mercoledì 26 ottobre 2011

Ipnosi regressiva e psicologia degli allocchi

Mistero mediaset ipnosi regressiva psicologia assassin's creed vite precedenti
Non mi piace scendere a certi livelli, ma in questo caso lo sento come un dovere a nome di tutta la comunità scientifica italiana (ed estera).
Domenica scorsa è andato in onda Mistero, su Italia 1. Lasciamo da parte eventuali commenti sul programma (a cominciare dai video fake di alieni e mostri fatti passare per veri): è intrattenimento, e ognuno ha il diritto di intrattenersi come gli pare.
Nella puntata di domenica scorsa, però, si è parlato di Ipnosi regressiva.

In poche parole, Daniele Bossari ha illustrato la trama del gioco Assassin's Creed (ricordiamo che è intrattenimento, non Super Quark), ovvero del protagonista che, attraverso un macchinario, riesce a ripercorrere gli eventi di un suo avo vissuto a Firenze al tempo dei Borgia, accedendo alla propria eredità genetica, e assiste a ogni episodio di quella vita.
L'argomento del servizio era: si possono ripercorrere vite precedenti?
Dopo una breve "analisi" genetica, Bossari si dirige in un castello dove incontra due persone, il Dott. Marco Chisotti, Psicologo, Psicoterapeuta, Ipnotista e il Dott. Antonello Musso, Medico Chirurgo, medico di Medicina Generale, in Medicina Aziendale, Ipnologo Costruttivista Clinico, Ipnositerapeuta.
Costoro parlano dell'Ipnosi regressiva, attraverso la quale le persone ripercorrono le proprie vite precedenti.
Ci si potrebbe fermare qui e dire: "No, è pura follia che dei professionisti dicano tali boiate".
Andiamo avanti.
Bossari si siede su un divano, ai lati ci sono i due professionisti che lo ipnotizzano, e Marco Berry che sussurra alla telecamera ciò che accade. Per vedere il servizio, ecco i link diretti alla Prima e alla Seconda parte del video, direttamente dal sito Mediaset.
Arriviamo dunque alla trance, in cui il povero Bossari si agita, dice di vedere una battaglia, c'è tanto dolore, grida dappertutto, fa tanto freddo, ecc. Finita l'ipnosi, racconta la sua esperienza.

Parliamo seriamente, adesso.
  1. L'Ipnosi regressiva, lo dice anche Wikipedia con tanto di riferimenti bibliografici, è una pseudo-scienza. Insomma, è magia, è un gioco in cui può credere la gente affascinata dal misticismo, dall'esoterismo, ma esclusivamente per il proprio piacere: non è assolutamente una pratica terapeutica.
  2. Il fatto che a praticarla e a metterci la faccia siano due professionisti, uno psicologo psicoterapeuta e un medico, rende la cosa molto più degradante. Applicando i paradigmi della Psicologia Sociale (scienza autentica), la persuasione in atto, in questo servizio, avviene per opera di influenza sociale da parte di una fonte credibile, incarnata dalla figura dello scienziato, l'esperto. Lo spettatore più ingenuo pensa: "Se a fare questa cosa sono un medico e uno psicoterapeuta, esperti che ne sanno sicuramente più di me, allora dev'essere vero." E questo è sbagliato, perché significa convincere le persone di una cosa evidentemente falsa.
  3. Il fatto che Bossari si sottoponga arbitrariamente all'Ipnosi Regressiva è un ulteriore indizio della già lampante falsità del servizio. Perché? Perché, appurato che l'Ipnosi regressiva non dovrebbe esistere, nell'ambito terapeutico esiste l'Ipnositerapia, diversa dalla regressiva, perché avvalorata da dati clinici e ricerche statistiche. Sebbene non mi senta di esprimermi in merito all'Ipnositerapia, sia a causa di pregiudizi verso la Psicologia Dinamica sia perché non ho competenze in merito, una cosa è certa: Bossari non soffre di alcun disagio o patologia psichica, e questo motivo è più che sufficiente per non affrontare una psicoterapia (ancor di più se la terapia in questione è fasulla). In questa maniera si mette in ridicolo la pratica psicoterapeutica, riducendola a un gioco. Così facendo, persone che soffrono sul serio potrebbero perdere fiducia nella pratica e trascurare eventuali interventi psicoterapeutici di cui potrebbero beneficiare.
  4. Guarda caso, Bossari rivive una battaglia, proprio come in Assassin's Creed. Recita in maniera evidente, e la cosa più triste è che lui e Berry cominciano a parlare dell'esperienza appena vissuta, mentre il medico, a sinistra, sta zitto e lo psicoterapeuta a destra blatera qualcosa a bassa voce ma viene ignorato dai due conduttori che parlano tra di loro con foga.
Il motivo che mi ha spinto a scendere così in basso e a commentare il programma riguarda la difesa della Psicologia quale scienza e la professione di psicologo.
L'Italia è un paese pieno di ignoranza e di paradossi.
Il parere diffuso riguardo alla Psicologia è che si tratti di qualcosa che possono fare tutti, dal parrucchiere al prete. Si pensa che la Psicologia sia solo parlare e interpretare, e che chiunque possa fare lo psicologo, soprattutto il migliore amico.
Niente di più sbagliato. Quella rappresentazione della Psicologia è vecchia di un secolo. La vera Psicologia si affida a metodi scientifici, verificabili, dati statistici, all'interazione con altre scienze (la fisiologia, le neuroscienze...), e via discorrendo. Fra qualche mese dedicherò un articolo interamente sulla Psicologia, su cos'è davvero, ma al momento mi preme che la gente non avvezza all'argomento sappia: la Psicologia non è un'opinione. Così come non è un'opinione la Medicina, la Chimica o la Matematica. Davanti a questioni quali: "è giusto che una coppia omosessuale adotti un bambino?" non esistono risposte basate su opinioni, perché le semplici opinioni non contano nulla, e la scienza si affida a certezze matematiche. Nel caso di questa domanda, la risposta è sì (con l'orrore dei bigotti e dei conservatori, probabilmente), e non perché lo dico io, ma perché lo dicono le svariate indagini, gli esperimenti, i dati effettuati su un certo numero di individui in un certo numero di paesi, messi a confronto con altri dati di controllo.
La scienza funziona così, e non accetta opinioni ma dimostrazioni.
Nel caso di questo servizio di Mistero, è dimostrato che l'Ipnosi regressiva sia una bufala. Ogni sterile opinione non è accetta.

