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venerdì 6 marzo 2015

Impressioni | Carrellata letteraria invernale 2015

Una bella carrellata per inaugurare la fine dell'inverno (sì, l'inverno è finito, lo dice la mia allergia). Per chi si è appena sintonizzato: nelle "carrellate" ficco i pareri su opere per cui non potrei impiegare un post intero, del tipo che non saprei che dire, o che non mi sembrano tanto importanti da scriverci un post a sé. È stata necessaria, questa precisazione? Probabilmente no, andiamo avanti.
È una carrellata piuttosto magra: da  dicembre a inizi marzo ho avuto molti impegni, ne ho tuttora, in realtà (Estiqaatsi), e a questi impegni si è aggiunta la scrittura; ho scritto una novella di 25mila parole e ne ho in corso un'altra, tuttavia verso ciò che scrivo ho sempre un atteggiamento ambivalente, o meglio, bipolare, o meglio, maniaco-depressivo (at first I was like: è il romanzo del secolo sì sì sicuro guarda sono un genio vedi come fioccheranno proposte da editori di tutto il mondo ne faranno un film a Hollywod da milioni di dollari di budget DiCaprio finalmente vincerà l'oscar... but then I was like: che schifo è tremendo ma a chi vuoi che interessi ma com'è che mi vengono in mente 'ste storie di merda cioè dai ok basta la smetto di scrivere tanto è tempo sprecato voglio dire è una roba che facevo da adolescente mobbasta bisogna crescere dovrei darmi tipo al collezionismo dopotutto i francobolli mi hanno sempre interessato...)

Detto ciò, passiamo alle opere.

One more thing, di B. J. Novak.
Non so come dirlo in maniera delicata, per cui non lo farò. Non fa ridere. Forse se trasformati in sceneggiature e recitati come si deve, i raccontini sarebbero degli sketch divertenti.

Correre, di Andrea Santucci, alias Ewan.
Non voglio dire che raramente leggo autopubblicati, perché non sarebbe vero, ma è vero che le opere di molti autopubblicati non sono granché (a dirla tutta, se si facesse una statistica, sono sicuro che non ci sarebbero differenze tra qualità di autopubblicati e pubblicati da editori: ho sempre difficoltà a trovare romanzi decenti da leggere chiudendo un solo occhio invece che dieci, per dire). Visto che non siamo su Goodreads, posso dare una mia personale valutazione qualitativa, senza stelline.
Correre è un racconto, non so di quante parole, secondo Amazon sono 40 pagine, strutturato su due piani temporali, un tempo "attuale" e i flashback. I flashback alla gente piacciono. In Correre, che narra in pratica di un ragazzo che (spoiler...?) deve fuggire da un pazzoide omicida in seguito a un incidente d'auto, i flashback danno sì spessore al personaggio, ma spezzano la continuità della linea temporale principale, su cui si costruisce in pratica tutto il climax (il climax è cosa buona, spezzarlo è cosa cattiva, un po' come se suonasse il campanello o squillasse il cellulare durante un amplesso). Lo stile è abbastanza buono, ma migliorabile. La tendenza all'infodump c'è, non è molestissima, ma comunque è presente, e risulta l'unica via di comunicazione di informazioni sul background. (Spoiler) Vista la brevità dell'opera, avrei dato più importanza allo sviluppo della fuga, piuttosto che all' "ispessimento" del personaggio o alla creazione di un conflitto passato (la gravidanza, la relazione) che comunque non trova risoluzione nel presente e, di conseguenza, neanche ragion d'essere.
L'influenza di King nello stile potrei averla percepita, o forse è solo una mia impressione, ad ogni modo la prosa di Correre a mio avviso prenderebbe il meglio di King, e non, grazie a dio, la sua prolissità totalmente inutile.

