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venerdì 16 gennaio 2015

Impressioni & considerazioni | Un'impresa da eroi, di Morgan Rice + fantatrash e social network

morgan rice amazon quest of heroes impresa da eroi fantasy trashNell'ultimo post abbiamo parlato (ok, io ho parlato, poi nei commenti ne abbiamo discusso) dei lit-blog prezzolati, cioè di gente che parla bene di certi romanzi solo per accattivarsi la simpatia di case editrici e farsi inviare romanzi gratuitamente.
Poi si è parlato anche di valutazioni sui social, di troppe stelline per opere che non ne valgono neanche una, con un interessante approfondimento di Tapiro e la sua esperienza personale.
Questo romanzo è uno di casi suddetti.
Il fantatrash non è una novità, né lo sono le valutazioni pompate sui social. Già secoli fa, before it was coolZweilaywer aveva dimostrato gli intrallazzi che avvenivano su Anobii, ovvero valutazioni positive effettuate presumibilmente da case editrici o relative scimmie ammaestrate che si avvalevano di account fake (addirittura corredate da recensioni che simulavano veramente un'identità autentica dietro quei nick) per aumentare la valutazione media di un'opera, e far credere che fosse un bestseller o giù di lì.

Ho scoperto Morgan Rice (ammesso che sia una persona vera e non un software che genera frasi sensate secondo un pattern prestabilito - true story, Turing sarebbe contento di dove siamo arrivati) su Amazon e Goodreads. Come ho già detto un fantastiglione di volte, io ho un serio problema psichico, cioè mi piace il Fantasy, e non me ne spiego il perché. Vorrei tanto leggere una saga fantasy ignorante, alla Dragonlance, stereotipata, stilata col manuale di D&D accanto; a patto che sia scritta sufficientemente bene da un punto di vista stilistico, e che trasmetta un minimo di sense of wonder. Mi illudo di poterla trovare, ma ogni opera che provo è un prevedibile fail, ogni Fantasy è peggiore dell'altro. Il binomio Fantasy - Schifezza colossale sembra impossibile da spezzare. Le eccezioni sono rarissime o comunque è possibile trovare "il meno peggio", come Martin o Abercrombie, che comunque non eccellono quanto a stile. Non parlo di Fantasy in senso lato, parlo di Fantasy nel senso più gretto e abominevole che trova parte del suo significato nel nome "Heroic Fantasy", cioè banalissimi razze e classi che vedono gente e fanno cose in un'ambientazione inventata. Tipo Morrowind Oblivion Skyrim o l'ultimo Elder Scrolls a cui siamo arrivati, per avere un'idea.

Due parole sull'autrice di questo romanzo. Viene spacciata per:
(...) the #1 bestselling author of THE VAMPIRE JOURNALS, a young adult series comprising eleven books (and counting); the #1 bestselling series THE SURVIVAL TRILOGY, a post-apocalyptic thriller comprising two books (and counting); and the #1 bestselling epic fantasy series THE SORCERER’S RING, comprising thirteen books (and counting). Morgan Rice is a USA Today Bestselling author.
(citazione dal suo sito) Va da sé che questa persona probabilmente non esiste, e se esiste non vuole far sapere chi sia veramente, dove vive, che faccia abbia: è comprensibile, anche io mi vergognerei a pubblicare Fantasy (Fantasy come questo, soprattutto) col mio vero nome, preferirei anzi scrivere letteratura erotica senza pseudonimo, piuttosto che scrivere "una saga fantasy di grande successo". Oltretutto il suo nick (perché mi rifiuto di credere che sia il suo vero nome) ricorda Anne Rice, tra gli autori di punta della moderna letteratura gotica e di vampiri (fun fact: Ann Rice è anche autrice di romanzi erotici), e Morgan Rice millanta di essere #1 bestselling author di The vampire journals. Coincidenza? Io non credo #adamkadmon #gomblotto #vampiri.

