse perché esso rappresenta un nuovo inizio per la band con Mike Mangini, così come quando allora James LaBrie entrò nella band... Forse per celebrare i 20 anni dell'album che ha definito il sound dei DT? Forse hanno solo pensato che sarebbe stata una sfida divertente scrivere nuove canzoni su uno schema prestabilito, un po' come alcuni fan hanno fatto (me incluso) quando lanciarono la gara di composizione Stream of Consciousness nel 2002-2003. Comunque sia, li applaudo per aver avuto le palle di farlo e per il risultato complessivo che alla fine hanno ottenuto. So quanto sia difficile scrivere un brano basato del tutto su un arrangiamento prestabilito e farlo suonare conciso, genuino e ispirato. La tendenza generale è quella di avere un incasinato Frankenstein invece di musica (...)
Mi accodo al suo giudizio finale. Chissenefrega se gli schemi di alcuni brani corrispondono a quelli già usati - da loro stessi. Non stiamo parlando di un Ligabue qualsiasi che usa 4, 5 accordi in ordine sparso sullo stesso ritmo, con testi se non uguali nella forma almeno nella sostanza. E non si parla nemmeno di AC/DC che, per quanto pionieri del rock, non eccellono in originalità, coi loro 4/4 della morte e 2 o 4 accordi tra strofa e ritornello.
Oltretutto, gli album dei Dream Theater si richiamano l'un l'altro, e in ognuno si trova un elemento di originalità che li spinge comunque avanti - vedasi l'assurdo doppio pedale death in Nightmare to remember dello scorso album, o i cori in Bridges in the sky in A Dramatic.
Ancora una premessa - [ah, non aveva ancora cominciato? Dannato Taotor!] - : di solito nelle mie impressioni sugli album mi soffermo su ogni frammento del brano. L'ho fatto anche nell'impressione di Black clouds (i mitici fan dei DT sono persone sagaci, con tanta materia grigia: i commenti a quel post sono l'apice della civiltà, e solo un fan dei DT poteva correggere il Sol diesis che mi ero ricavato in Sol diesis minore: grazie di esistere, gente! Date onore al mio blog!).
In questa Impressione non mi soffermerò granché, perché il tal Thiago Campos l'ha già fatto, ed è uno che ne sa, non come me, strimpellatore e scrittoruncolo da strapazzo.
Veniamo a noi!
Non sarò oggettivo, lo dico già da adesso. I brani che preferisco sono:
Bridges in the sky, perché ha carattere, è uno di quei pezzi che, come il tossico gode nel momento precedente all'iniezione della dose, a me dà un brivido di contentezza appena ne leggo il titolo e vi faccio doppioclick. Bizzarro, per i DT, l'inizio col mantra tibetano e i cori - da qualche parte dicono "gregoriani", ma li definirei solo "cori con eco da chiesa" e basta. Certo, l'entrata della batteria e le prime note distorte del riff rimandano pesantemente a Laid to rest dei Lamb of God, ed è leggermente fastidioso, ma solo per chi conosce bene la canzone, immagino, o finché non ci fai l'abitudine. Il ritmo sincrono di grancassa e riff in palm-mute è coinvolgente. La strofa non mi piace granché, ma il ritornello è già meglio. Assai meglio. Ha tonalità che mi ricordano, tutt'al più, l'album Octavarium. Nel passaggio tra ritornello e strofa il doppio pedale mi fa godere, ma vabe', sono un nostalgico del power, che ci posso fare. SUBLIME il penultimo ritornello che precede gli assoli, "And at last the time has come /To unite again as one/To the power of the Earth/I'm calling / Crossing bridges in the sky/On a journey to renew my life" e da qui, il passaggio epico - non ci sono altri termini - che accompagnano l'ultimo verso, "Shaman take my hand". E via con le varie scale etniche e assoli assortiti.
Lost not forgotten ha un inizio di piano che non mi dice granché, fino all'entrata di chitarra e la magnifica pseudo cavalcata che accompagna la melodia (dico pseudo perché sebbene vi assomigli, non mi pare che sia una calvacata). Il ritmo si avvicina quasi a The Dance of eternity, quello della strofa funziona bene - o almeno a me sembra -, ottima la successiva tonalità più alta e il controcanto - che, paradossalmente, a mio avviso dà molto più valore alla criticata voce di LaBrie. Il ritornello è evocativo e rimane in testa, così come il riff senza vocals. Lo "stacco allegro" è una bella boccata d'aria fresca. Grandioso anche il momento pre-assoli - classico ormai di molti brani dei Dream Theater - e la cascata di melodie che segue. All'assolo esclusivo di Petrucci si può miracolosamente sentire un Myung che per tutti i brani non prova granché ad arrancare fuori dalla fossa in cui viene sepolto in quasi tutti i brani della band. Provate a seguire entrambe le mani del bassista nel video di On the backs of angels. Suona praticamente tutta la linea melodica della chitarra, scale assurde incluse, con la differenza che nessuno se ne accorge.
