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mercoledì 11 giugno 2008

Scrivere un romanzo


Molti arrivano a questo blog cercando "come scrivere un romanzo". Peccato nessuno scriva "come scrivere un romanzo decente".
Se sapessi come scrivere un romanzo decente, di sicuro sarei ricco perché avrei pubblicato tonnellate di best-seller, o comunque di sicuro non starei a sbandierarlo in pubblico.

Ma dato che da alcuni giorni ho abbastanza tempo per me, ho cominciato (continuato) a scrivere un romanzo su cui stavo lavorando di scaletta. E ho pensato che sarebbe bello dire che "metodo" uso, come scrivo ecc.

Cominciai a scrivere questo romanzo l'estate scorsa. Non avevo una scaletta precisa, ma molte idee. Scrissi di getto, arrivando a 40 pagine circa (non ricordo quante cartelle). Mi allontanai quindi dal lavoro per colpa di altri impegni. Ripresi, scrivendo altre 20 pagine. Un totale di 60. Guardavo indietro alle altre pagine e mi dicevo: "Hm, non male", però non ero soddisfatto. Allora cosa ho fatto?
Ho distrutto tutte le 60 pagine e ho ricominciato il romanzo in medias res. Avevo notato che la storia era noiosa, all'inizio, e appassionava soltanto me. Sapevo che a qualsiasi altro lettore sarebbero cadute le palle (o le ovaie).
Ho cominciato a narrare gli eventi a partire dalla fine del vecchio frammento - ovvero dove mi ero fermato. Tutto quel malloppo, infatti, non era colmo di eventi particolarmente interessanti, o meglio, erano essenziali alla trama e significativi, ma non potevo portare allo stesso livello il tempo della storia e tempodel racconto: non ne valeva la pena. In una scena ho approfittato a riassumere quelle 60 pagine in una mezza pagina con un "abile" discorso diretto da parte del protagonista.
Questo cosa mi ha fatto imparare? Che bisogna essere sempre pronti a rinunciare a ciò che si è scritto, cestinarlo se necessario, riscrivere, sempre con più grinta.

All'inizio del romanzo non avevo una scaletta, poi ne ho creata una (dopo la cancellazione delle 60 pagine), indicando gli eventi principali dividendo e nominando tutta l'opera in quattro parti. Quindi ho cominciato a scrivere un riassunto per ogni parte... ho cominciato con la prima. Non mi ha convinto. Mi sono scervellato.
L'ho cestinata.
Ieri ho scritto una ventina di pagine come input, per dare una carica alla molla e far partire la trama - e questo è stato più produttivo di qualsiasi riassunto organizzativo. Non sarei mai riuscito a scrivere 20 pagine con una scaletta perché, sebbene aiuti, ti dà un inizio e una fine, ma tu non sai cosa c'è in mezzo, e ti blocchi. In compenso, scrivere sapendo a mala pena da dove cominciare, ti porterà a non sapere dove andrai a finire.
Ma il fatto è: non esistono tecniche specifiche, soluzioni migliori o peggiori. Sono sempre più convinto che la parte più divertente del "lavoro" (non retribuito) dello scrittore consista in una serie di scelte. Nel film Vero come la finzione, la scrittrice (pazza, tutta particolare, interessante) non sa come far morire un suo personaggio, allora va con la manager dapprima in un pronto soccorso, alla ricerca di moribondi, poi nei pressi di un cavalcavia, sotto la pioggia, osservando le macchine e cercando di capire come potrebbe morire il suo protagonista. Uno scrittore scioglie i nodi in questo modo, quando ha un problema escogita un metodo non convenzionale per risolverlo. Ecco perché i manuali di scrittura creativa non servono. Loro alla fine ti fanno riciclare tutto ciò che scrivi, quando la morale della favola è una sola:
tutto ciò che hai scritto fino ad ora è merda.