Riguardo, invece, alla difesa della professione di Psicologo, ho ritenuto necessario mettere in evidenza questo fatto per allontanare me e l'intera professione (autentica) dai ciarlatani che scorrazzano nel paese.
Come dicevo, l'Italia è un paese pieno di paradossi. C'è molta gente che non "crede" alla Psicologia, proprio come se fosse una fede invece che una scienza. E, da questo punto di vista, sarebbe come non "credere" alla chirurgia. Cioè assurdo.
I paradossi sono tanti. In Italia si va dallo Psichiatra piuttosto che allo Psicologo, perché sembra più credibile e perché dà le medicine. Si preferiscono i farmaci alla terapia, si chiede all'amico quale farmaco usare in certi casi, piuttosto che al medico, e ancora peggio, ci si informa attraverso Internet sulla salute per poi andare a discutere col medico su quale cura sia meglio intraprendere (con ovvia irritazione del medico). La situazione è ancora più amara se a tutto ciò si aggiunge, poi, la recente figura del counsellor, fantomatica persona che non si fa cosa faccia ma si sa che fa abusivamente lo psicologo pur non avendo né laurea né i mezzi e la cui "professione", ironia della sorte, per qualche cavillo burocratico in Italia non risulta illegale.
Nella grande confusione italiana, è necessario che si difenda la verità con le unghie e con i denti. Da parte mia, spero solo che questo semplice post raggiunga i destinatari e apra gli occhi.

domenica 23 ottobre 2011

Impressioni | Le porte di Anubis, di Tim Powers

Le porte di Anubis Tim Powers Anubis Gates steampunkHo iniziato Le porte di Anubis pieno di aspettative. Lo si citava spesso nelle discussioni sullo Steampunk, in termini abbastanza positivi. Mi incuriosiva ancor di più perché ne parlava il Duca, per esempio qui, dicendo:
Le Porte di Anubis può non piacere come tipo di Steampunk (a me piace pochissimo) ma è Steampunk per definizione perchè la definizione di Steampunk è NATA per indicare quel libro e un paio di altri. Il fatto che sia science-fantasy non retrofuturistica invece di fantascienza retrofuturistica lo rende diverso, ma anche quello è Steampunk. E perlomeno quel libro ha lo spirito delle opere Steampunk, a differenza delle porcate che gli editori sfornano ora.
La sottolineatura è mia.

Gamberetta lo ha citato spesso. Di recente, nell'intervista fatta da Lega Nerd, Chiara dice:
D: Vorrei provare a fare un tuo ritratto basato sui tuoi gusti: scrittori fantasy preferiti?
R: Se si parla di fantasy, i miei preferiti sono: Cuore d’Acciaio di Michael Swanwick, Le Porte di Anubis di Tim Powers, e Un Americano del Connecticut alla Corte di Re Artù di Mark Twain.
Sottolineatura mia, di nuovo.
Con queste premesse, mi aspettavo un gran bel romanzo.
Le aspettative sono state un po' deluse, e sono rimasto sorpreso da questi giudizi nei confronti del romanzo. Ecco perché.
Stilisticamente, il romanzo è appena sufficiente. Lo sviluppo della storia è scontato. L'originalità dei temi casus belli è ottima, ma più che ottima oggettivamente, diciamo che io l'ho ritenuta tale (cos'è originale? Un tema che statisticamente ha una frequenza inferiore rispetto ad altri topoi, in pratica. Non esiste quasi più nulla di nuovo, sicuramente non del tutto: l'originalità sta ormai nella composizione finale dei fattori singoli).
Ammetto che di Steampunk ci vedo assai poco, ma non essendo un esperto del genere alzo le mani e mi fido di quanto detto dal Duca. Appoggio invece la classificazione fantasy data da Gamberetta.

Le porte di Anubis è un romanzo di viaggi nel tempo e magia. Il primo topos è affidato a principi di fisica quantistica illustrati dal personaggio di Darrow in maniera un po' infodumposa (As you know, Bob...), il secondo invece è il motore per tutto il resto del romanzo.
Di steam c'è principalmente l'ambientazione - il salto nel tempo riporta nell'800, e non solo -, e alcuni personaggi storici come Coleridge e Byron.
La magia è l'elemento centrale che fa muovere gli eventi, in quanto sottende vincoli che costituiscono, in toto, il conflitto che ostacola il protagonista fino alla fine. Elementali, evocazioni, ingegneria magico-genetica, e incantesimi più "banalmente" S&S rendono il romanzo prettamente fantasy (o fantastico, come si preferisce).

