giovedì 25 dicembre 2008

Auguri!

Un must di ogni anno. Gli auguri di buon Natale!
Se non ho tempo o mi dimentico di venire a farvi gli auguri nei vostri blog, perdonatemi e accettate questi auguri... :)
Non so voi ma io ieri sera mi sono divertito. Passate tutti un buon Natale e lasciate da parte i pensieri cattivi... XD
Auguri! Volemose bene!

martedì 16 dicembre 2008

Racconto - Bufera di neve


Chiedo scusa per il ritardo con cui aggiorno il blog, ma, davvero, è un periodo molto intenso, sotto ogni punto di vista.
Alla fine non ho modificato questo racconto più di tanto. Dovevo migliorarlo ulterioriormente, ma quando ho avuto il tempo, non c'era la voglia, l'ispirazione, avevo altro per la testa e così via...

Ecco finalmente il racconto, dunque. Magari potrei dire "ecco il racconto al 90%", ma è inutile rimandare. Dovevo aggiungere qualche scena, ma anche così non sarà tanto male, credo. Quindi diciamo pure che in realtà il racconto è finito al 100% ma non modificato come avevo intenzione di fare (aggiungendo magari un 10% di qualità in più :D). E questo per prevenire qualche giudizio che potrebbe aggrapparsi all'ipotetico 10%. XD
Se avete voglia di leggerlo, potete cliccare direttamente qui, o andare alla (nuova) Lista dei racconti. Lo spazio che mi ospita si chiama ilbello, quindi non interpretate il link come una mia deviazione narcisistica! Il nuovo sito su cui sto mettendo i racconti ha sempre la forma di blog, ma le ho imposto la forma statica di sito, e così rimarrà - modificherò poco, giusto qualcosina.

Se vi va, non esistate a farmi sapere se vi è piaciuto o no.
Buona lettura. :)

P.S. Il racconto è di genere fantasy utopico con elementi steamfantasy. Ma se a vostro parere è un racconto post-moderno simbolico, decostruzionista, strutturalista, o che ne so io, a me va bene uguale, l'importante è che piaccia... XD

P.P.S. [mi censuro, a quanto pare non tollerano nemmeno un minimo riferimento a quella cosa. Non si sa mai... XD]

venerdì 21 novembre 2008

Svago musicale - Carrellata di Dream Theater



È da tempo che volevo postare qualche cosa dei Dream Theater. Probabilmente è il mio gruppo preferito, i loro brani sono ricchissimi di musica, vari. E spesso la loro musica mi ispira per qualche racconto.
Prendo da youtube un "video" (solo audio) di un fan, che ha montato le parti più belle di tutte le canzoni. Dura un'ora e mezzo; chi ha il coraggio di ascoltarlo tutto d'un fiato sarà il mio eroe. XD Ma credo che anche un assaggio sia sufficiente.
Intanto vi ricordo che sto apportando delle modifiche all'ultimo racconto. Il Duca dice che può essere migliorato, e io voglio che ogni racconto sia migliore di quello che lo precede. Ergo, appena riesco lo pubblico.

Stream of Instrumentals

mercoledì 29 ottobre 2008

Aggiornamenti II - il racconto steam.


Sto scrivendo un racconto. L'ho iniziato un mese e due giorni fa, ma dato che non ho tempo per fare niente, e quando ce l'ho e provo a scrivere mi ritrovo senza ispirazione, sono andato molto a rilento. Su per giù sono 4100 parole - 14 paginette del mio formato tipografico personale, corrispondente a 8 fogli A4.
Il Duca Carraronan mi aveva consigliato di scrivere un racconto in medias res, tipo una scena presa dal mezzo di un romanzo (qualcosa di simile). E io l'ho (quasi) fatto.
Mi accorgo che sta venendo fuori un ibrido tra quello che era mia intenzione fare e un racconto breve.
Il "piano" originale prevedeva, appunto, l'azione nel momento in cui si svolge, senza troppe spiegazioni. Catapultare il lettore nel mezzo degli eventi. Io ho preso spunto da una macro-storia dell'ambientazione, ne ho tirato fuori una vicenda, l'ho stesa tutta, ma ne propongo solo una parte.
Tuttavia, ho avuto modo di notare,
questa storia ha caratteristiche proprie del racconto breve. Principalmente, c'è del pathos e colpi di scena di cose che, teoricamente, sarebbero scontate a priori nell'ipotetico romanzo.
Boh, a me sta piacendo, ma prima di tutto faccio notare che sto sperimentando. E mi piace. Anche perché il racconto in questione ha una base steamfantasy - senza la quale il racconto non esisterebbe -, ergo mi sto cimentando in fantasy puro. E dei racconti fantasy che ho scritto, mi è stato fatto notare, di fantastico non c'era molto.
Non mi sono dimenticato del blog. Oltre agli impegni, mi son dedicato alla stesura del racconto. Non voglio fare pronostici, ma entro la fine della settimana sarà pronto. Poi devo attendere qualche tempo per farlo raffreddare, rivederlo a freddo e farlo leggere a qualche volontario -- tra cui il povero Duca, che deve sciropparsi sempre la mia robba. Ma a lui sembra piacere. :)

domenica 12 ottobre 2008

E son diciotto!

Felicità! Ho appena passato una bella serata in stile pugliese - capatina all'enoteca e cazzeggio per il centro storico, con canti dei Queen, foto stupide e altre cose senza senso. Domani sarà la festa. Sono diciotto anni (sembravo più vecchio, dite la verità ;)) ed ecco che finalmente si aprono tante porte!


E molto altro ancora! ^_^

lunedì 8 settembre 2008

Racconto - Un vero affare


Novità: altervista non mi riconosce più come utente (perché accedevo al database direttamente da un server ftp...), per questo ora, dovrà uploadare in un modo diverso che un po' mi scombina quello che avevo programmato. Ma i racconti potete leggerli sempre e comunque! Gaudio! Birra e balli per tutti nel Rifugio di Taotor - o, come ha suggerito un amico, al Rifugio di Taotor birra alla spina e pizza a 5€!
Potete leggere il nuovo racconto andando qui, alla Lista dei racconti, e cliccare il primo in cima, Un vero affare. Un ringraziamento al Duca che ancora una volta mi ha aiutato nell'editing del racconto, e a Davo, che mi ha dato qualche consiglio.
Godetevi il racconto - sperando vi piaccia. :)

sabato 6 settembre 2008

Impressioni - Archlord


Ecco la prima "recensione" di videogiochi.
Il gioco in questione è un mmorpg (Massive Multiplayer Online Role-Playing Game) fantasy, scaricabile gratuitamente dal sito ufficiale.

Ci gioco da poco più di una settimana e, sarò sincero, il primo effetto non è stato dei migliori, per il semplice motivo che la sequenza "wasd" di movimento non funzionava (per un assurdo motivo, premendo W il pg va avanti, ma quando rilasci il pulsante torna indietro di qualche passo). Ma, ho scoperto in seguito, questo è un pregio: le distanze sono notevoli, e basta cliccare sul terreno per raggiungere la destinazione... ma andiamo con ordine.
Come la maggior parte dei mmorpg fantasy, in Archlord si comincia creando un personaggio (d'ora in poi "pg"), e qui scatta un difetto - che ha portato un mio amico a rinunciare definitivamente a giocarci. Puoi essere un guerriero (maschio), un arciere (idem), un mago (solo femmina, per forza), orco (ho visto un solo pg orco, finora) guerriero e stregone, ed elfo della luna (qualcosa di simile alle gothic lolita, un po' puttane diciamo, anche in questo caso non ho visto alcun pg di questa razza). Scelto il pg, gli si dà un nome e si comincia.
Dall'inizio in poi, il gioco non varia molto. Ecco in sintesi in cosa consiste.
Vai in giro, esplori un po' le zone, conosci i mostri, valuti il livello, e combatti dalla mattina alla sera per aumentare di livello. Quando non combatti, cerchi le quest, ma analogamente ti ritrovi spesso a combattere.
Combattimenti

Ai primi livelli (dall'uno al quattro più o meno) si attaccano mostriciattoli infimi, si aumenta in fretta di livello, e si cominciano ad aggiungere al personaggio armi più potenti (c'è una vasta varietà di armi), protezioni (scudi, gambali, guanti, elmi, corazze), ed "extra" come collane e anelli, che aumentano varie abilità (velocità, forza, o resistenza agli elementi ecc.). Questi accessori si possono a loro volta potenziare con delle pietre di vari elementi - ogni oggetto possiede degli slot che mostrano quante pietre si possono applicare.
Ci sono anche delle abilità, le skill, che incrementano parametri come forza, difesa, velocità e tanti altri, consentendo di godere del potere per alcuni minuti, consumando mana, energia magica.
Ecco una scena di combattimento: attivo le abilità di forza, velocità e difesa, recupero un po' di mana e faccio doppio click sul mostro; Eldroth - il mio pg - si precipita a fargli la pelle, partono i fendenti e il numero di danni inferti; attivo una mossa speciale, doppio colpo, che raddoppia il danno e consuma altri mana. La vita sta calando: uso una pozione. Il nemico si accascia gemendo, e mi droppa (fa cadere) monete, una pozione di mana o vita e, se sono fortunato, un oggetto. In più, ho ricevuto una dose di punti exp (esperienza) che, accumulati, mi faranno salire di livello. Si pensi che ora mi trovo a lvl 16, con un totale di 55000 exp da raggiungere, uccido mostri che mi danno 280-300 exp uno per volta - in troppi mi uccidono. Fate i calcoli. Un combattimento dura qualcosa come 10 secondi; dopo la vittoria, devo pensare a sanare le ferite e i mana, che si rigenerano abbastanza lentamente e le pozioni, purtroppo, non sono infinite e non crescono suglia alberi.
Per accelerare l'exp, si creano party (gruppi di giocatori) che condividono il denaro droppato e l'exp e uccidono in fretta i mostri. Questo è il metodo più utilizzato, difatti nella chat non fanno altro che scrivere "lfp lvl #" (looking for party livello tot). Sinceramente, questo metodo non è che sia tanto produttivo.
Quando un nemico ti uccide, muori e rivivi nell'ultima città visitata, sottraendoti il 3% di exp (che è abbastanza, fidatevi).