Due parole sul romanzo, perché di più davvero sarebbero sprecate.
Fa schifo. Fa così schifo che non meriterebbe nemmeno il tempo necessario per un paio di righe.
L'ebook è pieno di refusi. Lo stile è terribile. I dialoghi sono ridicoli. La trama è inesistente. I cliché si sprecano.
Neanche impegnandomi riuscirei a scrivere così male.
Ho annotato, durante la lettura, una ventina di citazioni da usare qui a titolo di esempio, ma il romanzo è così insulso che questo stesso post non avrebbe motivo di esistere, se non fosse per le considerazioni aggiuntive a quest'esperienza di lettura.
Questo romanzo, A quest of heroes, in italiano Un'impresa da eroi, è il primo di una saga, dicevamo. Apro e chiudo parentesi: A quest of heroes. In una classifica di cliché fantasy potrebbe essere al 2° posto, dove al 1° troviamo Dungeons and Dragons. Ricorda persino quel gioco da tavolo, di "ruolo", anni '80-'90, Heroquest. Chiudo parentesi.
La saga si chiama The sorcerer's Ring (dont' ask). Finora sono stati scritti 17 volumi, dio solo sa come. E proprio a questo riguardo, è interessante addentrarsi nella palude mefitica in cui Zwei ha avuto il coraggio di sguazzare a naso tappato già anni fa.
La valutazione di questo romanzo, primo della saga, su Goodreads, è di 3,43/5, con 6.407 ratings e 563 recensioni (ovvero: seimila e passa persone hanno cliccato sulla stellina corrispondente al voto, ma solo cinquecento e qualcosa hanno anche lasciato due parole o più a riguardo). Una buona via di mezzo che non fa presumere una schifezza di romanzo né un capolavoro. Eppure è evidente che il romanzo di per sé faccia schifo. E lo squilibrio tra votazioni e recensioni è evidente. Tra i recensori che hanno dato 1-2 stelle, ci sono quelli che dicono le cose come stanno, e ci vanno giù pure molto leggeri, a mio avviso:

This book was terrible! I was initially not going to be so mean in my review, but it did something at the end that was really unacceptable. I'll get to that in a bit. (...)
Nonostante la recensione, ha valutato 2/5.
Sentiamo David:
To be honest I am just so happy to see that the goodreads community is a much better judge of good writing than amazon. It's mind-boggling how many good reviews this and Rice's other books have received there. The fact that these reviews are better written than the books themselves should tell you all you need to know. I've asked myself quite a few times throughout this series if it's worth putting up with the horrendous writing to satisfy my curiosity of the plot lines. The answer is a resounding NO, but as I had already bought the series I felt compelled to. Throughout the books you see themes and even lines stolen from other fantasy writers and movies - Sword in the Stone, the Dark Knight, Spiderman, the Three Musketeers "We are one for all, and all for one" ... seriously?!
Voto: 1 stella (notare come questa recensione suggerisca la possibilità di un software generatore casuale di frasi, piuttosto che una persona in carne e ossa, verso la fine). Il grassetto è mio. Emblematico il fatto che l'utente non si spieghi l'alto numero di recensioni positive su Amazon. E soprattutto, tenete a mente il secondo grassetto: "... Ma avevo già comprato la serie è mi sono sentito costretto."
Un altro, Mark, per cui provo sincero dispiacere, come anche per David:
Dear God...I expected so much more from a coming of age warrior. I purchased the 3 book bundle.
Cioè pure questo qua ha addirittura comprato i romanzi. E continua, il povero Mark:
Weak. Read at your own peril. I'm going to keep reading the series till he at least becomes a warrior. 3 books in and he's still useless. Reminds me of Van from FF12. Never have a read a book with a character that angered me more - you want to be a great Knight and Warrior? Be a Man. Grow up. Thor doesn't deserve the name of the God of Thunder. How this series got published I will never know. Gives me hope that my own book will one day be published.
Ricordate quando nel post sui lit-blog prezzolati parlavo di dissonanza cognitiva? Ecco che si ripresenta.
David semplicemente si sente costretto, lo confessa subito.
Mark invece vede il bundle, tre titoli in offerta. Ci spende dei soldi perché conviene. Li legge tutti in un giorno, ne è delusissimo (una cavolo di stella, gli dà, una!!). Cosa fa? Cognitivamente, ha due opzioni:
1) ammettere di aver gettato il denaro nel cesso e aver tirato lo sciacquone;
2) sperare che l'investimento iniziale possa essere ricompensato, nei volumi successivi, da un'evoluzione della storia che possa soddisfarlo un minimo (quanto basta per dirsi: "ok, non è granché, però..."). In pratica, un comportamento (comprare il bundle di tre o più volumi) è dissonante con la cognizione (il romanzo è una merda), e porta a un cambiamento della cognizione (vabbè, magari dopo migliora, quando diventa guerriero). Ricordate? La volpe e l'uva? Quella è la dissonanza cognitiva. Bam! Scienza.