Lo sviluppo degli eventi è irrilevante. Posti i "misteri" a monte del romanzo, si intuisce tutto, ogni colpo di scena: è una serie di plot twist che non sconvolgono. Io mi reputo un lettore abbastanza distratto, sia perché leggo a intervalli molto lunghi, sia perché talvolta distolgo l'attenzione verso altro, soprattutto se il romanzo mi induce a farlo (leggasi: disinteresse). Ciò nonostante, la mia attenzione fluttuante mi ha permesso senza difficoltà di sciogliere tutti i "nodi", con un po' di rammarico invero. Aspettavo qualcosa di sorprendente che non è arrivato. Solo il twist ending, forse, è arrivato leggermente inaspettato. Ma intuibile ben prima della fine totale.
Nota a margine poco spoilerosa: la donna-camuffata-da-uomo-con-baffi-posticci mi ha fatto cadere i testicoli.

Parliamo dello stile.
Io ho letto il romanzo in italiano: potrebbe essere stato stravolto rispetto all'originale, e in questo caso vergogna al traduttore. Altrimenti, le cose stanno così.
Gli avverbi fiottano copiosamente. Ma a parte questo, nel romanzo spicca un SdT super strambo. A tratti, per esempio, Powers racconta in maniera distratta:
Si vedevano ovunque uomini e donne elegantemente vestiti.
O ancora:
I Lord Ladri stavano entrando in fila, adesso, con i loro abiti di un'eleganza affettata che producevano una nota macabra in quell'ambiente
In alcuni casi, addirittura, il narratore - che mentre leggevo non capivo a quale Pov si riferisse, ammesso che non stesse momentaneamente facendo la parte dell'onnisciente - inferisce lo stato dei personaggi, la situazione, le relazioni, il tutto in un tell assai squallido poetico.
Al di là di essi, e volutamente ignorati, c'erano gruppi di uomini ancora più poveri e oppressi da deformazioni fisiche e psichiche. Stavano accovacciati sulle lastre di pietra negli angoli bui, ognuno da solo nonostante fosse in mezzo agli altri, e farfugliavano e gesticolavano per abitudine piuttosto che per desiderio di comunicare qualcosa.
Ogni tanto compaiono delle similitudini strambe, troppo lunghe e fuori posto:
Romany si accasciò, e la sua già esile fiducia svanì bruscamente come inchiostro fresco lavato via da una pagina da un getto d'acqua gelata.
Non avendo preso appunti durante la lettura, mi è difficile citare tutti gli esempi necessari. Fatto sta, però, che Powers ricorre spesso a lunghe e inutili subordinate che fanno perdere il filo della lettura.
E non è solo lo stile, quanto la lentezza della narrazione ad annoiare. Dipinge scenari che però, nella mente, risultano sbiaditi, perché racconta in maniera approssimativa, più che dipingere schizza, e invece di descrivere oggettivamente si lascia andare in generalizzazioni grossolane.
Ma non è un autore che non sappia proprio mostrare. Nel raccontare in sunto un duello, sa essere tutto sommato chiaro:
Il pupillo di Angelo, il pluripremiato spadaccino noto come il Mirabile Chinnie, aveva ripetutamente eseguito una cavazione dopo un attacco simulato con una parata esterna di sesta sull'altro lato della lama del suo avversario, e questi aveva ogni volta parato con facilità, nonostante non fosse mai riuscito a mettere a segno una risposta su Chinnie.
Ottimo per l'uso di termini tecnici, un po' meno per gli avverbi e per la gestione della frase. Leggete ad alta voce: "aveva ripetutamente eseguito una cavazione dopo un attacco simulato con una parata esterna di sesta sull'altro lato della lama del suo avversario".
Spesso ci si imbatte, durante la lettura, in show dedicati a sottigliezze, per poi perdercisi nel tell approssimativo della narrazione.
Altro punto a sfavore è l'uso dei Pov. Non è coerente. Sebbene sul mio eReader la conversione in ePub potrebbe aver apportato modifiche nei paragrafi che separano le scene, è lampante il fatto che Powers dà i Pov a chi non dovrebbe. Togliendo i Pov ai cattivi, per esempio, il romanzo sarebbe meno prolisso, più efficiente, e soprattutto lineare. L'intervallo tra la narrazione di un Pov e gli altri non è ordinata: l'autore li sfrutta quando ne ha più bisogno, talvolta anche in maniera pittoresca più che utile.

Il tema dei viaggi nel tempo è affascinante. Nelle Porte di Anubis ci sono paradossi da viaggio nel tempo forzati, che però, tutto sommato, sebbene non abbiano motivo di esistere, solleticano l'interesse nello svolgimento della storia. L'aspetto storico non è marginale ma quasi. Ci sono accenni, riferimenti, nel caso del massacro dei Mammalucchi una vera e propria scena d'azione ma, a parte questo, il romanzo si caratterizza più come Avventura-Fantasy, che per ucronia o generica rivisitazione storica.
Ma la zavorra che il romanzo si porta appresso, a mio avviso, è lo stile. Un bel taglio alle parti inutili, una revisione del raccontato e del mostrato, e ne verrebbe fuori un ottimo romanzo.
Ma ha vinto il premio Philip K. Dick del 1983, quindi chi sono io per parlare?