Quest
Le quest sono delle missioni. Si va da un npc (not playing character, un bot del gioco programmato per stare fermo e rispondere smistando le missioni) che può essere il fabbro, la gaurdia ecc., e si accettano le missioni. Queste consistono in qualcosa come: "Vai a città taldeitali e parla con tizio", o "vai nella zona Tale e uccidi venti goblin", oppure "vai lì e uccidi il capo dei licantropi". Per ogni missione si riceve denaro, exp e talvolta oggetti. Il buono delle missioni è che spesso sono "stupide" e regalano exp facile. Ammesso che si debba sconfiggere un tot di mostri, non si perde tempo, perché si guadagno exp sia per il "livellaggio" sia per la missione compiuta.

Il gioco tuttavia, come tutti i mmorpg simili, consiste principalmente in questo. Unico fattore che lo contraddistingue dagli altri che ho visto, è lo scopo essenziale. Diventare Archlord. Ovvero, arrivare a livelli come 70 e più (il massimo è 99 se non erro), con i propri compagni d'arme, la gilda, e conquistare il castello di Rensphere, assediandolo e combattendo altri contendenti Archlord.

I pregi principali del gioco sono i seguenti:
Il mondo è molto vasto.

Vedete la penisola a ovest, quella un po' scura? Quella a sinistra, la prima. Ecco, finora ho visitato solo quella, e se ne vanno 5 minuti buoni correndo - la cavalcatura si prende dal lvl 30 in poi.
Per fortuna, però, non bisogna stare col dito premuto per correre, basta cliccare e il personaggio si muove. Nel frattempo premo shift + tab e controllo se qualcuno mi ha contattato su messenger, o cambio musica, sempre però stando all'erta, poiché la strada non è sicura, e il nemico è sempre in agguato. ^^




"La via procede senza fine, lungi dall'uscio dal quale parte..."
La mini-mappetta in alto a dx si può ingrandire di 3 volte: cliccando sulla stessa mappa, si può indirizzare il pg al punto indicato. Purtroppo però il pg compie il percorso in linea d'aria, quindi si scontra sempre contro un masso o un muro o una staccionata e vi rimane fino a un nuovo ordine.

La varietà della customizzazione dei personaggi è rilevante. Molti pg si fermano ad ammirare i signori della guerra che sostano in un villaggio, livelli 40 e oltre, con armature enormi, armi pittoresche, cavalcature strabilianti, ali divine dietro la schiena, e magie varie che li avvolgono. Insomma, sono cazzuti, e ti fanno venir voglia di expare fino a diventare come loro.
Anche le strutture non sono male.


Le mura di Delfaras

In più, il paesaggio è abbastanza piacevole, e il tempo muta dal giorno alla notte, regalando sfumature davvero notevoli - non arriva però al livello di Oblivion (che tratterò in futuro).

L'Archlord ha il potere di controllare il giorno e la notte, di far piovere o di far uscire il sole, di evocare attorno a sé demoni che lo proteggano, ecc. Per questo ci vogliono gruppi di potenti guerrieri che lo detronizzino.

Infine, avendo uno scopo ultimo ben preciso, il gioco è, a mio parere, preferibile ad altri quali Metin2 (molto simili, ma Archlord è senza dubbio migliore sotto numerosi aspetti) e Ultima. La gente che ci gioca viene da tutto il mondo, e l'età si può suppore facilmente. Mi è capitato però di vedere anche ventenni e trentenni - e qualche quarantenne che non voleva ammetterlo. È ruolistico ma non c'è bisogno di parlare nel gioco attenendosi a regole particolari (niente volgarità e cose simili, ma non c'è bisogno di parlare come se si vivesse davvero nel gioco, come succede in Ultima). Questo lo rende rilassante, e credo sia divertente giocarci nei ritagli di tempo o, soprattutto, dopo una giornata stressante. Si logga, si fa un bel party, si scherza con le altre persone - peraltro, tutte molto educate: ho conosciuto la gentilezza fatta persona in questo gioco, e questo mi fa pensare che il mondo non fa affatto schifo come sembra, anzi, forse la nuova ondata generazionale potrebbe cambiare le cose ☺. Si migliora passo dopo passo - mi è stato detto che si può raggiungere il livello 30 dopo un mese, e da qui in poi il gioco si fa più divertente ancora.

Continuerò a giocarci senz'ombra di dubbio. Per chi fosse interessato, c'è anche un altro gioco chiamato Rappelz che dicono sia quasi uguale ad Archlord. Lo proverò io stesso.

I requisiti minimi di sistema:
  • Requisiti di sistema:
  • Sistema operativo: Windows XP/2000
  • Processore: Processor: Pentium 3 800 MHz
  • DirectX: N.D.
  • Memoria: 256 MB RAM
  • Hard disk: Spazio di disco digido libero: 1.4 GB
  • Scheda video: Scheda Video: 3D Accelerator with Hardware T&L and Pixel Shading
  • Scheda sonora: Scheda audio
  • Gamepad: No
  • Mouse: No
  • Joystick: No
  • Gioco illimitato; il gioco è tuo
  • Attivazione istantanea
  • Nessun download aggiuntivo
  • Nessuna spedizione, attesa o CD-ROM richiesto
  • Dimensione file: 1.36GB
  • Attivazioni gratuite: 3

venerdì 18 luglio 2008

Sul pubblicare e sulle opinioni circa i racconti


Qualcuno mi ha chiesto perché non propongo ciò che scrivo a un editore, e pubblicare.
Ebbene, una volta l'ho fatto. Il romanzo è quello famoso di cui spesso ho parlato: ottime idee, buona trama, orribile la forma. Chi l'ha letto un po' l'ha trovato bello. Ma non lo era, la forma era proprio terribile. Se quei pazzi me l'avessero pubblicato, mi sarei ritrovato con una reputazione artistica macchiata già in partenza. E io sarei rimasto insoddisfatto, deluso, arrabbiato, e non sarei migliorato tecnicamente.
Mai fidarsi di chi dice che il tuo racconto è bello senz'ombra di dubbio. Chi lo dice:
  1. Ha capito che il racconto è una mezza schifezza: sostiene che è bello perché non vuole aiutarti, e perché in questo modo se ne esce con la faccia dell'amicone.
  2. È un incapace che non sa valutare un'opera.
  3. È un lettore medio-normale che se ne frega di tecnica eccetera e si accontenta, senza sapere che là fuori c'è roba mille volte migliore. O forse l'opera merita davvero.
Inoltre, prima di abbassare la testa e scrivere un romanzo bisogna avere delle certezze. Non costruisco una casa se non so come si fa, se non sono un ingegnere, un architetto. Ma se sono un muratore, di sicuro avrò alzato qualche muro, sistemato qui o lì, e col tempo avrò imparato che non ci vuole una laurea in fisica per capire che costruire una casa sul fango non è cosa saggia.
I racconti brevi o lunghi non danno tutti gli strumenti per scrivere un romanzo. Per saper scrivere un romanzo, bisogna averne già scritto uno. Ma, alla fine, neanche questo è abbastanza, perché si possono scrivere tutti i racconti brevi e i romanzi di questo mondo, ma se fanno schifo e nessuno viene a dirtelo, non si migliorerà mai. Ecco perché scrivere è difficile. Ogni scrittore sa di migliorare col tempo, perché sperimenta, ascolta i consigli, compie degli sforzi. Ma non sarà mai abbastanza.
Bisogna avere la certezza di saper scrivere qualcosa di decente, per poter decidere addirittura di pubblicare.
«Ma in giro c'è già tanta gente che ha pubblicato immonde schifezze».
Questo è un motivo in più, secondo il mio personalissimo parere, per sforzarsi di fare di meglio. Come tutti gli scrittori, quando ricevo le critiche mi incazzo, ma non con la persona che me le fa, piuttosto con me stesso perché ho fatto certi errori. Prima di poter essere decenti, bisogna raggiungere la sufficienza, e la sufficienza è il non commettere errori, ovvero, bisogna almeno poter scrivere qualcosa senza infamia e senza lode. È un risultato notevole, vista la roba che circola nelle librerie - peggio dei delinquenti usciti coll'indulto. Quindi, a mio parere per poter scrivere bene non bisogna commettere errori prima di tutto, quindi ci si deve sforzare di fare cose meritevoli di lodi.
Il problema del migliorarsi, dopo tutto, sta nei "critici". Bisogna saper autovalutarsi, ma anche il giudizio degli altri è importante, perché rivela gli errori che noi non riusciamo a vedere; è un po' come usare una lente magica.
Tuttavia.
Mai fidarsi di chi sostiene che il tuo racconto è così così per non dire che è monnezza allo stato puro. Chi lo dice:
  1. Ha capito che il racconto è bello, e sa che può farci una figura di merda perché lui scrive schifezze.
  2. È un incapace che vede errori nelle idee geniali e viceversa, o inventa errori per il semplice fatto che un po' tutte le persone sono portate al confronto critico, perché così si sentono più importanti, prese in considerazione e perché dire: "Sì, è bello" in un certo senso vanifica le ore di lettura sprecate.
  3. Effettivamente ha ragione: se lo ha trovato brutto, magari non sapendo perché, be', c'è qualcosa che non va e lui l'ha intuito.
Lo scrittore deve saper filtrare i commenti, capire cosa può aiutarlo a migliorare e cosa invece può essere ignorato a priori. Io mi sforzo di fare così - ma, mon Dieu, è facile distinguere chi rosica da chi non capisce una mazza! -, e arrancando credo di migliorare ogni volta. Se si ammette di aver sbagliato e si capiscono gli errori, si passa a un livello più alto.
Gamberetta viene spesso insultata per il suo modo di criticare, ma chi la critica con ardore semplicemente si incazza perché sa che ha ragione lei. Tengo molto caro il suo giudizio (soprattutto perché non mi ha mai dato nessuna batosta in stile troisiano ^^), così come reputo prezioso quello del Duca, ma per quanto possano essermi utili, neanche loro potranno mai dare un giudizio oggettivo di un mio racconto, perché sono persone, e le persone sono tutte diverse, hanno dei gusti, hanno un modo di pensare diverso.
Uno può reputare vergognoso che il Personaggio1, a pagina 30 dotato di orologio, a pagina 31 chieda l'ora al Personaggio2. Ma qualcun altro potrà non curarsene, e dirà che l'orologio potrebbe non funzionare, o che non è regolato, o che a una pagina di distanza sia successo qualcosa che il narratore non ha detto ma che è trascurabile ai fini della trama, ecc. Insomma, tutti i "critici", oltre ai pareri oggettivi, possono avere pareri soggettivi, talora trascurabili, talora errati. L'importante è saper raccogliere le informazioni e sfruttarle.

