
Però mi fa piacere. Si tratta comunque di un bel film, un bel tema. Se può sensibilizzare un po' di persone, tanto meglio.
Il nuovo entrato Mike Mangini dietro le pelli ha tutti gli occhi addosso, ma sembra fare il possibile per nascondersi con un drumming affidabile eppur impersonale
"mentre con i lenti “This Is The Life” e “Far From Heaven” i Dream Theater vanno sul sicuro, dimostrando di essere ancora in grado di emozionare con melodie ad effetto ed il cantato leggero di un LaBrie ormai sempre più votato alle tonalità medio-basse"
il fatto che un talento chitarristico come quello che ha Matt venga totalmente messo in secondo piano, fa un po’ storcere il naso.Quale talento? Dov'è il talento chitarristico di Matt? Dove l'hanno messo? Chi l'ha nascosto? Io non lo trovo.
Il secondo brano, A portage to the unknown, si apre in maniera piuttosto folk. I cori che seguono – evocativi, da veri “uomini del nord” -- sono ciò che più mi piace di questo gruppo. Anche qui il refrain è tranquillo, doppio pedale martellante, e c'è del growl. L' “orchestra” è una componente fissa in tutti i brani. Questo brano, però, è qualche gradino più in basso del precedente.
Cursed by iron è il terzo brano. È più duro degli altri, è più metal e meno folk – eccetto nella strofa. Non mi è piaciuto più di tanto. Ancora più in basso del precedente.
Il quarto è Fields of gold. Oramai gli elementi che compongono i precedenti brani, dapprima in modo indipendente, per brano, ora si ritrovano pressoché in ogni altra traccia. In questa c'è l'orchestra, il growl, un uso alternato del palm-muting... In questo, come negli altri brani, c'è un intermezzo, per così dire, strumentale. Questi intermezzi, pur mantenendo gli accordi base del brano cui appartengono, vi si discostano leggermente, variando. Questo merita un punto a favore.
In the court of Jarisleif è il quinto brano, e mi fa domandare a quale popolazione nordica si rifà il gruppo. Perché questo brano ha una melodia incredibilmente giudaico-gitana. Non male, ma parlando di saghe nordiche, a mio avviso stona un po'.
Il sesto brano è Five hundred and one. Si apre col pianoforte che esegue una melodia rotta subito dopo dal growl, l'orchestra e gli accordi distorti. Dopo due minuti il ritmo si fa cavalcante. Poi varia, e si apre un intermezzo ameno di archi e voce. Il testo è molto bello. Evocativo, come i cori prima citati, che dopo questo intermezzo si ripropongono. L'orchestra si affianca agli accordi in distorsione per tutto l'album.
Il settimo brano è The Dnieper rapids. Si apre con le trombe e procede con le chitarre elettriche. In questo brano c'è un'aggiunta: cori femminili. Un breve assolo – in effetti, non ci sono veri e propri assoli, in questo album e, se rifletto bene su ogni brano, mi pare che non ce ne siano proprio. Per il resto, il brano non aggiunge nient'altro né si distingue per qualcosa. A mio parere, si può premere il pulsante Avanti, e ascoltare il piccolo capolavoro dell'album.
Miklagard Overture, a mio avviso il miglior brano dell'album. Se tutte le tracce non piacciono, questa, da sola, credo sia in grado di risollevarlo del tutto ed elevarlo ai massimi livelli di epicità.
Perché di questo si parla. Di cultura norrena, pagana, eroi e divinità.
Il brano si apre con sei note di tromba accompagnate da accordi di chitarre distorte e altre trombe su toni più alti: sembra di entrare con l'esercito in un castello medievale che ti acclama. Subito dopo questa introduzione trionfale, la strofa si svolge su un arpeggio in acustico e una voce pulitissima. Il ritornello passa al growl e alla distorsione, e pochi secondi dopo la voce torna pulita. Quindi si riprende col tema principale di Miklagard, la voce torna growl.