venerdì 21 ottobre 2011

La bimba investita, gli indifferenti, il sovraffollamento mondiale.

bambina cinese investitaEsco un attimo dal mondo della finzione per dedicare qualche parola all'attualità.
Il 13 ottobre una bambina cinese di due anni è stata investita due volte ed è rimasta a terra priva di aiuto nonostante i passanti. Purtroppo, è morta pochi giorni dopo.
L'episodio ha sconvolto tutti coloro che hanno visto il video della piccola Wang Yue su Internet, e nasce spontanea la rabbia e l'indignazione nei confronti dei passanti che, gettata un'occhiata fugace alla piccola riversa nella pozza di sangue, hanno proseguito senza intervenire.
Non è il primo episodio di indifferenza.
Il primo, che ha dato il via a questa "tendenza", è stato quello di Kitty Genovese, 1964, il "classico" esempio di indifferenza degli spettatori riportato nei manuali di Psicologia Sociale.
Altri casi analoghi si verificano ogni anno. È stupido chiedersi il perché dell'indifferenza dei passanti negli episodi di vero e proprio omicidio premeditato (come quello avvenuto in Sicilia un paio di anni fa). La risposta è ovvia.
Ha più senso chiedersi perché mai le persone non intervengono in casi di incidente, pericolo ed evidente necessità. E ha più senso spegnere la TV quando a parlare di cose simili sono stupidi "opinionisti" (come nell'Arena di Rai 1) o pseudo-esperti millantatori, chiamati dai TG, che gettano fango su tutta la professione.

La Social Cognition ci insegna che questo fenomeno è dovuto a un tipo di atteggiamento e comportamento stabile in ognuno di noi quando ci troviamo in un gruppo. Si chiama ignoranza pluralistica, ovvero la percezione da parte dell'individuo di non avere informazioni sufficienti per poter agire, delegando il compito agli altri membri del gruppo che, però, la pensano come lui. In pratica nessuno fa niente perché ognuno pensa che qualcuno alla fine farà qualcosa. Un po' come quando a una lezione nessuno ha il coraggio di chiedere di rispiegare un argomento pur non avendolo capito, sperando che qualcun altro lo faccia al posto tuo.
L'ignoranza pluralistica scatena l'effetto spettatore, in cui per diffusione della responsabilità un individuo sente di meno il peso della responsabilità quanti più sono i membri del gruppo in cui si trova.
Oltre a queste motivazioni cognitive, ne esistono altre di tipo più prettamente sociale. Paura di fare una brutta figura, di fraintendere la situazione, di non avere le qualità necessarie, ecc.
Nel caso dell'uomo caduto sui binari, in Spagna, e salvato dal giovane poliziotto non in servizio, la situazione è diversa. La responsabilità percepita dal giovane non è uguale a quella degli altri, da una parte. Dall'altra, l'azione può essere stata compiuta per "deformazione professionale", dato che era pur sempre un poliziotto, o perché l'aiuto fa parte dei tratti di personalità che, a suo avviso, lo definiscono.

Nel caso della piccola Wang Yue, però:
1. Non ci sono poliziotti fuori servizio, in giro.
2. Non c'è una gran folla, anzi, non c'è proprio nessuno oltre al singolo passante.
3. Non c'è l'apparenza di un omicidio, dato che è una bambina ed è evidente che sia stata investita.
Perché allora nessuno ha fatto niente?
Ci sono diverse colpe.
La prima "colpa" è quella della cultura.
Le società orientali sono una cultura collettivistica; giudizi, atteggiamenti, convenzioni, mirano al bene del gruppo piuttosto che del singolo. Basti pensare che le mamme occidentali, nel giocare coi bambini, esaltano valori come il primato, la vittoria, l'allegria ecc. Le mamme cinesi, invece, esaltano la disciplina, l'onestà, l'interdipendenza - per esempio, danno un gioco al bimbo e si aspettano che lui glielo restituisca.
Sebbene non ci fosse un gruppo di persone, davanti alla bimba, è evidente che i singoli passanti hanno interiorizzato il collettivismo (ma non l'interdipendenza, a quanto pare) della propria cultura al punto da non avvertire alcuna responsabilità.
La Cina, d'altronde, soffre di un sovraffollamento che non si è mai visto nella storia dell'umanità.
Gran parte dei problemi del mondo derivano proprio dal sovraffollamento. In un'intervista, prima della sua morte nel 2009, l'antropologo Claude Lévi-Strauss notava come il mondo fosse cambiato dai tempi in cui svolgeva i suoi studi sulle popolazioni nella foresta amazzonica, quasi un secolo prima.
E a ben guardare, se nel 1900 la popolazione mondiale ammontava a circa un miliardo e mezzo di persone, ora siamo arrivati a ben 7 miliardi. Che sia questo, dunque, che bisogna aspettarsi dal progresso dell'umanità? Escludendo la diminuzione dei campi coltivabili, del bestiame, delle risorse energetiche, escludendo tutti gli abitanti del Terzo Mondo e tutti i poveri sparsi sul globo.
Il futuro dell'umanità sarà dunque l'indifferenza?

