martedì 2 agosto 2011

Impressioni | Stand up and fight, Turisas (2011)


Parlai dei Turisas qui, due anni fa.
Dissi che di quell'album apprezzavo solo la metà delle tracce.
Non posso dire altrettanto per quest'ultimo lavoro.
I toni sono epici, più epici del precedente.
L'apertura con la prima traccia, The march of the Varangian Guard, trionfale, è indicativa del livello di epicità e di aggressività dell'album - e dello stile della band. Fiati, archi e cori in tonalità da kolossal. Non mancano gli assoli, non banali virtuosismi; si riprende il tema principale, lo si arricchisce di scale quanto basta per ritornare nell'abbraccio dell'orchestra.
Il secondo brano, Take the day!, a mio avviso è un gradino più in basso: motivetto tormentone, ben sviluppato. La voce di Mathias "Warlord" Nygård è profonda, pulita, sa essere dolce e aggressiva col growl.
La terza traccia, Hunting Pirates, è allegra canzone piratesca, si avvale di cornamuse, fisarmonica o organetto, e allenta il tono epico per avvicinarsi di più allo stile degli Alestorm - la voce rauca e gracchiante accentua la cosa.
La quarta traccia, βένετοι! - πράσινοι!, per i profani Venetoi! - Prasinoi!, è frenetica, un po' per i toni e un po' per i contenuti. I Veneti e i Prasinoi erano gruppi circensi diffusi nelle città bizantine. Per ulteriori informazioni, procuratevi un libro di storia o date un'occhiata qui. I contenuti dei brani dei Turisas non sono fantasy, e non sono nemmeno "banalmente" folk. Si parla di Bisanzio, di Costantinopoli, di Mediterraneo: non dèi norreni kickass in stile Amon Amarth.
Il quinto brano, Stand up and fight, title track, non si discosta dagli altri. Epico, vario nonostante la ripetizione del tema centrale.
Allo stesso modo la sesta traccia, The great escape, con un riff accattivante.
Fear the fear, numero sette, la vedrei bene in qualche film storico ambientato nell'alto medioevo, o in tarda età romana; ritornello suggestivo.
End of an empire, ottavo brano, è incredibilmente vario nonostante non perda di vista il tema centrale, ritmo incalzante, lento intermezzo di piano, arpeggio rapido sopra a cavalcate distorte, cori e archi, ed ecco che l'acme dell'epicità si raggiunge col ritornello, un coro seguito da un growl piuttosto sentito. Come nel precedente album, anche questa traccia termina col "Gran Finale".
Incredibilmente toccante ed evocativa l'ultima traccia, The Bosphorus freezes over: un delicato inizio di archi, assomiglia quasi all'Overture 1812 di Tchaikovsky, ma prosegue (coerentemente) coi toni epici che caratterizzano l'album, in questo brano i cori sono prettamente maschili, avvicinandosi quasi (quasi) al canto gregoriano. Incantevole, davvero, il tema centrale che riprende il brano precedente. In tutto ciò non mancano le chitarre distorte.
Due bonus track chiudono effettivamente l'album.
Una è Broadsword. Ritmo stabile, lento, ripetitivo, militare. Assolo misurato ed efficace (ottimi botta e risposta con la tastiera).
L'altra è Supernaut, completamente diversa dal resto dei brani. Un brano rock, una voce hard rock e un ritornello allegro. Potrebbe ricordare vagamente un Enter Sandman, l'assolo simil-Slash, a un tratto si sente addirittura il motivetto di Ghostbusters.

Per concludere.
Ritengo che, attualmente, i Turisas siano l'unica band che riesce a coniugare senza alcuna dissonanza il metal, l'epicità e le melodie orchestrali, senza cadere nel "già sentito" del folk né nella tamarragine hollywoodiana dei Rhapsody of fire (a cui va tutto il mio rispetto, ma sarebbe come paragonare A song of Ice and Fire a Dragonlance.). I testi sono assai belli, e per i metalloni estimatori delle civiltà antiche, della tarda Repubblica romana, delle invasioni barbariche e di tutta quella roba, credo che Stand up and fight possa rappresentare una pietanza succulenta.

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