Ora, ammettiamo che io abbia scritto tre-quattro racconti lunghi, decenti o belli, e voglia pubblicarli in un volume.
Ebbene, non lo farei. Perché?
Perché sono presuntuoso, lo ammetto sempre, e prima di gettarmi nella pubblicazione vorrei:
  1. Scegliere un editore coi controcazzi. Non mi ridurrò mai a pubblicare così - c'è più dignità con Lulu!
  2. Avere un mucchio di roba da pubblicare in futuro, in modo da poter ora scrivere quel mucchio di roba come si deve, col cervello, con coerenza, e con le palle, ovvero avendo in mente un piano ben preciso e fregandomene di correnti modaiole, di onde di fama pubblicitaria (si veda questo e questo: io non voglio fare affatto una fine simile.)
  3. Avere qualche anno di più: ho scritto il mio primo vero romanzo a 15 anni, nel frattempo avevo scritto centinaia di pagine di altri racconti. Più tempo passa, più m'informo, mi acculturo, miglioro. Che me ne faccio della gloria del "ragazzo prodigio", se poi quello che scriverò due mesi dopo sarà dieci volte meglio? È come mettere sul mercato un telefono che spara raggi laser, pur sapendo che ricaverei di più (sebbene aspettando un po') col telefono che oltre a sparare raggi potrà anche diventare coltellino svizzero e radar per mine. (Mio Dio, che esempio stupido che ho fatto! XD)
  4. Aspettare un po' di tempo per migliorare ancora di più, avere più tempo per scrivere e organizzare la rete di racconti. Quindi compiere 18 anni per gestire posta e soldi. XD Mi hanno detto che già ora sono più bravo di molti autori pubblicati: perché allora non diventare ancora più bravo e avere un ottimo motivo per pubblicare e vantarmi? XD
Credo sia tutto. Sono pigro; se ci sarà qualche aggiunta, edito il post. Spero di essere stato chiaro e utile.
Alla prossima ;)

P.S. L'immagine l'ho presa da questo sito, è semplicemente fantasy, e può accalappiare visitatori. Tutte le rogne burocratiche vanno al sito in questione, io non c'entro niente. ^^

martedì 15 luglio 2008

Informazioni estive


Appaio solo per dare alcune informazioni, a chi è interessato - chi non lo è si attacca. XD
Durante questa allegrissima estate (si nota l'ironia?), se dapprima sono partito in quarta a leggere, comincio a sentirmi stanco, scocciato, abbattuto; d'estate non dormo mai molto, vado a letto alle 2 e mi alzo alle 9, e il pomeriggio non dormo assolutamente. Quest'estate invece mi trovo più "depresso", e non disdegno un paio d'ore o anche più di sonnellino pomeridiano. Leggevo 150 pagine al giorno, ora a mala pena arrivo alla ventina.
In compenso sto scrivendo un racconto breve, mi arrischio a dire fantasy, ma potete definirlo come volete, psicologico, filosofico (sì, come no), tanto a me non cambia nulla.
L'idea alla base del racconto è buona, e personalmente, se fossi un lettore e dovessi dare un'occhiata alla quarta, non esiterei a leggerlo, e con piacere.
Mi arrischio ancora, accenno un qualcosa di simile a una trama:
Dorl, un giovane figlio di un tintore, vive da un mese nel terrore e nella paranoia, rinchiuso in casa, dopo essere stato aggredito da briganti che si aggirano nel suo borgo. Debole, codardo, decide così di dare un taglio a quella vita di vergogna, prigionia e terrore per recarsi al borgo vicino e imparare la magia da un incantatore; ma questi non si rivela un uomo saggio e comprensivo, e la stregoneria, scoprirà Dorl, potrebbe non sostituire il coraggio e la forza fisica. Ma le paure vanno affrontate, e i problemi eliminati...
Non sono molto bravo nelle "quarte di copertina", né a dare i titoli ai racconti. Spero però sia sufficiente. Finora scrivere è stata l'unica allegra soddisfazione; altri tipi di soddisfazione li ho trovati nel Long Island (che schifo) e un certo Ossigeno, simile al Curaçao.
Ma tranquilli, non sono così. XD

giovedì 3 luglio 2008

Sul Conte di Montecristo e altre cose che meritano menzione


Ho infine terminato la lettura del Conte di Montecristo di Dumas. Senza perdere tempo:
La copertina è molto bella (bisogna valutare anche queste cose). Peccato però che si è letteralmente staccata dal blocco intero di pagine - e mi è rimasto un mattone di fogli incollati ma privi della copertina.
Ma parliamo del romanzo.
Conoscete tutti la storia, suppongo. Non mi farò scrupolo di citare gli eventi (spoiler) che accadono all'inizio del libro.
Anzitutto, il 60% del romanzo è un di più. Dall'inizio fino a pagina 176 è un capolavoro, nonostante lo stile (lo dice anche Eco, è un bel romanzo con un brutto stile). Mi preme ora aprire una grossa parentesi sullo stile.
Non ci sono scuse: sebbene sia dell'800, l'autore ha uno stile spesso noioso, sembra insulti il lettore (Tucidide, più vecchio, è migliore).
  1. C'è un abuso inimmaginabile di "quantunque". Esistono anche "benché", "sebbene", "malgrado", "nonostante", però il traduttore (ma, io temo, l'autore) usa sempre la stessa parola, imperterrito.
  2. I dialoghi sono poco credibili, eccettuati alcuni punti grandiosi che si possono contare sulle dita di una mano. Ancora, sarà per il forte spirito francese di Dumas, ma tutti dicono sempre "Mon Dieu". O meglio, il traduttore (credo) ha riportato quell'esclamazione sempre nella stessa formula. «Eh, mio Dio...» dicono i personaggi, ogni due-tre pagine. Fossi stato io a tradurre, avrei sostituito con un Perbacco o Perdinci (si noti che "Perdinci" dovrebbe essere una sorta di "Per Dio", censurato ed entrato nel vocabolario)
  3. Il narratore dialoga col lettore, e non va bene. Ma vabe'. La cosa insopportabile è che il narratore ricorre a formule del tipo: "Non occorre dire che...", "È inutile dire che...", "È scontato dire che...", ma alla fine dice!. Se è superfluo, e lo ammette il narratore, perché deve dirlo?! È irritante!
  4. Ci sono avverbi a non finire, ma si sa, Il conte di Montecristo è un feuilleton.
I personaggi (lo fa notare anche Eco) sudano grosse gocce e cadono di peso sulle sedie. Ma, aggiungerei io, impallidiscono, avvampano ecc. di continuo. Ancora, reagiscono con un tale pathos a certi παθέμεια che io mi rifiuto di credere, davvero, che possano fare simili cose. Esempio. Qualcuno dice che qualcun altro è morto. Nella Bibbia (popoli pressocché primitivi) ci si strappava le vesti e ci si cospargeva di cenere il capo. Nel Conte di Montecristo la gente alza la testa e le mani al cielo, fa strane espressioni colla bocca, fa tante cose strane. Azioni degne della nonna salentina più bigotta del mondo.

Una nota che mi preme comunicare: ci sono pagine e pagine in cui si discutono situazioni finanziare incomprensibili, in primis perché non credo ci sia molta gente che capisce di luigi, scudi, ecc., ma, come se non bastasse, il narratore insiste nello spiegare astute manovre economiche di cui io, sinceramente, non ho capito una mazza (e non era nemmeno necessario capirlo, visto che era indifferente per il proseguimento della trama: zwiiip, da cancellare).
Non ci sono veri e propri colpi di scena. Tolti due o tre eventi, tutti gli altri sono scontati, diciamo; si intuiscono a decine di pagine di distanza. Ma l'inizio (fino a pagina 176) e la fine sono sublimi. La storia in sé è grandiosa, soprattutto l'inizio, il fattore scatenate, il casus belli, sarà per questo che nei film viene data maggiore importanza alla parte (paradossalmente) più interessante, ovvero i 14 anni di prigionia di Dantès nella prigione sull'isola d'If.
Il problema del romanzo è la lunghezza. Ma io ho già un'immagine di Dumas e il proprietario del giornale su cui pubblicava la storia.