domenica 16 ottobre 2011

Impressioni fulminee | Come ammazzare il capo e vivere felici

come ammazzare il capo e vivere felici recensioneQuesta è una piccola impressione.
Avevo sentito il trailer di Horrible bosses alla radio per tutta quest'estate mentre ero in macchina sulla litoranea (proprio come per Drag me to hell pochi anni fa), insieme a Bad teacher.
Sembra che (dice Wikipedia) i ruoli per i personaggi erano "contesi" tra Owen Wilson, Vince Vaughn, Matthew McConaughey, Ryan Reynolds, Dax Shepard, e Johnny Knoxville. Da grande estimatore del frat pack non posso che dire sì, sarebbe stato bello avere Owen Wilson e Vince Vaughn nel film, ma il trio Jason Bateman (da poco visto in L'alieno Paul), Charlie Day, e Jason Sudeikis se la cava più che bene, al punto che non riuscirei a vedere attori più adatti.
Jennifer Aniston che fa la ninfomane può anche starci ma... Be', in locandina sembra diversa - molto più gnocca -, non pensavo fosse lei. Sono rimasto un po' deluso. Mi aspettavo un'attrice, come dire... un po' più prosperosa. Per la coerenza col ruolo, eh!
Colin Farrell col riportone fa troppo figo, e mi ricorda molto il Tom Cruise brutto di Tropic Thunder (che per giunta era stato chiamato per fare la parte data a Kevin Spacey).
Kevin Spacey è credibilissimo nel ruolo del boss stronzo. Mi ricorda un po' Berlusconi.
La trama è semplice ma interessante. Lo sviluppo è lineare e fortunatamente non punta sui misunderstanding classici della commedia (non voglio fare spoiler, e inserire il comando di Spoiler in blogger è un casino, ma diciamo che il destino dei boss è gestito in maniera appropriata. Da questo punto di vista lo ritengo un film abbastanza originale.
E poi fa abbastanza ridere. Ho solo qualche dubbio sull'ipotetico sequel che sembra potrebbero farne.
Nel complesso, è un ottimo modo per passare una serata. Streaming o affitto, ne vale la pena.

lunedì 10 ottobre 2011

Impressioni | The cabinet of Dr. Caligari (remake 2005 dell'originale 1920)

The cabinet of Dr. Caligari (sound remake 2005 dell'originale 1920)Cabinet of dr Caligari film horror 1920 remake 2005
Mentre ascoltavo attentamente gli Abney Park per il post dedicato, una loro canzone, omonima del film in questione, mi ha spinto a vederlo.
Il film originale è un film muto del 1920. Quello del 2005, diretto da David Lee Fisher in maniera indipendente, è un remake uguale in tutto e per tutto all'originale.
Ci troviamo nella città di Holstenwall, 1830. Il protagonista, Francis, insieme al suo amico Alan, si recano alla fiera della città dove incontrano il Dr. Caligari. Nella sua tenda, rinchiuso in una cassa di legno, c'è Cesare, un sonnambulo, nonché attrazione dello spettacolo, in grado di prevedere il futuro alle persone. Alla richiesta di Alan su quanto a lungo vivrà, Cesare risponde: "Until tomorrow's done". Il giorno successivo il ragazzo viene trovato morto: da qui comincia il delirio di Francis, accentuato da altri avvenimenti, come lo sconvolgimento misterioso della fidanzata.
Il film è considerato l'emblema del cinema espressionista.
Gli attori sono truccati in maniera evidente, hanno volti pallidi e matita sulla palpebra inferiore, si muovono su un set che è come un palcoscenico: scenografie di cartapesta con sfondi dipinti, inquadrature fisse e claustrofobiche. Le strade serpeggiano e si piegano angoli aguzzi, tutto è storto e instabile.
A uno spettatore moderno questo tipo di ambientazione non può che ricordare i mondi di Tim Burton. In The cabinet of Dr. Caligari persino le finestre sono storte, insieme alle architetture improbabili, i lampioni...
Nonostante i suoi 90 anni, il film - o meglio, il remake, giacché l'originale muto non l'ho mai visto - è assai godibile. La trama basata sul confine tra razionalità e delirio psicotico la ritroviamo anche in film recentissimi come Shutter Island, twist ending incluso. O in Stay. O persino nel cinema spazzatura, come Sucker Punch.
The cabinet of Dr Caligari 1920 locandina film espressionismo
Del film ho apprezzato molto l'atmosfera onirica e allucinata. Più da un punto di vista estetico che altro: l'uso del blue screen si evince da come le sagome dei personaggi sfumino rispetto allo sfondo, mentre gli scenari di cartapesta sono evidenti, per cui vanno presi così come andavano presi nel 1920. Un incentivo alla sensazione d'irrealtà e di claustrofobia psichica, prigione mentale del delirio.
Probabilmente un remake "non fedele" sarebbe stato, a mio avviso, anche migliore, dato che per quanto bello potesse essere il film dell'epoca, i gusti della gente cambiano, ed è anche normale che un film davvero vecchio possa far schifo ai più. Persino il film d'avanguardia per eccellenza, come Metropolis (1927), classico del cinema, può vantare una specie di pseudo-remake d'animazione giapponese (ispirato al manga ma più simile al film).
Credo che con The cabinet of Dr. Caligari si sarebbe potuto fare un bel remake con inquadrature dinamiche e fondali virtuali - non di cartapesta. Sarebbe stato un ottimo equivalente moderno. Ma questo è solo un mio parere.
Mi è piaciuto molto anche il modo in cui viene dipinto il Dr. Caligari: uno psichiatra sadico che gioca con la saluta della gente. Proprio come nella realtà!
Che dire, nel 1920 avevano già intuito come la Medicina e la Farmacologia avrebbero stuprato la Psicologia per generare una pseudo-scienza corrotta chiamata Psichiatria.