Outcry mi piace principalmente per l'armonia del ritornello, accordi e voce hanno un non so che di molto forte emotivamente. A 2:59 circa si può sentire il fade out e acquietamento generale che ricorda un po' Metropolis I, se uno ci fa caso. La tastiera synth è figa. Le tastiere permeano l'intero album, non solo come riempimento orchestrale generale, ma si ficcano in ogni buco possibile. Lo si poteva intuire già da On the backs of angels. In questo brano si può sentire un po' di più il basso del povero Myung.
Ottima l'ultima strofa, la tonalità medio-bassa di LaBrie - l'unica in cui eccelle -, l'arpeggio del piano e la batteria in un semplice 4/4. Le urla finali ricordano molto Prophets of war.
Subito dopo vengono:
Build me up, break me down. Ha un non so che di pop. Il riff è bello, ci mancherebbe. Ma anche qui apprezzo molto il ritornello, in cui trovo molto azzeccata la tonalità al distico "I crush and burn / I never learn". Molto bello il duetto sincrono di chitarra e tastiera (o chitarra overdubbed? Le tastiere di Rudess sono così simili alla chitarra da renderne ardua la distinzione).
Breaking all illusions non è tra le mie preferite. In realtà, per quanto abbia ottime sonorità, non mi cattura granché, soprattutto per colpa delle strofe. Gradisco moltissimo gli assoli (che qui sono numerosi) e le parti di tastiera, compresi quelli inseriti nello snippet. Ma avrà bisogno di numerosi ascolti, e sono sicuro che alla fine sgomiterà con le altre nella mia classifica. Le parti senza vocals valgono davvero tanto.
Sfuse ci sono:
On the backs of angels, ascoltata troppe volte per poterla trovare ancora interessante. I passaggi epici di Petrucci sono grandiosi, in questo album ha cercato davvero una grande epicità, devo dire. Ad ogni modo, il brano in sé non è migliore di altri dello stesso album, e merita di stare più in basso nella mia classifica personale.
Dubbie ho:
This is the life, che mi sembra un po' troppo ballad, un po' troppo lenta, noiosa. Ma non posso che esaltarmi alla chitarra pulita di Petrucci che segue la prima strofa, la tastiera di Rudess che col suo synth ci sta sempre bene. LaBrie smielato su suoni da su-gli-accendini-e-abbracciamo-la-nostra-ragazza-da-dietro-mentre-dondoliamo-osservando-la-band-suonare-sul-palco non mi va molto giù. Ad ogni modo, del brano apprezzo indicibilmente l'assolo di Petrucci. Il resto... mah.
Mi fa cagare:
Far from heaven. L'inizio ha gli stessi accordi di Domani, degli artisti uniti per l'Abruzzo, C, F6, C, Am. Ma almeno quest'ultima è carina.
Enigmatica:
Beneath the surface. L'arpeggio non è male, ma complessivamente mi ricorda molto quel tipo di smielaggine "sbagliata", come ho sopra descritto. Il LaBrie che canta sommesso va molto bene. Il ritornello guadagna molti punti. Ma nel complesso non è un brano che mi va di ascoltare. Ma è mitico, sublime il cambio di tonalità dopo la seconda strofa: quattro accordi G#, A, E B, suonati da archi, batteria dolce, bellissimo assolo di synth di Rudess, e poi i versi assai pittoreschi: "I would scream just to be heard / as if yelling at the stars / I was bleeding just to feel // You would never say a word / Kept me reaching in the dark / Always something to conceal".
Questo brano mi piace esclusivamente per quest'ultima parte.
Ho letto qualche recensione che addirittura criticava l'operato di Mangini, come qui (Metalitalia):
Il nuovo entrato Mike Mangini dietro le pelli ha tutti gli occhi addosso, ma sembra fare il possibile per nascondersi con un drumming affidabile eppur impersonale
Be', è una cosa stupida. Mangini non ha contribuito alla composizione dell'album. Si potrebbe criticare l'esecuzione nei brani, ma anche questo sarebbe da stupidi. Non è chicchessia, la sua esecuzione non può che essere ottima - io di batteria non me ne intendo, ma, diamine, in studio che ci vuole a provare e riprovare finché non esce bene? - e, oltretutto, cosa può esserci di "personale"? Non ha scritto alcuna parte di alcun brano!