Monsieur Alexandre sta seduto su una raffinata poltrona, in una mano gli fuma un sigaro, nell'altra qualche caccola. Lui ama fumare e scaccolarsi. Davanti a lui c'è l'editore, dietro una grande scrivania colma di roba.
«Monsieur Dumas...» dice l'editore del giornale. «Abbiamo letto l'inizio del romanzo e... ehm desidera un fazzoletto?»
«Non, merci beaucoup. Allora?»
«Sì, dicevo, ci piace molto quest'inizio, insomma, è davvero... uh là-là
«Oui.» Dumas dà una boccata al sigaro e fa qualche cerchio in aria.
«Ebbene, vi pagheremo [tot] luigi per ogni pagina.»
Dumas guarda l'uomo, flippa via una caccola, afferra il bicchiere poggiato senza contegno sulla scrivania e beve una lunga sorsata. Si asciuga colla manica e dice: «Di più.»
«Uhm... d'accord, [tot] luigi, non uno di più.»
Dumas rutta. «Bon, affare fatto. E questo giornale... esce ogni giorno?»
«Oui
«Uh là-là... uhuhuh.» Dumas fa qualche calcolo colle dita. Tot luigi d'oro per pagina, il giornale esce ogni giorno, tot luigi alla settimana, tot luigi al mese, tot luigi l'anno, più gli introiti e il guadagno per il teatro... gli occhi di Alexandre diventano due luigi d'oro. «Bon, Monsieur.»
«La storia ci è piaciuta molto, soprattutto la prigionia di Edmondo Dantès. Avete già scritto una scaletta... avete un'idea di come continuerà?»
Nella testa di Dumas frullano solo le tette delle donne con cui ha avuto le dozzine di figli illegittimi. Si risveglia, capisce la domanda, le tette si sostituiscono col povero Dantès in prigione, e poi pagine bianche. "Allora arrivano gli alieni, lo rapiscono..." comincia a pensare Dumas.
«Oh, niente alieni ovviamente» avverte l'editore.
«Merd... D'accord. Vi porterò domani le prossime dieci puntate. Sarà una storia mooolto lunga. Wuhahahahahah~...»

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Finito il Conte di Montecristo, ho cominciato a leggere questo libro di Bernard Wolfe, Limbo: Il sistema «IMMOB». Ebbene, citando nuovamente il Fantozzi della corazzata Potëmkin: «Questo libro è una cagata pazzesca!!»
L'inizio non dico che prometteva bene ma quasi. Poi ecco che arriva l'infodump. Ma vabe'. Poi ecco che arrivano le seghe mentali sulla lobotomia, il pacifismo ecc. Poi, se pensavo che quelle di prima fossero seghe mentali, no, mi sbagliavo!, non era niente. Bazzecole. Arriva la filosofia, la politica, la cibernetica. Io tollero tutto stoicamente. In pratica la storia avanza di un passo, poi si ferma per pensare a mille cose, quindi riprende e fa un altro passo, ma, ancora, si riferma e pensa. Il romanzo ha 400 pagine circa. A pagina 300 mi sono fermato: proprio quando la storia aveva preso una piega interessante, il protagonista scappa (si assiste a un'america cambiata, ecc., è bello) ma, forse mi è sfuggito il senso perché dormivo, forse perché pensavo alle tette, forse perché senza alcuna ragione e alcun senso, il protagonista ha qualche attacco psichedelico. Non so proprio come sia successo, ma comincia ad avere un fottuto flashback introspettivo, e dopo questo flashback (che proprio flashback non è, perché si mischia a visioni), arriva un'orgia mentale, pensieri sparsi, triti e ritriti, scritti in post-modernico o chennesoìo, insomma: CHE PALLE. Non ho mai interrotto la lettura di un libro, o, se è successo, l'ho poi ripreso dopo (o forse si trattava di una caso estremo). Questa è stata la prima volta. E ho fatto bene. Stavo solo perdendo tempo.
Ho cominciato i Demoni di Dostoevksj. Che bel respiro d'aria fresca! E dire che l'amico Fëdor era povero, miserabile, coi debiti, con lutti alle spalle, lutti davanti, gioielli averi e calzoni messi in pegno, perdite alle roulette, incubi, epilessia. Il più sfigato degli uomini almeno scriveva come Dio comanda.

giovedì 26 giugno 2008

Brillante Weblog



Dopo essere stato "scelto" da Adriano per questa iniziativa (in vero a me sconosciuta) chiamata Brillante Weblog, poiché non sono molto pratico in queste cose copincollo la "struttura" usata da Alladr.


Cosa significa Brillante Weblog?“Brillante Weblog” viene assegnato a siti e blog che risaltano per la loro brillantezza sia nei temi che nel design e il suo scopo è di promuoverli tutti nella blogosfera mondiale.

Regolamento:
1. Al ricevimento del premio, bisogna scrivere un post mostrando il premio e citare il nome di chi ti ha premiato mostrando il link del suo blog
2. Scegli un minimo di 7 blog (o di più) che credi siano brillanti nei loro temi o nel loro design. Esibisci il loro nome e il loro link e avvisali che hanno ottenuto il Premio "Brillante Weblog"3. (Facoltativo) Esibire la foto (il profilo) di chi ti ha premiato e di chi viene premiato nel tuo blog



i miei premiatori:
Adriano Allora



i miei premiati (nell'ordine "cosìcomemivengonoinmente"):

Afanear, perché il suo è un blog ricco di argomenti interessanti, e mi piace assistere e commentare certe tematiche.
Lo scrittore emergente, il blog di Simone Navarra. Inizialmente è stato il mio mecenate, e in seguito il blog è diventato una tappa per tutti gli emergenti.
Andrea D'angelo, lo leggo da sempre. :) È una persona che stimo come scrittore e come essere umano.
In-flussi, di Daniele Fusetto. È raro trovare persone così profonde.
Altamente volatile, il blog di Auletride. Aperto da poco, mi piace e lo seguo con costanza, divertente anche nel tono.
Baionette librarie, il blog del Duca. Gli argomenti sono interessantissimi, utilissimi e trattati con professionalità. Un consiglio? Ci vorebbero più tette :D
La voce nella notte, il blog di Sparviero. Non ho mai approfondito il mondo del teatro e della recitazione, e lui affronta l'arogmento con giudizio. Non sapevo nemmeno avesse 14 anni! Il giovane promette benissimo!
Stretto in un angolo, il blog di Glauco Silvestri. Il collega scrittore che mi piace leggere. :)
Gamberi fantasy, mi sembra scontato. :p

Ovviamente leggo tanti altri blog, benché spesso non intervenga con commenti. Ma, ripeto, non so bene come funziona la cosa, quindi è già tanto se non ho fatto qualche danno, e credo sia saggio fermarmi qui... ^^

sabato 21 giugno 2008

Dipartita ☺



Cari amici, parto.
Vado in vacanza (in realtà ci sono già da sabato), ma sarò privo di computer e, se riuscirò a procurarmene uno, sarò comunque privo di Internet. Tornerò a scrivere, sì, a leggere e rispondere ai commenti, ma sarà solo una o due volte a settimana - è possibile anche 0 volte a settimana.
Ciò detto, dato che io mi affeziono alle persone di cui leggo i blog, spero valga lo stesso anche per voi nei miei confronti, e vi interessino i seguenti cazzi miei. ☺

Anzitutto, come ho già detto, non avrò pc. Ergo: potrò scrivere solo sulla Olivetti o a mano. Ma dato che dopo l'esperienza fatta con quell'aggeggio infernale sono rimasto piuttosto traumatizzato, impiegherò il tempo o andando a mare (bugiardo), o andando in giro in bici (bugiardo), o leggendo (tombola!).
Per questo, ecco l'elenco di libri che sto portando:
  1. Il conte di Montecristo (in estenuante lettura: appena finirò, Dumas mi sentirà dalla tomba!)
  2. Vent'anni dopo (conto di leggerlo per ultimo)
  3. Limbo: il sistema Immob, di Bernard Wolfe (appena finirò Il conte comincerò questo)
  4. I racconti del terrore di Poe (in realtà l'ho quasi finito tutto quando ero in Belgio, in una freddissima mattina d'aprile davanti alla Rubens House, ma rimangono ancora alcuni racconti)
  5. I demoni, di Dostoevskj (spero si scriva così). Dovrebbe essere una lettura più seria di quella del Montecristo, o almeno così prego. Non vorrei trovarmi di fronte ad un altro immane brodo, "un romanzo mal scritto" per usare le parole di Eco...
  6. It, di King. Eh, Dio, lo so, dovrei usare questo tempo per leggere altro, visto che di King ho letto la serie della Torre Nera e i racconti di Tutto è fatidico. Però il libro ce l'ho, e devo leggermelo.
  7. Il vecchio e il mare, di Hemingway. Sì, non l'ho letto, che ci posso fare? Ho quasi 18 anni, e in questo poco tempo non è che posso aver letto tutti i grandi classici! (perché ero troppo impegnato a leggere quelle merdate di fantasy. ^^ Scherzo. Più o meno.) [Edit: l'ho scaricato e letto proprio oggi, finito un quarto d'ora fa]
In questi due dì, sono andato a mare il primo giorno, scottandomi per bene la schiena, e il pomeriggio dello stesso giorno sono tornato in spiaggia con amici, suonando Aidu al flauto con uno di loro (sì, ho "imparato" a suonare il flauto, mi sono messo d'impegno una sera e ho più o meno capito come funziona l'aggeggio).

Tutto sommato, credo di essermi ben preparato all'estate... E il post finirebbe qui, ma avrei un'ultima cosa da aggiungere:

Un incapace

L'idiota che l'ha messo in campo.

Buone vacanze.☺

lunedì 16 giugno 2008

Racconto breve: High Air



Ecco un racconto fresco fresco, High Air.
Penso si possa definirlo un racconto "d'azione", ma non ne sarei sicuro. Di sicuro non è fantasy - o sì? XD
Ringrazio il Duca per l'ennesima lettura (e commenti in rosso), i suggerimenti e il suo aiuto di lettore-acido pronto ad insultare lo scrittore che ha scritto una porcata - con tutto il diritto.