Approfondimenti (area Ducale):
Data la natura dell'argomento, mi sento in dovere di rimandarvi a un post del Duca dedicato, seppur in piccola parte, al cinema del secolo scorso.

sabato 8 ottobre 2011

Armando Curcio Editore e i concorsi illogici

Ho ricevuto oggi una mail da Fantascienza e Dintorni.
Non so come, visto che non ero abbonato ad alcuna mailing list e nella casella non risultavano altre mail dello stesso destinatario.
Ma vabe'.
La mail dice:
sperando di non disturbare, allego il link per la partecipazione a un concorso indetto dal sottoscritto.
Saluti e ringraziamenti in anticipo,
Francesco Troccoli
Ho googlato Francesco Troccoli, e apprendo che è uno scrittore sci-fi che ha partecipato e vinto a qualche concorso e, insomma, si dà da fare con la narrativa. Non lo conoscevo, mai letto. Comunque, segue il post del blog dell'autore:

E finalmente, ci siamo.
È giunto il momento di cercare (e possibilmente trovare) un titolo per il romanzo del sottoscritto, che Armando Curcio Editore pubblicheràfra qualche tempo. A tal fine, pubblico qui di seguito il regolamento del Concorso "Il cacciatore di titoli".
In breve, se qualcuno troverà un titolo accattivante che possa essere scelto, verrà ringraziato esplicitamente nel volume e riceverà inoltre una copia omaggio del romanzo.
Ma come fare a cercare un titolo per qualcosa che ancora non c'è? Niente paura, se davvero volete partecipare, si può. Purché abbiate voglia di fare un piccolo investimento in lettura (davvero piccolo: 2,99 Eur).
Chiunque sia interessato è invitato a farsi avanti, non prima di aver letto il regolamento. Il tempo utile è un mese a partire da oggi.
armando curcio editore lothar basler


Cioè fatemi capire. In pratica dovrei leggere il romanzo che però ancora non è uscito, ma il problema si risolve sborsando 2,99 € (wut?) che non si sa a cosa servono. Quindi, se sarò fortunato, vincerò nientepopodimenoché una copia del romanzo e tanti ringraziamenti.
Sono andato a leggere il regolamento, per capire almeno cosa ci fanno con quei 3 euro.
Sebbene non stia scritto esplicitamente (che per me significa: paghi 3 € per avere in cambio questa cosa), è riportato:
Art. 3 Al fine di conoscere sommariamente il contenuto della narrazione oggetto del romanzo e trarre ispirazione per la propria proposta di titolo, ogni partecipante potrà acquistare una copia della raccolta “Strani nuovi mondi 2011”, prodotta dalle Edizioni della Vigna, contenente fra altri il racconto dal titolo “Il cacciatore” dal quale il romanzo è stato tratto. L’acquisto è possibile a questo indirizzo internet sia in versione cartacea che elettronica: http://www.edizionidellavigna.it/collane/FER/006/FER006.htm. L’acquisto non rappresenta condizione indispensabile alla partecipazione. A questo proposito, l’Autore precisa che la lettura del racconto non pregiudica in alcun modo al lettore l’efficacia narrativa del romanzo (spoiler e simili).
Vado al sito indicato, il libro costa 9,90€, l'ebook "PDF ottimizzato per lettori con schermo da 6" o in formato 15x21" viene 2,99. PDFottimizzato, sigh. Convertire in ePub era troppo?
Bene, comincio a capirci qualcosa. Quindi io, se non ho amici che mi prestino l'antologia, dovrei spendere 3 euro alla cieca per comprare un'antologia in cui c'è un racconto che potrebbe farmi cagare e di cui dovrei inventare un titolo da proporre per avere in cambio un "grazie" e una copia omaggio.
Bel concorso di merda.
Oltretutto si legge:
Art. 4 L’Autore si riserva il diritto di non proclamare un vincitore, qualora nessuno fra i titoli proposti corrisponda alle sue esigenze e/o a quelle della Armando Curcio Editore. 
Art. 12 Ai fini della proclamazione dell’eventuale vincitore, l’Autore e/o la Armando Curcio Editore si riservano il diritto di apportare lievi modifiche al titolo vincente.
Alla grande. Il titolo che scelgo potrebbe anche non valere nulla.

Si badi che io non conosco l'autore. Il romanzo in questione potrebbe essere meritevole, non voglio gettare fango su di lui. Ma dato che ho ricevuto una mail spammosa, è un mio diritto commentarla. Soprattutto quando mi si vuol spillare danaro.
Il nome Armando Curcio Editore mi ricordava qualcosa. E in effetti, sfogliando gli archivi polverosi del mio Rifugio, ho trovato un post datato 2008 in cui criticavo una recensione pessima, fatta da un recensore avvezzo a tale pratica, e il libro in questione era il primo del ciclo di Lothar Basler - che Gamberetta aveva inserito in una lista di vittime da recensire.