È difficile da accettare, ma una volta accettata questa possibilità, si è già un passo avanti, si studiano i consigli dati dai lettori (possibilmente gente competente, o almeno che sappia riconoscere un dialogo fintissimo da uno plausibile, e tutte le altre "banalità"), e ci si migliora. Si scriverà qualcosa di buono, ma non sarà ancora abbastanza. Non sarà mai abbastanza, per questo bisogna sempre migliorarsi. Gli scopi che io mi prefiggo sono i seguenti:
  1. Scrivere in un modo che catturi il lettore: l'abilità tecnica, seppur non a livelli di virtuosismi, non lascia insoddisfatto il lettore, che inconsciamente la riconosce e la apprezza, e si sente soddisfatto a metà, se la storia fa cagare.
  2. Raccontare una storia che abbia uno scopo: non è possibile inventare storie originalissime senza cadere nell'inverosimile. I Promessi Sposi sono verosimili, Come Dio comanda non lo è poi tanto, si nota infatti la presenza del dio macchinoso. Le storie possono non essere originali, ma devono far pensare, piangere, ridere, spaventare il lettore. Se lo lasciano indifferente, sorge una giusta domanda nel lettore: "embe'?" E questo porta lo scrittore a chiedersi: "Ma che cazzo ho scritto?"
Ho una certa esperienza nel campo della scrittura, dei racconti ecc. Questo equivale a dire: ho scritto la mia bella dose di cacca (comincio a censurarmi ☺), ora posso cominciare a scrivere come si deve.
Col tempo credo di aver sperimentato tutto ciò che di peggio si possa ottenere dalla scrittura. Banalità, errori di grammatica, errori di trama, cliché, touché, volèe, ecc. Quindi, in breve, posso essere capace di esporre il mio metodo.

Il metodo!
Ho o no la scaletta, non importa: io ho un'idea. So come si evolverà, e all'orizzonte intravedo il finale (che, come sempre accade, sarà diverso da come l'avevo immaginato). Comincio a scrivere. È inutile perdere tempo: la scaletta, gli appunti e compagnia si scrivono per gestire meglio una situazione in cui si è trovato il blocco. Una storia infatti può anche essere lineare, senza che richieda il bisogno di mille particolarità annotate da consultare in ogni momento.
Dopo aver scritto un po', mi fermo solo quando la scena è temporalmente finita. Questo mi influenza molto. Posso lasciare in sospeso una scena, riprendere il giorno dopo, finirla in due righe, e poi aver bisogno di un altro giorno o comunque di qualche ora per poter scrivere (decentemente) la scena successiva. Mi immedesimo nella storia e mi risulta difficile continuare a creare nuovi scenari, situazioni e stati d'animo del tutto diversi. Credo sia una cosa buona.
Ricontrollo a caldo ciò che ho scritto. Questo presuppone che durante la scrittura non mi sia lasciato sfuggire che il protagonista a pag 10 impugnava una spada e a pag 12 l'Infuocata Lancia del Destino solo perché mi fa comodo. Ma questo è da dilettanti: se si fa un errore simile, bisogna fare un po' più esperienza o rileggere con attenzione il racconto a freddo. Certo, i piccoli particolari possono sfuggire anche ai migliori, eh.
Ricontrollo a freddo ciò che ho scritto. Questo significa dopo un giorno o due - se si parla di un racconto. Se si parla di un romanzo, però, bisogna saper tenere man mano sott'occhio tutte le scene, in modo che nessuna risulti troppo instabile nella trama, e questo si può fare solo durante la stesura. Getterò un'ultima occhiata a romanzo finito, forse, ma la revisione a freddo va fatta dopo un po' di tempo, e in questo tutti concordano - ahimè, anche i manuali di scrittura.


Tuttavia, il "metodo" esistente, insegnato dai corsi di scrittura e similia è approssimativo: lo scrittore agisce per conto suo, ciò che conta è il risultato, dunque si potrebbe dire che il fine giustifica i mezzi.
Questo è solo il mio parere, ma non credo di essere tanto distante dalla verità.
Amen. ☺