Potete leggere il racconto in pdf o in html. Per il pdf, dovete andare alla Lista dei racconti e cliccare sul primo racconto (ovvero l'ultimo pubblicato), High Air. Per leggere la versione html, basta cliccare qui. L'html però fa decisamente schifo, rispetto al pdf. È mille volte più leggero, da caricare, sì, ma senza impaginatura e raffinatezze varie... io consiglio il pdf. L'importante però è che si legga.
Buona lettura! ;)

venerdì 13 giugno 2008

Recensione - "Mondo senza fine" di Ken Follett


Ho appena finito di leggere Mondo senza fine, e il titolo è più che adatto al romanzo. Senza fine.
Dovrebbe essere una continuazione dei Pilastri della terra, ma effettivamente non vedo come possa ricollegarsi, escluso lo scenario di sfondo e le lontane parentele con i protagonisti del libro precedente.

Io non conosco Follett se non per i Pilastri, dunque non posso dare un parere su di lui, non posso dire se è migliorato, peggiorato o chessoìo.
Tuttavia riconosco nel romanzo alcune componenti che lo fanno stare in piedi da solo. La complessità dello scenario, dal punto di vista politico ed economico, per esempio. Ma Follett si sofferma troppo a descrivere, raccontare, spiegare, illustrare la condizione: crede che in questo modo possa far capire meglio al lettore i problemi e le motivazioni di alcuni personaggi. Ma è inutile, perché il lettore (o almeno io), preso dalla storia, poco se ne frega della condizione dei campi, dei contadini e dei relativi problemi legali ed economici, che influiscono sulla trama non più di tanto e che possono benissimo essere spiegati in poche parole.
I personaggi sono ben caratterizzati - sebbene, come accadeva spessissimo nei Pilastri, Follett ne descrive alcuni mediante similitudini con animali, e se la cosa può sembrare carina all'inizio, si rivela una debolezza e una scocciatura dopo. Ci si affeziona ai protagonisti, ovviamente, che non risultano stupidi o poco credibili - a parte alcuni atteggiamenti idioti di Caris nei confronti di Merthin, ma che sono del tutto giustificati per il fatto che è donna. Ralph mi sembra (forse lo è a tutti gli effetti) un secondo William dei Pilastri, cattivo, aggressivo, e c'è una specie di dualismo Ralph-Gwenda che è simile a William-Aliena. Anche Merthin, alla fine, risulta essere Jack.

In Mondo senza fine ciò che fa andare avanti la storia è la Τύχη. Si presenta la situazione: il buono ha un progetto benigno, il cattivo uno maligno: ognuno cerca di avere successo, ma il cattivo in qualche modo ha la Fortuna dalla sua parte, e il romanzo procede in una serie di Problemi, che si pongono davanti ai personaggi (cattivi e soprattutto buoni), i quali sottostanno, stoici, ma questi stessi personaggi risolvono talvolta i problemi nel modo più semplice (ricorrendo per esempio all'omicidio), ma ogni qualvolta il mezzo possa sembrare un po' immorale, viene giustificato dal fine etico. Allora l'autore distribuisce nelle menti dei buoni sempre e solo scelte difficili, e quando non sa come andare avanti fa cambiare loro idea. Tuttavia, sebbene sia proprio il conflitto che fa andare avanti le storie della letteratura di tutto il globo terracqueo, in Mondo senza fine i Problemi arrivano nel mezzo del cammino dei protagonisti così, come se Dio mettesse ogni volta il bastone tra le ruote con tanto di pernacchia. In una parola, il conflitto, nel romanzo, risulta macchinoso. Censurando un nome per pericolo di anticipazioni, ecco un esempio di deus ex machina:
Ralph guardò **** che allattava il bambino piangendo. Quindici anni, alta a stento cinque piedi, si frapponeva come le mura di un castello tra lui e il futuro che aveva sempre sognato.
La odiava.
Siamo a pagina 1048: accanto al paragrafo ho riportato, sempre in matita: "Pretesto improvviso per far andare avanti la storia". Non ho visto male. Difatti, a pagina 1059, ecco cosa leggo (e annoto):
Ralph incrociò lo sguardo di Alan, che era curioso di sentire che cosa avrebbe risposto. Sospirò. «Mia moglie è molto malata [ovviamente non lo è]» disse. «Non vivrà a lungo.»
Lo scopo era eliminare un personaggio, Follett a pagina 1048 getta il seme della macchinosità, e a pagina 1059 è germogliato. Se non volete avere anticipazioni significative, saltate il paragrafo seguente.
Ralph è rude, assassino e stupratore, e ha sposato una ragazzina, quindicenne, che non lo ama. Cosa può volere di più? Ralph, come William dei Pilastri, gode nel chiavare donne che lo odiano, lo disprezzano e lo temono. Che senso ha uccidere la nuova giovane moglie? Solo per fare un favore a zio Ken, ovvio.

Senza dubbio l'intreccio è ben architettato, o comunque non risulta noioso. I colpi di scena consistono in figli illegittimi, morti, situazioni socio-politiche rivoltate, ecc.
Dopo tutto, non è il colpo di scena in sé l'arma del romanzo, quanto la voglia di far finire i problemi. E questo è più che comprensibile: il romanzo è inutilmente lungo. L'autore si prende spazio tra le pagine per far fuori uno dopo l'altro i problemi, inserendo una difficoltà dopo l'altra cui segue un evento risolutivo. In realtà, gli eventi possono anche restare così, il problema principale è il narratore. Tralasciando i troppi avverbi, i dialoghi talvolta piatti ma per fortuna mai irreali, i problemi principali di Follett sono la lungaggine, l'inforigurgito, il riassunto non richiesto.
Ho sottolineato alcuni punti, troppi; ne pesco solo alcuni e li riporto qui:

Il sole si alzava dietro il fiume, gettando raggi obliqui di luce dorata sui tetti di Kingsbridge. Caris osservò i segni lasciati sulla città da sette mesi di peste. Da quell'altezza si vedevano i varchi nelle file di case, come denti marci. I crolli erano comuni, visto che gli edifici erano di legno e bruciavano negli incendi, o si abbattevano a causa della pioggia, della vecchiaia o dei difetti di costruzione. Il problema, adesso,
era che nessuno li riparava più. Quando una casa crollava, i suoi abitanti si trasferivano semplicemente in un'altra, scelta fra quelle abbandonate. L'unico che ancora costruiva qualcosa era Merthin, considerato un folle ottimista con troppi soldi da spendere.

Il sermone continua per molte altre righe, segue un po' di dialogo morale, e si continua con la storia. Quel brano citato secondo me non va bene per due motivi. Rallenta il racconto, è inutile, e ribadisce concetti ultra triti, concetti che Follett ostenta come se avesse studiato, quando in realtà - come sostiene nei Ringraziamenti - si è circondato di medievalisti e ha fatto fare ricerche a una specie di azienda che fa ricerche, la Research for writers di New York. Gli studenti italiani studiano il Medioevo, la peste bubbonica, il culto per la Vergine che si fa largo in quel periodo (anche la peste di Atene narrata da Tucidide), e il concetto di capro espiatorio come la caccia agli ebrei o le processioni di flagellanti. Sarà che tutta questa ostentazione è ridicola?

Proseguendo, ecco un esempio di riassunto non richiesto:
In un batter d'occhio, Gwenda si sentì riportare indietro nel tempo di dodici anni. Quel che le tornò alla mente con tanta nitidezza da farle venire le lacrime agli occhi fu il ricordo della speranza che le aveva scaldato il cuore quella mattina a Northwood, quando con la famiglia si era inoltrata nella foresta verso Outhenby e una nuova vita. (...)
Continua per altre righe, che vi risparmio, fino ad occupare metà della pagina successiva. E tutto questo è un riassunto di una serie di eventi accaduti non troppe pagine prima. Ma ammesso che la cosa fosse accaduta all'inizio del romanzo, il riassunto in fin dei conti non serve, e non è altro che un riempimento, come in tanti altri punti disseminati per ogni pagina. L'unica possibilità che mi è venuta, a dire il vero un po' audace, riguardo a questa stranezza, è che l'autore non abbia preparato uno schema ben definito degli eventi (mi sembra improbabile) e che, con questi suoi continui riassunti, introspezioni e focalizzazione zero, voglia raccapezzarsi e mettere in chiaro le idee per se stesso. Si deve notare, infatti, che il Folletto finge di usare una focalizzazione esterna, poi riporta in forma dialogica i pensieri del personaggio focalizzato nel paragrafo, ma non esita nel descrivere l'animo e gli intenti di un altro personaggio - di norma, se sfrutti il punto di vista di un personaggio, ne sai quanto lui e non puoi prevedere cosa stia tramando l'altro, né puoi catturarne tutte le sfaccettature psicologiche in un istante. Vuole insomma raccontare tutto e sebbene in qualche modo riesca anche a mostrare, ha il brutto vizio di spiegare tutto ciò che accade, come se fosse insicuro o come se trattasse il lettore da idiota.

Infine, il romanzo si apre con un misterioso evento, un cavaliere inseguito, che possiede una lettera pericolosissima ecc. Si fa tanta leva su questo, i personaggi vi danno tanta importanza, persino il narratore, ma alla fine non serve a niente. Non è misterioso, il narratore descrive in modo complicato la situazione e la riassume però efficacemente alla fine del romanzo, e ciò nonostante si rivela comunque una chiave per risolvere l'ultimo problema. Ma, a mio modesto avviso, il mistero della lettera e tutte le menate varie potevano benissimo non esistere.

Il romanzo, per concludere, presenta personaggi, sfondo ed eventi molto interessanti. La voglia di seguire c'è ma spesso, per colpa di lungaggini inutili, sopraggiunge la noia e diminuisce la volontà del lettore di non staccare gli occhi dalla pagina. Nel complesso, è un bel romanzo che sarebbe potuto essere migliore con poco.

mercoledì 11 giugno 2008

Scrivere un romanzo


Molti arrivano a questo blog cercando "come scrivere un romanzo". Peccato nessuno scriva "come scrivere un romanzo decente".
Se sapessi come scrivere un romanzo decente, di sicuro sarei ricco perché avrei pubblicato tonnellate di best-seller, o comunque di sicuro non starei a sbandierarlo in pubblico.