Tralasciando i pregiudizi nei confronti della casa editrice, sono rimasto indignato dal "davvero piccolo" indicato nel passaggio: "Purché abbiate voglia di fare un piccolo investimento in lettura (davvero piccolo: 2,99 Eur)."
Un investimento? Per investimento, dice Wikipedia, si intende "l'incremento dei beni capitali e l'acquisizione o la creazione di nuove risorse da usare nel processo produttivo per ottenere una maggior profitto."
Si presume che chi investa abbia qualcosa di affidabile che lo spinga a investire. Nel caso di questo "concorso" - virgolette necessarie, perché non c'è un vero e proprio premio - l'investimento si fa alla cieca.
Tre euro per una raccolta sono tantissimi. 1€ va bene per un bel romanzo, 3€ sono troppi, figuriamoci per una raccolta di cui, per giunta, non puoi nemmeno avere un assaggio.

Le cose così non vanno bene.
Così come lo fanno passare sembra - o almeno, sembra a me - che 3€ di "investimento" in un ebook siano una sciocchezzuola che però ti dà la possibilità - udite udite - di ricevere (forse) una copia omaggio autografata.
Non so cosa ci sia dietro, ma questo concorso è illogico. Se uno deve spendere 3€ alla cieca allora li spende direttamente in un romanzo (un ebook, che vale quanto un libro cartaceo, se non di più), non in una maledetta raccolta di racconti di 150 pagine - di qualità dubbia.
Spero vivamente che cose simili rimangano sconosciute e passino inosservate. Se l'avvento degli ebook procede come si deve, concorsi simili sarebbero presto sbugiardati e la gente potrebbe leggere in maniera onesta. Per chi è così folle da spendere 3€ alla cieca, per dissonanza cognitiva riterrebbe il suo acquisto giusto e conveniente. In pratica, il suo giudizio verrebbe deviato.
E la buona narrativa perderebbe visibilità.

mercoledì 5 ottobre 2011

Impressioni | La fiera della vanità, Becoming Jane, Ravenous (L'insaziabile)

Prometto che questo è l'ultimo post (della settimana) su film vari.
La carrellata estiva si chiude con questi tre film ambientati nell'800 o giù di lì. Ed è per questo motivo che inauguro la rubrica...

Duca Doom, titolo random scelto per allitterazione e assonanza e per il gusto altisonante. In questa rubrica, eventuali commenti e opinioni del Duca sono legge, perché il Duca è severo, ma ingiusto.

Ho scelto di vedere questi film principalmente per l'ambientazione ottocentesca, sia per gustarmela sia per poter trarne ispirazione. Il Duca è esperto di storia, dell'epoca vittoriana e di tutto lo scibile umano, per cui dedico la rubrica a Lui.


Vanity Fair, la Fiera della Vanità, film storici '800Vanity Fair (2004)
Trasposizione cinematografica dell'omonimo romanzo di Guglielmo Failapace Taccheraggio, alias William Makepeace Thackeray.
Non ho letto il romanzo, ma stando a quanto vedo non mi pare che il film vi si discosti molto. La protagonista è Becky, social climber. Questo è un po' - tanto - irritante, dato che fino alla fine del film non è molto chiaro che genere di persona sia. Intelligente o furba? Disperata ma buona o arrogante approfittatrice?
Ad ogni modo, come nelle intenzioni del romanzo, anche nel film è traspare (non tantissimo) la satira nei confronti della società dell'epoca, soprattutto per ciò che riguarda le donne impegnate nella ricerca del giusto pollo da spennare per farsi mantenere.
Reese Witherspoon è bella, ma nel film la trovo insopportabile. Apprendo dell'esistenza di Robert Pattinson, in questo film. In qualche modo, non l'ho notato. Ma apprendo anche che, se in questo film recita la parte del figlio, in Water for elephants fa la parte dell'amante (o qualcosa di simile) della Witherspoon, che recita anche lei nel film, e trova bizzarra questa edipica relazione.
Personaggi inutili a parte, la linea narrativa del film si muove sulla sorte della ragazza, della sua scalata sociale e della storia d'amore. In pratica lo sfondo storico - 1802 - si riduce a convenzioni sociali e menate varie, tant'è che con tutto Napoleone in giro, scappato dall'isola d'Elba, l'unico scontro che si ha avviene dietro le quinte - fa tanto tragedia greca -, coerentemente con il resto della storia.
In pratica, il film lascia perdere l'intento satirico e punta tutto sul sentimento e l'arrampicata sociale.
Per chi apprezza l'800, è un'occasione come un'altra di godersi l'ambientazione.