In palm-muting si svolge la seconda strofa. Quindi di nuovo il ritornello, in growl, orchestra e distorsione. La batteria si fa martellante nei momenti giusti. Il ritornello si ripete ancora, e ora il tema di Miklagard si insinua nella testa e non esce più. Dopo il ritornello, la melodia viene ripresa in assolo da trombe in tonalità basse – la base di accordi distorti è una costante, inutile ripeterlo, credo –, e dopo entrano in contrasto trombe in tonalità alta. Quindi in seguito entrano anche dei cori. Quindi dopo 5 minuti e 12 secondi, tutto cambia, ritmo e melodia, per un intermezzo propriamente progressive. Per meno di un minuto. Poi torna l'arpeggio, il testo magnifico, la voce pulitissima e modulata. Il cantante non ha niente da invidiare a nessuno. Si ripropone quindi il ritornello.
E il brano si chiude col tema principale cantato dal coro, e termina con un “gran finale”.
Su otto brani, ne ho apprezzati la metà. La qualità di questo gruppo è quella di saper accostare il suono delle trombe trionfali con melodie epiche; la voce del cantante, che sa essere pulita, cantare rauca, e diventare growl nei momenti giusti. Non sempre è così: nei brani che non mi convincono, come The Dnieper rapids, c'è solo growl (e cori). E questo mi sembra un po' monotono, e non sarebbe neanche tanto diverso dalle centinaia di band black-pagan/folk/celtic metal.
Perlomeno, la varietà di orchestra, cori, trombe, voce pulita e growl, contribuiscono a un gradevole ascolto; melodie interessanti ed esaltanti. Non è un gruppo pesante o monotono.
Da ascoltare se si apprezza il black insieme al pagan (e derivati).
I wanna stay aliveHa inizio quindi una parte strumentale. Ricomincia la strofa, e l'atmosfera è oscura, e questo Conte della Toscana mi ricorda molto Dracula. Quindi la parte strumentale si srotola fino a 10.20 circa, in cui si ha un svolta con un assolo lento di Petrucci, quindi tutto si ferma, e Rudess ci regala un momento di paradiso con un assolo di continuum con echo e sottofondo di tastiere, simile a Octavarium, ma ancora più leggero. Si interrompe, e qui c'è la parte che probabilmente amo di più, di tutto il disco. Semplici pennate su chitarra acustica, quattro accordi, Sol#m, Si, Fa#, Mi. Quindi LaBrie canta: "Could this be the end?/Is this the way I die?/Sitting here alone?/No one by my side/I don't understand/I don't feel I deserve this/What did I do wrong?/I just don't understand". Gli accordi vanno poi in distorsione, entra la batteria, e il brano è ormai in apoteosi. Si conclude con la voce di LaBrie in eco e in dissolvenza, per poi lasciare spazio alle cicale, alla notte.
Everything about this place
Just doesn't feel right
L'arte è ciò che è innato e impulsivo, che ti spinge a volere una determinata cosa, a volerla fortemente e a volerla in quella forma artistica (a raccontare una storia per iscritto, ad esempio). Il mestiere è ciò che devi forzatamente imparare bene, se vuoi che la tua arte non ne esca svilita e inefficace.
Ah ah
We come from the land of the ice and snow
>From the midnight sun where the hot springs blow.
The hammer of the gods
Will drive our ships to new lands
To fight the horde singing and crying:
Valhalla I am coming!
On we sweep with threshing oar
Our only goal will be the western shore.
Ah ah
We come from the land of the ice and snow
>From the midnight sun where the hot springs blow.
How soft your fields so green,
Can whisper tales of gore,
Of how we calmed the tides of war.
We are your overlords.
On we sweep with threshing oar,
Our only goal will be the western shore.
So now you'd better stop and rebuild all your ruins,
For peace and trust can win the day
Despite of all your losing