Ma dato che da alcuni giorni ho abbastanza tempo per me, ho cominciato (continuato) a scrivere un romanzo su cui stavo lavorando di scaletta. E ho pensato che sarebbe bello dire che "metodo" uso, come scrivo ecc.

Cominciai a scrivere questo romanzo l'estate scorsa. Non avevo una scaletta precisa, ma molte idee. Scrissi di getto, arrivando a 40 pagine circa (non ricordo quante cartelle). Mi allontanai quindi dal lavoro per colpa di altri impegni. Ripresi, scrivendo altre 20 pagine. Un totale di 60. Guardavo indietro alle altre pagine e mi dicevo: "Hm, non male", però non ero soddisfatto. Allora cosa ho fatto?
Ho distrutto tutte le 60 pagine e ho ricominciato il romanzo in medias res. Avevo notato che la storia era noiosa, all'inizio, e appassionava soltanto me. Sapevo che a qualsiasi altro lettore sarebbero cadute le palle (o le ovaie).
Ho cominciato a narrare gli eventi a partire dalla fine del vecchio frammento - ovvero dove mi ero fermato. Tutto quel malloppo, infatti, non era colmo di eventi particolarmente interessanti, o meglio, erano essenziali alla trama e significativi, ma non potevo portare allo stesso livello il tempo della storia e tempodel racconto: non ne valeva la pena. In una scena ho approfittato a riassumere quelle 60 pagine in una mezza pagina con un "abile" discorso diretto da parte del protagonista.
Questo cosa mi ha fatto imparare? Che bisogna essere sempre pronti a rinunciare a ciò che si è scritto, cestinarlo se necessario, riscrivere, sempre con più grinta.

All'inizio del romanzo non avevo una scaletta, poi ne ho creata una (dopo la cancellazione delle 60 pagine), indicando gli eventi principali dividendo e nominando tutta l'opera in quattro parti. Quindi ho cominciato a scrivere un riassunto per ogni parte... ho cominciato con la prima. Non mi ha convinto. Mi sono scervellato.
L'ho cestinata.
Ieri ho scritto una ventina di pagine come input, per dare una carica alla molla e far partire la trama - e questo è stato più produttivo di qualsiasi riassunto organizzativo. Non sarei mai riuscito a scrivere 20 pagine con una scaletta perché, sebbene aiuti, ti dà un inizio e una fine, ma tu non sai cosa c'è in mezzo, e ti blocchi. In compenso, scrivere sapendo a mala pena da dove cominciare, ti porterà a non sapere dove andrai a finire.
Ma il fatto è: non esistono tecniche specifiche, soluzioni migliori o peggiori. Sono sempre più convinto che la parte più divertente del "lavoro" (non retribuito) dello scrittore consista in una serie di scelte. Nel film Vero come la finzione, la scrittrice (pazza, tutta particolare, interessante) non sa come far morire un suo personaggio, allora va con la manager dapprima in un pronto soccorso, alla ricerca di moribondi, poi nei pressi di un cavalcavia, sotto la pioggia, osservando le macchine e cercando di capire come potrebbe morire il suo protagonista. Uno scrittore scioglie i nodi in questo modo, quando ha un problema escogita un metodo non convenzionale per risolverlo. Ecco perché i manuali di scrittura creativa non servono. Loro alla fine ti fanno riciclare tutto ciò che scrivi, quando la morale della favola è una sola:
tutto ciò che hai scritto fino ad ora è merda.

È difficile da accettare, ma una volta accettata questa possibilità, si è già un passo avanti, si studiano i consigli dati dai lettori (possibilmente gente competente, o almeno che sappia riconoscere un dialogo fintissimo da uno plausibile, e tutte le altre "banalità"), e ci si migliora. Si scriverà qualcosa di buono, ma non sarà ancora abbastanza. Non sarà mai abbastanza, per questo bisogna sempre migliorarsi. Gli scopi che io mi prefiggo sono i seguenti:
  1. Scrivere in un modo che catturi il lettore: l'abilità tecnica, seppur non a livelli di virtuosismi, non lascia insoddisfatto il lettore, che inconsciamente la riconosce e la apprezza, e si sente soddisfatto a metà, se la storia fa cagare.
  2. Raccontare una storia che abbia uno scopo: non è possibile inventare storie originalissime senza cadere nell'inverosimile. I Promessi Sposi sono verosimili, Come Dio comanda non lo è poi tanto, si nota infatti la presenza del dio macchinoso. Le storie possono non essere originali, ma devono far pensare, piangere, ridere, spaventare il lettore. Se lo lasciano indifferente, sorge una giusta domanda nel lettore: "embe'?" E questo porta lo scrittore a chiedersi: "Ma che cazzo ho scritto?"
Ho una certa esperienza nel campo della scrittura, dei racconti ecc. Questo equivale a dire: ho scritto la mia bella dose di cacca (comincio a censurarmi ☺), ora posso cominciare a scrivere come si deve.
Col tempo credo di aver sperimentato tutto ciò che di peggio si possa ottenere dalla scrittura. Banalità, errori di grammatica, errori di trama, cliché, touché, volèe, ecc. Quindi, in breve, posso essere capace di esporre il mio metodo.

Il metodo!
Ho o no la scaletta, non importa: io ho un'idea. So come si evolverà, e all'orizzonte intravedo il finale (che, come sempre accade, sarà diverso da come l'avevo immaginato). Comincio a scrivere. È inutile perdere tempo: la scaletta, gli appunti e compagnia si scrivono per gestire meglio una situazione in cui si è trovato il blocco. Una storia infatti può anche essere lineare, senza che richieda il bisogno di mille particolarità annotate da consultare in ogni momento.
Dopo aver scritto un po', mi fermo solo quando la scena è temporalmente finita. Questo mi influenza molto. Posso lasciare in sospeso una scena, riprendere il giorno dopo, finirla in due righe, e poi aver bisogno di un altro giorno o comunque di qualche ora per poter scrivere (decentemente) la scena successiva. Mi immedesimo nella storia e mi risulta difficile continuare a creare nuovi scenari, situazioni e stati d'animo del tutto diversi. Credo sia una cosa buona.
Ricontrollo a caldo ciò che ho scritto. Questo presuppone che durante la scrittura non mi sia lasciato sfuggire che il protagonista a pag 10 impugnava una spada e a pag 12 l'Infuocata Lancia del Destino solo perché mi fa comodo. Ma questo è da dilettanti: se si fa un errore simile, bisogna fare un po' più esperienza o rileggere con attenzione il racconto a freddo. Certo, i piccoli particolari possono sfuggire anche ai migliori, eh.
Ricontrollo a freddo ciò che ho scritto. Questo significa dopo un giorno o due - se si parla di un racconto. Se si parla di un romanzo, però, bisogna saper tenere man mano sott'occhio tutte le scene, in modo che nessuna risulti troppo instabile nella trama, e questo si può fare solo durante la stesura. Getterò un'ultima occhiata a romanzo finito, forse, ma la revisione a freddo va fatta dopo un po' di tempo, e in questo tutti concordano - ahimè, anche i manuali di scrittura.


Tuttavia, il "metodo" esistente, insegnato dai corsi di scrittura e similia è approssimativo: lo scrittore agisce per conto suo, ciò che conta è il risultato, dunque si potrebbe dire che il fine giustifica i mezzi.
Questo è solo il mio parere, ma non credo di essere tanto distante dalla verità.
Amen. ☺

martedì 3 giugno 2008

Il fantasy e il medioevo


Il Fantasy classico è quello che presenta uno sfondo medievale o pseudo-medievale. Lo conosciamo tutti, soprattutto chi ne è stato testimone, negli anni '80-'90, in cui si alternava il fantasy allo storico (Mago Merlino e Artù, Robin Hood, Fantaghirò...).
Quando sostengo che il Fantasy possa derivare dal romanticismo, credo di non errare dato che, come ho avuto modo di scrivere più di qualche volta, alcuni elementi che costituiscono la letteratura romantica sono epoca e luogo alternativi, privilegiando la Grecia classica o il Medioevo degli eroi come epoca, il lontano Oriente come luogo. Ma il romanticismo è caratterizzato anche - e soprattutto - dal nero, dall'ombra, dai mostri e dalla Bestia per eccellenza, dalla vaghezza di suoni e visioni, ovvero la luce che filtra da una finestra nell'oscurità, o il richiamo di qualche animale che echeggia nella notte. Dall'irreale, il misterioso, l'onirico.


Chiusa questa parentesi, il medioevo è spesso presente nei romanzi fantasy moderni, sebbene non manchino altri archetipi di epoche differenti, da cui generi come lo steampunk, il clockwork ecc.

È un po' difficile però parlare di coerenza storica col fantasy.
Si può creare infatti un'ambientazione tipicamente medievale ma che presenti elementi che "stonano" col resto. Per esempio, un cavaliere con una spada laser. Ha il suo fascino immaginare questi individui che, vestiti con maglia di ferro e mantello, davanti alle mura di una fortezza, vanno a uccidere le creature che infestano il regno mozzando loro la testa con la spada laser. Ci deve essere però una spiegazione a tale stranezza - e se invece tali stranezze abbondano, potrebbero rivoltare il genere, facendolo diventare fantascienza, magari.
Ma l'autore coerente, a mio parere, dovrebbe saper dosare le stramberie o perlomeno giustificarle.
Tuttavia, capita spesso di avere a che fare con fantasy semplicemente medievaleggianti, utopici e con l'aggiunta di elementi fantastici. Credo che sarebbe giusto per l'autore documentarsi riguardo all'archetipo di mondo che userà per le sue storie. Difatti ci sono parecchi "errori" e stonature nei mondi medievali illustrati da molti autori - sebbene sia diritto dell'autore rivendicare la sua ambientazione e infischiarsene delle critiche sterili, come questa. Benché si stia illustrando un mondo cronologicamente lontano dal nostro, la società e il pensiero degli uomini e delle donne non potrà mai essere simile al nostro. L'unica cosa su cui non c'è alcun dubbio è la natura universale dell'uomo, una φύσις comune a tutti, che caratterizza l'essere umano: egli, per esempio, è sempre portato alla speranza, e non compie mai alcuna azione sapendo che potrebbe fallire. Così, principi come la vita e la morte, la giustizia e la religione possono essere intuite e rappresentate facilmente nel mondo inventato.
Tuttavia esistono certi caratteri tipici del medioevo che molti autori ignorano.