Becoming Jane, Ritratto di una donna contro, film storici 800 Jane AustenBecoming Jane (2007)
Come da titolo, si tratta di un capitolo della storia di Jane Austen. Un capitolo abbastanza poco considerato, forse per il fatto che in effetti non ha rappresentato granché per la vita della scrittrice.
La Jane Austen interpretata dalla occhi-da-cerbiatto Anna Viailcappello, per gli anglofoni Anne Hathaway, fa conoscenza con il promettente avvocato Thomas Langlois Lefroy, interpretato da Giacomo Dell'Avoglio, alias James MacAvoy (che nello stesso anno compare protagonista in Penelope).
Non ho studiato approfonditamente Jane Austen, ma chiunque potrebbe immaginarla come una ragazza assai introversa, troppo intelligente e non gradita dagli uomini. Dai romanzi emerge più o meno questo.
In Becoming Jane viene dipinta come indica il sottotitolo, "Una ragazza contro", la femminista dell'800. Sebbene i romanzi parlino di donne in cerca di marito (vedasi film precedente), cosa assai poco femminista ma molto femminile, i critici trovano cavilli e sostengono che Jane Austen, per i suoi tempi, può essere considerata la maggiore esponente del femminismo.
Nel film (rifacendosi ai testi dei biografi ufficiali della Austen) si parla del periodo in cui la scrittrice si invaghisce di questo giovane, ma come ben sappiamo - perché sarebbe stato tipo troppo figo per l'umanità avere film di storia alternativa - Jane Austen ha sempre evitato il matrimonio, ed è rimasta single a vita, morta poi a causa del morbo di Addison, o forse per il linfoma di Hodkin, o per tubercolosi bovina o per tifo, o per mancanza di marito (più probabile).
Il film ha sprazzi di umorismo naturalmente british, a tratti invece mantiene l'atmosfera sentimentale che sembra essere una regola nei film ambientati nell'800.
Quando andavo a liceo, ricordo che durante una lezione di letteratura inglese la prof ci disse che erano state ritrovate delle lettere di Jane Austen (grande evento, visto che la maggior parte sembra essere stata bruciata dalla sorella Cassandra), in cui emergeva una verità "sconcertante": Jane Austen è rimasta single a vita per scelta. Da un punto di vista economico (e burocratico), l'essere una donna nubile e - per quanto bizzarro, oibò - indipendente dava diversi vantaggi, cui la signorina Giovanna Ostenia, a quanto pare, non voleva rinunciare.
Che senso ha sposarsi per farsi mantenere da chi potrebbe anche non permetterselo, quando si può rimanere donne, single e più ricche dei gentiluomini britannici?
D'accordo, repressione sessuale e opportunismo a parte, sì, Giovanna, questo sì che è femminismo!

Ravenous (1999)
Last but not the least, anzi, forse il migliore, ho trovato il titolo di questo Ravenous in giro per la rete, e a quanto pare in Italia non esisteva. Solo scrivendo quest'impressione ho trovato - in giro, nuovamente - che il titolo per l'Italia è tradotto: L'insaziabile, che per qualche ragione mi suona brutto mentre in inglese sembra bellissimo.
La trama è questa.
Ci troviamo nel periodo della guerra messicano-statunitense, (1846-1848). Il Tenente in seconda Boyd sopravvive al massacro della sua unità per motivi non eroici, e fingendosi morto viene trasportato al quartier generale nemico, qui compie un'azione impavida per cui viene poi promosso a Capitano. Ma quelli del comando non se la bevono, e viene trasferito a Fort Spencer, in Sierra Nevada - che è un po' come per un detective "essere mandato a dirigere il traffico" dal capo, come per ogni poliziesco.
Sebbene lì in pratica non succeda mai niente, si verifica un episodio di cannibalismo che coinvolge, purtroppo, un po' tutti.
Le meraviglie di Wikipedia inglese (a cui almeno possiamo accedere, visto che al momento in cui scrivo Wikipedia italiana è inaccessibile per colpa del comma 29 del DDL intercettazioni, governoladrodimerda) mi informano che, paradossalmente, i meravigliosi paesaggi di montagna in cui è ambientato il film appartengono alla Slovacchia e al Messico.
Non solo. Wikipedia mi informa anche che il regista originario, Milco Mancevski, è stato sostituito dopo due settimane da Antonia Bird.
Questo film è bello. Mi aveva catturato un fotogramma, mentre cercavo immagini stranamente non peccaminose sulla rete.

Ravenous l'insaziabile film horror western ottocenteschi

Hanno gli occhialoni! Steampunk!!!!!!111uno

Giustamente non è un semplice horror con sfondo storico, ma è etichettato come black comedy (sempre da Wikipedia). L'etichetta ci calza a pennello. L'ottocento americano è figo perché c'è il west, ma in questo caso non siamo nel west, ma tra le montagne, quindi un west montano.
In più c'è del cannibalismo, quindi del gore, che fa sempre bene.
E come se non bastasse, ci troviamo di fronte a scene di forte tensione, fughe tra i boschi su declivi rocciosi, il proprio succulento deretano in pericolo, cannibali alle calcagna, gente mortammazzata e, in sottofondo, un'allegro brano a base di benjo.
Il film è divertente e interessante. Offre colpi di scena più che discreti e l'accoppiata horror/commedia ci sta benissimo. Oltretutto ha una dose di quel sano pulp che getta nella vergogna altri film "seri".
Dato che il cannibalismo è alla base del film, ho cercato informazioni a riguardo. Lo avevo già fatto in passato, ma avevo sentito non so dove che l'antropofagia portava chimicamente a una forma di follia.
Ebbene no. L'unica follia che esiste è causata da danni al sistema nervoso centrale, e l'alimentazione a base di carne umana potrebbe danneggiare il sistema nervoso centrale nel caso in cui il deceduto (leggasi: il pasto) soffrisse dapprima di qualche malattia virale.
La cottura dovrebbe eliminare eventuali virus e batteri. Tuttavia esistono agenti infettivi chiamati prioni, ovvero proteine "corrotte" - un po' come prendere un file di sistema, aprirlo col notepad, modificarne il testo manualmente sbattendo la testa sulla tastiera e salvando le modifiche -, tali proteine possono sopravvivere alla cottura e infettare chi si alimenta del corpo infetto.
Ma a parte questo, pare che da un punto di vista biochimico l'antropofagia non arrechi alcun danno - virus e batteri a parte.
Ma non è necessario studiare Psicologia per capire che sopravvivere a un incidente aereo/navale, rimanere isolati per giorni ed essere costretti a mangiarsi altre persone, di sicuro, tanto bene alla salute psichica non fa.