sabato 28 aprile 2012

Impressioni | Il giorno in più (film)

fabio volo il giorno in più film recensione
Spronato dalla mia ragazza, ho deciso di vederlo (insieme a lei).
Flashback: di Volo ne avevo parlato quasi un paio d'anni fa (come vola il tempo!). In pratica dicevo che più che narrare lui butta giù quello che pensa così come gli viene, probabilmente senza rileggere, o forse rilegge, inserisce un aforisma rubato da Internet (true story), due termini poetici, e si compiace. Bum, capolavoro della letteratura italiana, millemila copie vendute a teenager e bimbeminkia (fino ai 40 anni).
Ecco il Palahniuk italiano.
Ecco la letteratura italiana. Volo, Moccia, Troisi.
Sigh.
Ma qui si parla del film.
Di film con Fabio Volo avevo visto Il bianco e il nero. Era estate, non riuscivo a prendere sonno, stavo un po' male con lo stomaco, qualche cocktail che non scendeva. Ma il film mi ha distratto, non mi è neanche dispiaciuto.
Insomma, Fabio Volo è meglio come attore che come scrittore.
Il film in sé non è male. Chiariamoci: è una storia d'amore, quindi si parla di "gusti" personali, cioè se non ti dispiacciono le storie d'amore allora ok, sennò non vale nemmeno la pena.
La trama non è delle migliori. Lui è uno stronzo bugiardo che incontra la donna che lo induce a cambiare. Stop.
Se fosse un libro di Nicholas Sparks, uno dei due farebbe una fine orribile a metà opera.
Se fosse un libro di Moccia, lei avrebbe 13 anni.
Volo ha perennemente la faccia da "orsetto bastonato" (un incrocio tra cane e orso, a causa della barba e la faccetta tonda), e il suo contributo al film è minimo. Isabella Ragonese (cioè la lei di turno) è già più credibile. Roberto Citran mi sembra l'unico attore che fa il suo mestiere, senza farti capire che sta recitando.
Per il resto siamo ai livelli di credibilità degli attori di Cento Vetrine.
Mi piace (parzialmente: le chiavi di lettura del film mi sembrano un po' una cazzata) la recensione di Marzia Gandolfi su MyMovies.it, condivido soprattutto questa parte:
Se Venier taglia e ‘affina' il qualunquismo letterario di Volo, legando in maniera efficace l'intreccio sviluppato tra Milano e New York, Il giorno in più resta una commedia conformista che non scontenterà nessuno, secondo un ecumenismo elementare che scioglie tutti i nodi e mette a posto tutte le tessere del puzzle.
Insomma, mi aspettavo ampi livelli di banalità, come quelli della prosa di Volo, ma mi sono ritrovato davanti a un film che in un modo o nell'altro riesce a prendere la storia del romanzo e a renderla guardabile e apprezzabile un po' per tutti, senza eccessivi tableflip.

Inutile dire che, di mia sponte, difficilmente avrei scelto di guardare questo film, se non in caso di estremissima noia.

venerdì 20 aprile 2012

Impressioni fulminanti | La morte di Ivan Il'Ic, di Tolstoj

La morte di Ivan Il'icIl mio professore di Psicologia Clinica consigliava di leggerlo, e io ho seguito il consiglio.
La morte di Ivan Il'Ic è un racconto di Tolstoj - un'ottantina di pagine. Tratta, come si potrà intuire, il tema della morte. E ora vi spoilero il finale: il protagonista muore!!!
No, seriamente. Il più delle volte sono scettico riguardo ai classici: quando ti va bene, la storia è buona e lo stile è pessimo. Di solito sono pessimi entrambi.
Devo ammettere che in questo caso, soprattutto all'inizio del racconto, mi son trovato di fronte a un umorismo macabro spiazzante, inaspettato per un classico, per giunta russo. Ho molto apprezzato. Il resto del racconto però è fermo su toni più seri e introspettivi: su IBS, fuori dai voti 5/5, mi ha interessato un parere 2/5:
è solo lo stillicidio della vita stessa. Ti invita sicuramente a riflettere, ma la negatività che pervade da ciascuna pagina è davvero asfissiante.
In effetti durante la lettura si vive l'angoscia del protagonista, più e più volte sottolineata dall'autore. Direi che si tratta di un racconto di formazione (Wikipedia ci informa che il racconto è stato scritto nel periodo di crisi spirituale di Tolstoj, se la cosa può interessare).
Lo Show, don't tell non è di casa, nel racconto - era immaginabile -, è tutto un tell non giustificabile nemmeno dalla prima persona, visto che è narrato in terza, con ampie digressioni temporali e salti.
Ad ogni modo l'ho trovata una lettura abbastanza interessante. A suo modo, Tolstoj è stato in grado (per quanto mi riguarda) a far vivere la situazione e i sentimenti del protagonista (cosa non facile, visto il tema trattato).
Non toglie molto tempo: dategli una chance.