Per fare alcuni esempi, nel medioevo la distinzione di classi era una cosa molto importante, al punto che è in questo periodo che nascono quei riti di buon comportamento nei confronti degli ospiti, la cortesia, ecc. Viene presa sul serio la parola dell'individuo, e il giuramento è di quanto più sacro ci sia, al punto che un cavaliere arriva a chiudere un occhio e giurare di non riaprirlo finché non avrà portato a termine la sua impresa. Allo stesso modo, i riti rivestono un'importante funzione, nel lutto o nella politica. E la mente dell'uomo medievale è paragonabile a quella di un bambino, ricca di pathos, di sentimenti profondi; la vita comunitaria medievale (a differenza della solitaria vita moderna) induceva quella gente a vivere tutti gli eventi in comune intimità, si soffriva e si gioiva insieme.
Non è difficile capire come mai nel mondo moderno non ci siano più principi, sogni, onore...

Personalmente, appoggio la cultura libera. Per quanto incompleta, la ricerca di informazioni su internet, se fatta bene, può rivelarsi migliore di un giro in biblioteca (se poi si vive in un paese piccolo come il mio, in cui la biblioteca fa pena, la ricerca su internet è l'unico mezzo disponibile). Non esistono informazioni privilegiate, l'importante, secondo me, è che siano giuste. Un corso sul medioevo allegato a Topolino, se contiene informazioni vere, ha più dignità di un qualsiasi opuscolo pubblicitario pieno di menzogne. Così documentari, film, ecc., se contengono le giuste informazioni, sono un utile mezzo per chi si vuole informare.
Secondo me, lo scrittore fantasy che vuole ambientare le sue storie nel medioevo può anche stravolgere l'ambientazione-archetipo, a patto che sia a conoscenza di ciò che sta stravolgendo.
Documentarsi è importante, anche se ciò su cui ci si documenterà non verrà sfruttato. A riguardo posso consigliare Autunno del medioevo, di Johan Huizinga, un testo molto interessante sull'età di mezzo. Non è l'unico, ce ne sono molti alla portata di tutti, più leggeri, ma se letto con interesse, Autunno del medioevo non deluderà. ☺

giovedì 22 maggio 2008

Arte e mestiere, tecnica e creatività


La questione è semplice: in ambito artistico, due aspetti della "produzione" vera e propria sono caratterizzati da due aspetti, quello tecnico e da quello creativo.
Avevo in mente questo post già da un po' di tempo, ma è stata un'intervista ad Andrea D'Angelo a farmelo riesumare.
Risponde D'Angelo:
L'arte è ciò che è innato e impulsivo, che ti spinge a volere una determinata cosa, a volerla fortemente e a volerla in quella forma artistica (a raccontare una storia per iscritto, ad esempio). Il mestiere è ciò che devi forzatamente imparare bene, se vuoi che la tua arte non ne esca svilita e inefficace.

Se ti piace scrivere, e hai una storia in mente che devi a tutti i costi far conoscere al mondo, devi prima imparare il "mestiere", altrimenti non concluderai niente.

La tecnica e la creatività sono sempre in conflitto. La giusta dose sarebbe metà e metà, ma, secondo il mio personale punto di vista, oggigiorno la bilancia penderebbe di più sulla creatività.
Mi spiego: come si possono spiegare i successi di alcuni romanzi tecnicamente scarsi? La mia risposta è: la volontà dell'autore traspare nelle pagine dell'opera.
Può sembrare abbastanza riduttivo, ma Stephen King in On Writing sostiene che ciò che scrivi deve piacere innanzitutto a te (la scoperta dell'acqua calda), perché se già tu non sei soddisfatto, il risultato si vedrà, e figuriamoci cosa ne penserà il lettore, che dovrebbe avere di regola meno entusiasmo rispetto allo scrittore.
Ma vale anche l'opposto. Se hai tanta volontà, sai di avere tante idee e sai che dovrai lavorare sodo per poter scrivere la tua storia, il lettore lo capirà e apprezzerà.
Ma la volontà non basta. Puoi avere la storia del secolo, ma se non hai tecnica è come conoscere il significato della vita ma non avere la bocca per comunicarlo agli altri.
La tecnica, però, è relativa a seconda del pubblico.
Già in questo post avevo trattato parte dell'argomento. Nel forum di un mmorpg, gioco ruolistico online, pubblicai un racconto ad esso ispirato. Un racconto abbastanza scarso, per la verità. La forma era corretta, niente strafalcioni, ma nel complesso era un'opera di bassa qualità - davvero bassa -, scritta apposta per quel tipo di pubblico - ovvero, un pubblico che accetta la storia come viene, senza farsi troppe domande sul realismo, sulla forma, e gustando puramente l'aspetto artistico, fantasioso. Ottenne un enorme successo.

Sebbene si parli di letteratura, il concetto vale anche per altre arti, affini e no.
Verga era un caprone: scrisse le sue prime opere coi piedi, e nessun editore voleva pubblicarlo, finché lo scrittore non si è seduto, gomiti sulla scrivania, ad imparare un po' di grammatica.
Giovan Battista Marino scrisse l'Adone (l'immagine del post), che potete liberamente leggere qui... se ne avete il coraggio. Dal punto di vista tecnico, è un inno alla poesia, una perfezione assoluta: un mattone di noia che fa crescere una barba così.
Mozart era un genio, musicò il Miserere dell'Allegri, brano il cui spartito non poteva essere diffuso e che durava 15 minuti, dopo averlo sentito una sola volta. Soffriva anche di coprolalia, gli piaceva dire tante cose sconce. Se impazzite e cominciate a bestemmiare a non finire, tranquilli: potreste essere dei geni.
E non bisogna dimenticare Paganini, virtuoso (in ambito esecutivo) del violino, e Lizst, altro virtuoso (in ambito compositivo) del piano, di fatti musicò molti brani di Paganini stesso, come La campanella ecc.
Bob Dylan aveva la musica nel cuore, e sebbene conoscesse quei pochi accordi, è diventato un grande della musica moderna. Kurt Cobain, idem. Oltre a drogarsi dava due spennellate significative alla chitarra, prima di fracassarla in un amplificatore, e Smells like teen spirit si trova al 9° posto tra le 500 canzoni più belle della storia, nell'elenco della rivista Rolling Stones. Eppure entrambi non avevano una grande capacità tecnica, di sicuro non quella di virtuosi come Steve Vai, Malmsteen o Petrucci.
D'altronde, Picasso sosteneva, in difesa del suo modo di fare arte, che non c'era gusto a dipingere ciò che si imparava alla bottega (o qualcosa di simile). Van Gogh, invece, era molto craetivo ed evocativo. Si ricordi l'autoritratto o la famosissima Notte stellata.

Il mio parere? Sono assolutamente a favore della tecnica. A meno che non ci si lasci prendere dal delirio giovanbattistamarinesco, acquisita la tecnica si è capaci di tutto. Credo che la creatività trovi una marcia in più con la tecnica. Un'esplosione di creatività, privo di tecnica, è un grido muto.

sabato 10 maggio 2008

Tecniche di scrittura: Il buonsenso

Il buonsenso esiste a dispetto, e non a causa, dell'istruzione. (Victor Hugo)

Per quanto importanti possano essere, la forma e il lessico non sono i fattori da cui dipende la qualità di un (buon) racconto.
Durante un racconto, rapito nella furia della narrazione, lo scrittore viene trascinato dal flusso creativo, e tutti gli eventi si srotolano sotto le sue dita finché non arriva un ostacolo. La trappola della verosimiglianza, che lo scrittore si è creato con le sue stesse mani. Ma quest'ostacolo non va aggirato: bisogna affrontarlo.
Parlo di quei momenti della storia in cui interviene un fattore che contrasta, per colpa solo nostra, col nostro volere narrativo. Esempio:
Stiamo scrivendo un thriller (parlare sempre di fantasy scoccia :P): il protagonista ha recuperato l'amuleto egizio perduto che andava cercando, e ora scappa dalla villa, ma si trova di fronte un cancello, e le guardie dietro.
Ora, poniamo una via: scavalca il cancello.
Mette l'amuleto in tasca, si aggrappa alle grate di ferro (ammesso che il cancello sia di ferro e con grate), arriva fin su e si getta dall'altra parte.
È una via plausibile, ma bisogna, prima di scrivere, analizzare certi aspetti: a) Il protagonista è ciccione e impacciato o magro e agile? Non ci vuole una laurea per scavalcare un cancello, ma non ci vuole nemmeno una laura per capire che la gente grassa tende ad essere poco agile. b) Il cancello, abbiamo posto di ferro, ha solo grate verticali? È più difficile scavalcarlo se non ci sono grate orizzontali in cui incastrare e poggiare i piedi. c) Le guardie quanto sono lontane? Sono armate? Ci sono ostacoli sul loro percorso? Se sono armate, spareranno. Se sono lontane, hanno più probabilità di sbagliare mira. Se ci sono ostacoli, perderanno più tempo e spareranno peggio. Ovviamente, è possibile che un colpo sparato a caso prenda in piena nuca il protagonista, così com'è anche possibile che il protagonista riesca a scavalcare e buttarsi dall'altra parte per poi slogarsi una caviglia e restare a terra.