Eroi dei due mondi, di Davide Mana.
Ammetto di aver gradito un po' l'ambientazione, più che le idee (Garibaldi su Marte). Lo stile a tratti è più o meno sopportabile, a tratti è terribile. L'infodump è il male minore. Nella migliore delle ipotesi lo stile è confuso e oscuro, nella peggiore sembra essere volutamente trash. Risulta del tutto impossibile creare nella propria mente un'immagine di ciò che viene narrato:
Strani animali simili ad ippopotami si abbandonavano ad atti incomprensibili con lucertole dalle gambe corte
 ...pavimento coperto di un fitto materasso di muffa e di detriti di genere innominabile, che lungo le pareti formavano cumuli dall'aria inquietante.

Collasso, di Jared Diamond.
Diamond è famoso per il saggio Armi, acciaio e malattie (del 1997), quindi chi lo ha già conosciuto per la sua opera principale, non potrà che apprezzare Collasso, come le società scelgono di morire o vivere. Di fatto, ciò che viene spiegato in Armi viene ripreso in Collasso e ripetuto diverse volte, ma applicato alle diverse società, di conseguenza concetti prevalentemente archeologici e antropologici (come l'analisi dei rifiuti, da cui si capisce cosa mangiavano e quindi su cosa si basava la dieta di quel popolo e il tipo di agricoltura praticata) diventano molto interessanti anche dal punto di vista storico (per esempio, i coloni vichinghi groenlandesi e la loro identità culturale rigida li porta a morire perché non adeguatisi all'ambiente nuovo e ostile, e perché più propensi ad uccidere gli inuit invece che apprendere le loro abitudini adattive).

L'abisso di Maracot, di Arthur Conan Doyle.
Provocazione: nonostante tutto, nonostante per esempio l'idea di fondo del romanzo, probabilmente già scontata all'epoca (1927), Conan Doyle è comunque mille anni avanti rispetto agli autori contemporanei. Per dirne una, sfrutta la prima persona, che già è una buona scelta per filtrare gli eventi della storia. Ricorre anche a forme diaristiche o epistolari senza abusarne, altra cosa buona. Sa sfruttare conoscenze scientifiche (dell'epoca) per costruire scene interessanti. E le sue storie in generale sono abbastanza brevi, godibili volendo anche in una sola sessione di lettura.
Con ciò non voglio osannarlo, perché sotto molti aspetti le sue storie fanno acqua (per esempio, la superflua aggiunta della divinità malvagia verso la fine di L'abisso di Maracot, che si colloca dopo la fine della storia, e non vi aggiunge nulla, al punto che il narratore adduce spiegazioni sul perché ha omesso questi particolari nella narrazione per relegarli solo alla fine); ciononostante, Conan Doyle è ancora attuale e più leggibile della maggior parte di autori odierni.

I guardiani di Faerie, di Terry Brooks. Non leggevo Terry Brooks da quando ero adolescente o anche prima, da quando facevo le medie. Ero curioso per questa nuova trilogia. Curioso, eh, non esaltato. Ho leggiucchiato il primo capitolo.
Una schifezza incredibile. Non è giustificabile il successo di Brooks di venti-trent'anni fa, ma diciamo comunque che è comprensibile: dalla metà degli anni '80 in poi, fantasy,  giochi di ruolo, la nascita dei primi videogiochi. Ma non è tollerabile vedere pubblicate cose simili oggigiorno, ed è ancora più ridicolo pensare che a qualcuno possano anche piacere! Non voglio dire che il fantasy medievaleggiante sia una merda totale perchéssì, ma ammettiamolo: chi di noi ha letto oltre dieci anni fa A song of ice and fire, ora universalmente noto con Game of thrones per la serie tv, vedeva in Martin una "innovazione" verso il fantasy epico, cavalleresco e fiabesco di Tolkien e surrogati. Un riciclo del fantasy più noto. La saga di Geralt di Rivia, meglio noto come The Witcher ha cercato di riciclare questa tendenza (un riciclo di un riciclo, quindi). Ma diciamocelo: persino Game of thrones non ha più nulla da offrire, potremmo considerarla l'opera che segna la fine dell'era del trend del fantasy medievaleggiante.
Terry Brooks è meno di tutto ciò, meno dei "ricicli". È una regressione ingiustificata, incomprensibile.
Un po' come voler usare il dos per scrivere... Oh, wait.