Sempre su Metalitalia ho letto:
"mentre con i lenti “This Is The Life” e “Far From Heaven” i Dream Theater vanno sul sicuro, dimostrando di essere ancora in grado di emozionare con melodie ad effetto ed il cantato leggero di un LaBrie ormai sempre più votato alle tonalità medio-basse"
Vada per This is the life, ma Far from heaven. Mah!
Ho letto qualche altro parere altrove, ma diciamo che alla fine si tratta di gusti, condivisibili o meno. Per questo motivo ho preferito dire la mia, ma in maniera soggettiva, senza alcun pretesto di oggettività. E con un tale ritardo - l'album è sul web da più di dieci giorni, forse due settimane.
Ho letto qualche altro parere altrove, ma diciamo che alla fine si tratta di gusti, condivisibili o meno. Per questo motivo ho preferito dire la mia, ma in maniera soggettiva, senza alcun pretesto di oggettività. E con un tale ritardo - l'album è sul web da più di dieci giorni, forse due settimane.
Dite la vostra, se vi va!
5 commenti:
Io alla fine ho deciso di non recensirlo. Ho preferito fare una lista di recensioni in cui ho messo anche la tua e mi son permesso di dire due cose sull'album. Sulla frase di Thiago, sono d'accordo; sulle preferenze delle canzoni, in totale disaccordo! Ma il mondo è bello perché è vario e va bene così. Comunque dopo un periodo di pestaggio assurdo e riff duri in minori, io credo che canzoni come Beneath the Surface e Breaking All Illusion siano quantomone positive - a livello di songwriting sono fra le più originali rispetto alle ultime sonorità. Poi per citare Quero di Metal.it, gli album dei DT mi hanno sempre dato qualcosa volente o nolente. E anche questo, in ogni canzone, alla fine di tutto, mi ha dato qualcosa. La particolarità è che mi ha donato meno tamarraggine dell'ultimo, ma più emozioni.
Buon ascolto a tutti!
S.G.
Premettendo che da anni sono un grande estimatore dei DT, devo ammettere che il vuoto lasciato da Portnoy mi sa di "ecchivelofafare?".
Tolto questo, sarò sicuramente uno di quelli che ascolterà il nuovo album; uno che, seppur senza malizia, lo paragonerà ai vecchi lavori, senza nulla togliere agli sforzi profusi dal gruppo nella creazione di questo nuovo nascituro.
Che dire, forse sarà un nuovo inizio per la band, anche se credo che in molti storceranno il naso...
Narratore
Breaking all illusion è bellissima e originale: imho, il problema sono le parti in vocals - e io sono uno che, nonostante tutto, difende il povero LaBrie. Queste parti a me fanno scadere un po' tutta la canzone, come primi ascolti. Poi vabe', sono arrivato ad amare canzoni dei DT che prima odiavo, dopo un po' di tempo. I gusti cambiano!
Beneath the surface è neutra, cioè, è un arpeggio carino, armonia e melodia ok, ma, diciamocelo, l'assolo di Rudess è quello che spacca con relativo sottofondo di archi - notare che anche in The Count of Tuscany le pennate erano su quattro accordi che cominciavano col G#, e analogamente figurava pure un E+!
Concordo appieno sul lato emotivo dei brani. Ritengo che Octavarium sia quello più introspettivo, brani "sofferti", e da lì a seguire. Hanno continuato su questa linea.
@Narratore: la differenza ancora non è evidente; sospetto che Portnoy abbia collaborato - leggasi composto e creato - a tutto l'album e che, per motivi burocratici, abbia dovuto abbandonare ogni diritto. Sembra che verso la fine dell'anno scorso abbia richiesto ai DT di tornare ma, dice lui, loro gliel'hanno negato - e sottolinea che non gliel'hanno negato loro, ma l'avvocato.
Bisognerà aspettare il prossimo album, a mio avviso, per vedere cosa succede con Mangini.
Sicuramente però i nostalgici hanno storto il naso già da tempo! Forse da Systematic Chaos.
Ma potresti per favore chiudere qualche blog, che per capire se hai aggiornato qualcosa devo girarli tutti e ci metto un'ora?
I DT mi piaciucchiavano ai tempi dei primi dischi, e Images and words ogni tanto me lo sento ancora. Però li trovo davvero un po' pesanti e sono più curioso di vedere che farà da solo il vecchio batterista ora che se ne è andato.
Simone
Il Portnoy che ha suonato con gli Avenged Sevenfolds mi è piaciuto un botto ma, anche lì, non so se di suo c'era qualcos'altro oltre alla mera esecuzione - visto che il defunto batterista precedente aveva scritto tutto e addirittura registrato alcune parti.
Boh! Sicuramente Portnoy era la vera star dei DT.
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