Avremmo potuto porre altre vie. Il protagonista potrebbe essere armato, e per questo provare ad affrontare le guardie (se ci sono ostacoli dietro cui proteggersi, se è un discreto miratore, e se è scemo...)

Tuttavia, qualsiasi via scegliamo, ci saranno sempre ostacoli da affrontare. In realtà, è difficile che uno scrittore renda il proprio racconto davvero verosimile. Mi spiego: l'autore ha già una storia in mente, sa come procede e come finisce, dunque non c'è libero arbitrio per i personaggi, nell'universo da lui creato - ecco perché valuto utile scrivere solo parte della scaletta: una volta creati, i personaggi prendono vita e agiscono da sé.
Dunque, fissato il circolo entro cui l'azione del racconto si svolgerà, l'autore dovrà dare l'impressione che ciò che avviene sia ovvio e consequenziale alle azioni dei personaggi.
Tuttavia: se l'autore non ha una scaletta precisa, ma ha un'idea vaga di come si evolverà la storia, una volta trovatosi di fronte a ostacoli di coerenza non può aggirarli. Dare una padellata in testa non fa svenire manco un vecchio rimbambito: è un luogo comune e un non-uso di buonsenso. Così come le azioni al limite compiute da parte dei personaggi nel 90% delle storie, le azioni impossibili, come il salto del burrone verso la fine del film, o la donzella scema che spara a occhi chiusi e salva il buono dal cattivo che stava lì lì per freddarlo: tutto questo si chiama Idiozia nel primo caso, Deus ex machina nel secondo - ma è un'altra cosa, sebbene non molto distante da questa.
Quando s'incappa in queste situazioni, è sbagliato forzare la storia e farla andare così come avevate in mente. Questi ostacoli, quindi, devono necessariamente cambiare il procedere degli eventi, forse di poco, forse di molto, ma devono cambiarlo.

Lo stesso discorso degli avvenimenti vale per particolari più "tecnici". Per esempio (e qui entra un po' di fantasy), non ci vuole arte a capire che tagliare teste non è facile. Ricordo che stavo scrivendo un racconto, quando ero giuovane e scemo, e un personaggio si trovava a uccidere l'avversario, e pensai: "quanta forza ci vuole a tagliare via una testa?" Così, incredibilmente, usai un po' di buonsenso, e continuai a pensare: "Le ossa sono resistenti, mettiamo che un braccio sia resistente quanto un ramo d'albero: per tagliare il collo bisogna attraversare muscoli e nervi, tutti abbastanza elastici, arrivare all'osso con abbastanza forza da dividerlo in due e continuare per la metà rimanente; considerato che se prendi un'ascia e provi a staccare di netto un ramo dall'albero non ce la fai, perché mai un individuo normale dovrebbe riuscire a staccare la testa al nemico?" Così, il personaggio uccise il nemico senza staccargli la testa.
Un altro esempio: se il protagonista della scena thriller precedente avesse cominciato a sparare, avremmo dovuto tener conto di quanto è bravo a maneggiare le armi da fuoco, del rinculo, e del tipo di arma che impugna. Ma visto che non è normale usare armi da fuoco tutti i giorni, e quindi non si può parlare di esperienza empirica, ci si affida al buonsenso e all'esperienze di diversa natura: film (possibilmente realistici), videogiochi, e soprattutto questi ultimi sono imitazioni abbastanza fedeli della realtà, mondi metafisici che, in un certo senso, non sono più falsi di quello in cui viviamo - ma questo è uno sproloquio che non c'entra.

È anche vero, però, che non sempre il buonsenso basta a rendere coerente il racconto, e che spesso ci vuole quella che io chiamo "impulsività (narrativa)", di cui parlerò in futuro.
È tutto, grazie dell'attenzione. :)

mercoledì 7 maggio 2008

Svago: film, Alatriste


Proprio ieri sera ho visto un film, Alatriste - Il destino di un guerriero (questa italica aggiunta è ovviamente una truzzata per attirare spettatori). È un cappa e spada con Viggo Mortensen nei panni del protagonista: diciamocelo, Viggo è proprio un grande, non solo per la parte nel Signore degli anelli (prima di allora, sennò, chi lo conosceva? XD) ma anche per Hidalgo - Oceano di fuoco (fa tanto pistolero kinghiano) e molti altri film. La trama del film:
Spagna, XVII secolo. Diego Alatriste, un valoroso soldato sta combattendo una guerra nelle Fiandre al servizio del proprio re, quando l'amico e compagno d'armi sul punto di morte, gli chiede come ultimo favore di prendersi cura del figlio e di crescerlo come un soldato. Rientrato a Madrid però, Alatriste trova un regno in declino ed il suo sovrano impotente davanti a quello che sta accadendo...
Viggo è perfetto per la parte che interpreta - il guerriero che ne ha viste tante, vagabondo, carismatico. Del film ho apprezzato moltissimo i personaggi e le scene. La trama... insomma, non è un granché, o meglio, non avendo letto il libro da cui sembra sia stato "ispirato", posso supporre che la trama, originariamente buona, sia stata in seguito corrotta, come spesso succede. Ciò nonostante, mi sembra comunque una trama che va bene solo per mostrare le scene, i colori, i costumi - e questa non è una cosa brutta. Inoltre, sarò sincero, non l'ho seguita molto bene...
Personalmente, questo film mi è stato molto utile come ispirazione per l'ambientazione dei miei racconti (non basta leggere Dumas :D). Mi è sembrato infatti storicamente realistico - benché io non sia un esperto del campo.
Ho cercato qualche video su youtube, ma ho trovato solo trailer abbastanza scarsi, che mostrano principalmente ciò che la gente vorrebbe vedere - scene decontestualizzate - piuttosto che parti davvero belle (dal punto di vista artistico).
Per fortuna, ho trovato il video fatto da un tale, ispanico, che ha montato parti del film con un brano di chitarra (di un altro tale, Paco de Lucía, perdonate l'ignoranza ma non lo conosco, ancora). Il video inizia con un'inquadratura che mi era piaciuta molto: punto di fuga in fondo al corridoio di un chiostro, e Viggo che avanza e poi lancia verso la telecamera il cappello, preparandosi al duello (trallallèrolèrollà).

venerdì 2 maggio 2008

Foto: stregoneria!



Non so che tempo fa da voi, ma qui fa già un gran caldo.
Si avvicina l'estate, si sente il profumo delle piante, il sole tramonta tardi... E il periodo che precede le vacanze, si sa, è frenetico. Non posso assicurare, quindi, un aggiornamento costante del Rifugio. Ultimamente mi sto dando anche alla "fotografia" (da quando ho acquistato la nuova digitale, ché la vecchia era proprio scassata). Credo di non essere, però, un ottimo fotografo, visto che i soggetti sono sempre ottimi ma il risultato delle foto è... be', non il massimo. XD

Questa foto l'ho scattata il 1° maggio, c'era un bellissimo tramonto, che la macchina digitale - stregoneria - non ha saputo catturare in tutta la sua essenza. Ma dato che le cose che vediamo sono già un riflesso di quello che in realtà sono in senso metafisico, e dato che l'arte raffigura la copia della copia della realtà, prendete la foto per quello che è. :)

giovedì 24 aprile 2008

Tornato in patria

Sono tornato!
Sembra ieri, che scrivevo il post d'addio. E invece sono tornato, intatto. Difatti, dopo alcune turbolenze, appena l'aereo ha toccato il suolo e ha frenato fino a fermarsi, non ho potuto non gridare «Sani e salvi!» Ma continuiamo.
Il Belgio è un gran bel paese. Certo, non si può metterlo a confronto con l'Italia. Ma ciò che qui manca, lì c'è. Esempio: lì rispettano le regole, tutti. Salgono sul tram col biglietto - che fessi, tanto il controllore non c'è mai. Non passano col rosso, nemmeno i pedoni, anche quando non c'è una macchina a chilometri di distanza.
Tuttavia si fanno pagare anche l'aria. Tutto costa un sacco, e per pranzo mangiano panini (surgelati) "imbottiti" - si fa per dire - con mortadella (surgelata) e formaggio (surgelato) e qualsiasi altro ingrediente (surgelato), inumidito di nutrientissima maionese o ketchup. 3.90 € per un Chicken Cajun, un panino che mi sembrava raccomnadabile...: sapere che kip è pollo e kaas formaggio basta per sopravvivere. Ho molto apprezzato un brodo particolare con cipolla, verdure (che in verità non avevo neanche notato), e pezzi di pollo (kip, kip, kiiip!).
Un giorno ho chiesto dove fosse la fontana più vicina per poter riempire la bottiglia, e mi hanno risposto: «Hai intenzione di bere l'acqua delle fontane...?» alludendo ai monumenti. Mi hanno poi spiegato che se vuoi l'acqua, in Belgio, vai e la compri. Manco quella del rubinetto. Sob.
Un po' un problema per un tirchio come me.

Dire che i nordici sono freddi è scontato. In realtà è vero fino a un certo punto. Non gesticolano, non urlano e non danno pacche come noi italiani, ma è solo questione d'influenza. L'ultimo giorno addirittura ho trasportato uno di loro (abbastanza timido) a cantare al karaoke (addirittura!). Agli altri, invece, ho dimostrato l'affetto italiano - pacche, prese in giro e abbracci.
Mi mancano già tutti; le quattro ore di filmati, con la mia instancabile handycam, non sono state abbastanza. Spero di poter tornare.

Un fatto curioso.
Mi trovavo in una piazza, a Bruxelles, con gli altri amici. Uno di loro va a chiedere da accendere a un gruppo di ragazzi seduti contro la statua al centro della piazza. Torna da noi e dice che sono svedesi, hanno perso l'aereo e stavano aspettando lì... Erano in viaggio, stavano facendo il giro dell'Europa.
Credo sia una cosa tanto folle quanto geniale, il giro dell'Europa. Dal gusto un po' bohemien...
Ci sto facendo un pensierino.