domenica 30 novembre 2014

Impressioni | What if?, di Randall Munroe

 xkcd physics what if bookxkcd: chi già lo conosce non ha bisogno di altro.
What if? è una raccolta di post scritti da Randall Munroe sul suo blog, xkcd, in risposta alle domande più assurde degli utenti. Cosa accadrebbe se ogni persona sulla terra puntasse un laser colorato contro la luna? Cambierebbe colore? Da che altezza bisognerebbe lanciare una bistecca affinché sia cotta una volta arrivata a terra? Se un asteroide fosse molto piccolo ma supermassiccio, ci si potrebbe vivere sopra come il Piccolo Principe?
Munroe è un fisico e un fumettista, What if? è il risultato di una combinazione di domande assurde, spiegazioni scientifiche e strisce umoristiche.
Premessa doverosa: i post si possono leggere nell'apposita sezione del sito di xkcd, quindi in teoria non è necessario comprare l'ebook - che a mio avviso ha anche un costo esagerato, 10,99€, e ciò non ha molto senso, considerando che gran parte del materiale è già disponibile gratuitamente e legalmente. Da quanto ho capito, ci sono solo pochissime cose non presenti nel sito, come le domande weird (and worrying) con annesse vignette.
Quindi non stiamo parlando di un romanzo, ma praticamente di saggistica.
What if? è molto interessante per diversi motivi.
Se si è appassionati di scienza, ogni domanda offre spunti per analizzare seriamente la questione dal punto di vista fisico e matematico. Munroe non liquida le domande con un semplice calcolo matematico, ma considera diverse alternative, e anche se la soluzione è chiara, approfondisce dando per assurdo altre situazioni pur di continuare e vedere cosa accadrebbe.
What if? non è solo un gioco matematico/fisico, ma credo si possa vedere come una palestra mentale in grado di allenare verso considerazioni razionali nonostante le premesse assurde, così da mettere insieme la creatività e la razionalità.
Visto che questo è un presunto literary blog (un cosa?), What if? è utile per avere idee o allenarsi a immaginare situazioni paradossali o assurde che però possono avere una conseguenza. In parole povere, dato che il fantasy e la science fiction funzionano prevalentemente col what if?, questa raccolta di risposte scientifiche a domande assurde può tornare utile a chi scrive narrativa di questo genere, sia per prendere spunto che per imparare a ragionare alla maniera di Munroe.
Certo, Munroe è un fisico, quindi le sue risposte sono prevalentemente basate su fisica e matematica: quando si tira in ballo la biologia, la fisiologia ecc., chiede pareri a chi di competenza, per poi continuare a snocciolare una risposta in termini matematici (per esempio, alla domanda del tipo "Se tutte le persone del mondo si recludessero per un certo periodo per non infettare nessuno, il raffreddore scomparirebbe dalla terra?", dopo l'opportuno consulto con l'esperto del settore che getta un po' di chiarezza sui rhinovirus, Munroe dimostra come una distanza media di 77m tra una persona e l'altra sarebbe impossibile da ottenere, considerando la superficie della terra, per cui un ingente numero di persone dovrebbe per esempio rimanere isolata nel deserto del Sahara).
Ciò nonostante, la logica alla base delle risposte è illuminante, ed entrare in quest'ottica può stimolare una riflessione più accurata delle cose, a partire da un'adeguata critica alle idee di base delle trame di film o romanzi.
What if? è un'opera davvero interessante, se fossi il Ministro dell'Istruzione inserirei alcune di queste domande nelle ore di scienze. Oltre a divertire e allenare a riflettere, sarà scontato da dire ma What if? insegna anche molte cose.
Per esempio, sono rimasto affascinato dallo scoprire che oltre alla Luna o al plurifotografato Marte, noi esseri umani abbiamo mandato una sonda su Venere, che ci ha regalato qualche foto, e una (Huygens) su Titano, che prima di distruggersi è riuscita a scattare una sola foto.