sabato 7 aprile 2012

Impressioni | Cavie, di Chuck Palahniuk


Questo è il secondo romanzo di Palahniuk che leggo. Non sono il suo fan numero 1 (lo sto diventando già da Choke), quindi prendete i miei pareri per quello che sono.
Ho cominciato a leggere Cavie (titolo originale: Haunted) dopo aver letto degli effetti, ehm, "psicosomatici" (leggasi: svenimenti e impellenti bisogni organici) indotti dai reading del primo racconto di questo romanzo, Budella (Guts). Una narrazione così potente, al punto da far svenire, dev'essere magistrale. Questo viene da pensare! E pare anche un'ottima pubblicità per l'autore.
Ho cercato un po' sul web qualche recensione, e ho trovato molti - troppi - pseudo-intellettuali, i soliti scrittori che estrapolano grande arte e filosofia anche quando non dovrebbero (e lo fanno col grande stile dei refusi e simili). Ma devo ammetterlo, Cavie si presta (come ogni romanzo di Palahniuk) a "interpretazioni" di livello più alto; non campate in aria, ma l'esplicito messaggio che traspare dalla storia.
Si può riassumere come un Decameron macabro. Anche se fino alla fine ho pensato di non essere stato attento durante la lettura, ho scoperto che no, in effetti, l'uso della prima persona per tutto il romanzo non è riferito a un personaggio specifico. Ad essere sinceri, dapprima il narratore dice di essere San Vuotabudella, poi però parla di quest'ultimo in terza persona e per il resto del romanzo la prima persona rispecchia il pov del personaggio protagonista di ogni racconto.
Ad ogni modo, pare che non sia il miglior romanzo di Palahniuk, così dicono. Rispetto a Choke, in effetti, Cavie mi è sembrato meno coinvolgente. La linea principale della storia (gli scrittori rinchiusi nel teatro, ognuno con una propria storia, in risposta a un appello che offriva un "Rifugio per scrittori") non è molto interessante. Lo sarebbe se non fosse che il fulcro dell'opera sono i (numerosi) racconti, che distolgono un po' l'attenzione, e sono in effetti narrati in maniera più coinvolgente rispetto alla linea principale.
La parte della storia che riguarda la prigionia degli scrittori è scritta in un modo "esagerato". L'autolesionismo e i pensieri di fama portati all'estremo vengono amplificati e resi macabramente comici, ma allo stesso tempo risalta lo squallore del pensiero moderno, l'insoddisfazione dell'uomo. Questo elemento di esagerazione e satira, in un primo momento, non lo avevo colto, o meglio, non pensavo fosse il motivo di quello stile.
Mi sembrava verosimiglianza a bassissimo livello, più da telefilm che da romanzo. Rappresentazione distaccata dell'orrido intesa come strategia atta a voler sconvolgere il lettore con la freddezza ma invano, un tentativo fallito che risulta solo poco evocativo. Poi ho capito che l'intenzione era appunto quella della "tragicommedia" (in senso molto lato, lasciatemelo dire) e nessun'altra. (Credo.)
I racconti sono belli; certo, alcuni - come quello di San Vuotabudella - sono molto più belli di altri, ma ognuno ha un suo perché. C'è un'alta dose di surreale, laddove l'argomento non è il sesso. Ma i nuclei di tutte le storie sono la morte e i paradossi della società moderna. In certi momenti, ho pensato di stare leggendo vagamente uno Stephen King dallo stile più asciutto.
Cavie non sarà il migliore romanzo di Palahniuk, lo riconosco; senza dubbio però questa è un'affermazione banale, dato che il peggior Palahniuk sarà sempre diversi gradini al di sopra di molti scrittori.

martedì 3 aprile 2012

Impressioni | Spartacus

spartacus starz streaming sub ita
Siamo ormai grosso modo al terzo anno, con la terza stagione [inclusa quella mini]. Avrei dovuto parlare di questa serie già dalla prima stagione, ma solo gli dèi sanno perché non l'ho più  fatto. Visto che siamo all'ultima stagione, tanto vale farlo ora.
Diciamo che è una serie che è passata un po' inosservata, rispetto ad altre. Viene trasmessa su Starz, un'emittente americana che, a dirla tutta, ha un format abbastanza di merda - vedasi Camelot, che guarda caso hanno anche cancellato.
La trama riguarda appunto l'eroe eponimo (chi l'avrebbe mai detto?), Spartaco, lo schiavo proveniente dalla Tracia che si ribellò all'Impero con un seguito di schiavi, dando non poco filo da torcere a Roma. Questo è il caso di dirlo:

La serie però non è proprio storicamente esatta [per precisazioni su esattezze storiche, oplologiche e via discorrendo chiedete a Zwei]. Si dà risalto principalmente all'ingiustizia della schiavitù e al significato della liberà. Questo è un buon pretesto per una serie infinita di scene oltremodo violente, che farebbero felice il nostro Zweiavvocato: alle volte invece la violenza non è giustificata, ma è lì perché sì. Ghiandole mammarie e falli non mancano, e sovente si ha addirittura l'accoppiata sangue/eros, per accontentare proprio tutti.
Si sarà capito che il livello di trash è alto.Nella prima stagione, Spartacus Blood and Sand, si colgono ammiccamenti a 300 per quanto riguarda la grafica. Il sangue è copioso oltre la verosimiglianza, sia come effetto di scena che come aggiunta digitale sfacciatamente bidimensionale; se il tutto viene accoppiato allo slow-mo il risultato è quasi fanservice allo stato puro. In Spartacus Vengeance gli aspetti trash si riducono sigificativamente. Il povero Andy Whitfield, il primo Spartaco, è deceduto dopo la prima stagione. Era un attore davvero bravo e bello. C'è da dire che il suo sostituto, Liam McIntyre, è la sua copia sputata, ma non so perché, ciò nonostante ritengo che Whitfield fosse migliore. Più bravo, più bello.
Potrei aver dato l'impressione di una vaccata trash, ma così non è. Lo sviluppo della trama è buono, piuttosto veloce, con colpi di scena e cliffhanger per ogni puntata. Se vi piace la storia antica, le sboronate di gloria, onore, libertà, amore, condite con muscoli, sangue, tette e ancora sangue, Spartacus è un must.