mercoledì 2 aprile 2014

Impressioni | Aria sottile, di Jon Krakauer

john krakauer into the thin air everest disaster disastro
Conoscevo Krakauer per Into the wild, ma è stato un tweet di Tombolini comparso dal nulla sulla mia dash di Facebook a farmi scoprire i 96 libri che gli aspiranti scrittori dovrebbero leggere secondo Stephen King. Tra questi c'è anche Into the thin air.
In realtà è saggistica, una non-fiction, un resoconto del disastro della spedizione sull'Everest avvenuta nel 1996, a cui Krakauer ha preso parte in quanto giornalista, inviato dalla rivista Outside per scrivere un articolo. Il disastro ha visto la morte di alcuni membri della spedizione, e il resoconto di Krakauer getta luce sulle cause dell'evento, che lo ha psicologicamente destabilizzato, ma prima di allora, soprattutto per la prima metà dell'opera, è possibile seguire sia gli eventi della spedizione, sia apprendere aneddoti e informazioni sull'alpinismo, sull'alta quota, e via discorrendo.
Into the wild e Into the thin air sono stati pubblicati entrambi nel 1997. È evidente che hanno giocato coi titoli, ma non saprei dire quale dei due sia uscito per primo.
E a parte fare qualche ipotesi, non saprei dire nemmeno perché King lo annovera nella sua lista.
Di fatto, essendo una non-fiction, Aria sottile non avrebbe nulla da insegnare, riguardo alla prosa. E anche la narrazione di Krakauer non è particolarmente superlativa, visto che di fatto è in parte appiattita dalla forma cronachistica, e in parte dal numero di particolari utili più storicamente che narrativamente (i.e., l'evento disastroso ha creato una serie di nodi etici e legali relativamente alla responsabilità dei membri della spedizione nei confronti della morte o dei danni fisici dei compagni, di conseguenza personalmente ritengo che diversi tratti dell'opera, soprattutto nella seconda metà, siano più un'apologia di Krakauer che tenta di raccogliere tutti i fatti necessari a identificare vittime e colpevoli, ma al contempo mantiene un equilibrio politicamente corretto).
Non essendo un'opera di fiction, non posso fare come faccio di solito con i romanzi. Aria sottile è un'opera che illustra bene al profano l'alpinismo non tanto come sport quanto come filosofia; tuttavia, è impossibile non cogliere dilemmi e trarre riflessioni da quanto riportato. Per esempio, personalmente non riesco ad accettare l'idea che uno sport possieda un così alto rischio di morte: sebbene diversi sport siano pericolosi, l'Everest (e tutti gli "Ottomila") implica un insieme di fattori tali da far desistere qualsiasi persona sana di mente a intraprendere l'impresa (ipossia, congelamento, rischio di valanghe, rischio di caduta libera per migliaia di metri, rischio di perdere la strada e rimanere abbandonati alle forze della natura, difficoltà nelle comunicazioni, difficoltà/impossibilità di essere soccorsi... Ma l'opera è di quasi vent'anni fa, e credo - e spero - che le condizioni oggigiorno siano più sicure, col miglioramento della tecnologia e tutto il resto).
Ad ogni modo, posso immaginare che Stephen King riporti Into the thin air nella sua lista perché il resoconto sa essere suggestivo oltre che interessante e, sebbene dal punto di vista stilistico non abbia proprio granché da insegnare, né dal punto di vista narrativo, sicuramente sa intrattenere, e per uno scrittore questa è la cosa più importante.