E via discorrendo, c'è una sfilza di 1/5. A parte i troll o semplicemente gli account fake che danno 4 o 5. C'è persino chi, a giudicare da quanto dice nella recensione, è un amante naïf del fantatrash e ritiene buone delle opere che di per sé sono terribili, e come se non bastasse dà 1 stella a questo romanzo. Della serie: sì, va bene, mi leggo lo schifo, ma a tutto c'è un limite.
Com'è possibile, allora, che la valutazione strida così tanto con le opinioni di maggioranza che vogliono questo romanzo come "terribile", se non peggio? Addirittura un'autrice famosa (non per me, non bazzico le robe vampiresche young adults), Allegra Skye, si espone con un blurb secondo cui Morgan Rice è al livello di Tolkien, Paolini (LOL), Rowling.
Ma la cosa che mi perplime di più è: come diavolo ricavi 17 dannati libri dopo un'esperienza disastrosa già col primo? Perché i volumi successivi non solo esistono, ma sembrano avere anche un seguito, oltre che valutazioni non indifferenti.
Con la (mia personale) premessa malvagia secondo cui non è assolutamente possibile che questa saga possa essere definita neanche lontanamente accettabile (ma proprio no, questa saga è uno scherzo, sarà un esperimento sociale o non so cosa), ho fatto due più due e ho pensato che all'aumento del numero dei volumi (inteso come romanzi della saga, non come unità di produzione), corrisponderebbe, viste le recensioni negative, una diminuzione dei lettori (cioè: il primo volume si può leggere col beneficio del dubbio, quindi lo leggono, per dire, in 100, poi in 50, poi in 20, cioè o lo si abbandona o, se uno vuole farsi male, continua col secondo, al massimo il terzo se uno ha comprato il bundle e si sente costretto, ma insomma: dato che fa schifo, è improbabile che una persona sana di mente continui a leggere gli altri volumi fino addirittura al 17°, per quanto brevi siano, a meno che uno non voglia farne delle recensioni for the lulz come hanno fatto in passato Zwei o Gamberetta o Knight & Princess.).
Mi sono quindi divertito a riportare su un diagramma cartesiano due variabili, il "numero del volume" e la relativa "valutazione su Goodreads" (il riferimento è al 15/01/2015, qui lo screenshot dimostrativo, per quel che vale), presumendo che nel primo volume emerga la verità della gente che ha speso tempo per scrivere recensioni dettagliate (cioè che fa schifo), e che costituirebbe, se non la maggioranza, un buon numero che contrasta le valutazioni fake, e che nell'ultimo volume o giù di lì emerga la manovra di marketing delle review false (risultando quindi in valutazioni maggiori, perché pochissime persone si saranno prese la briga di valutare quelle opere che verosimilmente non hanno affatto letto).
Il grafico che ho ottenuto è questo (cliccare per ingrandire, ma l'andamento è evidente anche senza zoom):


Chiunque bazzichi la statistica e la ricerca scientifica in generale sa benissimo che "la relazione non implica la causazione". Sarebbe però curioso notare come la mia teoria "biasimatrice" (diciamo pure che voglio vederci del male) verrebbe confermata da questi dati. Sarebbe però anche corretto dire che è anche probabile che l'autrice sia migliorata volume dopo volume, e di conseguenza i voti maggiori corrispondono a una maggiore cura e qualità delle storie (*prrrr*, pernacchia comica in sottofondo).
Tuttavia, si potrebbe (non lo faccio perché nessuno mi paga, non ho ads sul blog, e quindi neanche ho tempo da perdere per romanzi merdos miserabili come questo) incrociare il numero di votazioni singole col numero di recensioni testuali abbinate a votazione, standardizzare i punteggi, o semplicemente stilare una banale media che constaterebbe come il 90% di recensioni testuali coincida con votazioni di 1 o 2 stelle al massimo, dimostrando che chi ha seriamente letto il romanzo e ha voluto farne una recensione, lo ha trovato pessimo.

Il discorso "capiscimi, ho famiglia, devo campare" dietro cui si cela la malsana abitudine a falsare i giudizi su un'opera è comprensibile, ma non per questo perdonabile, e ci sono due motivi semplicissimi per cui si può evitare di fare questi giochetti squallidi e comunque riuscire a vendere dei romanzi.
Prima di tutto: non pubblicare romanzi di merda. Se un editore si impegna a pubblicare romanzi buoni, ma buoni davvero, cioè (per citare Tapiro) da 3,5 stelline autentiche, non 3,5 che sono la media tra 1 e tanti 5 fake, se un editore si impegna allora venderà anche di più. Un bel romanzo attira più gente di un brutto romanzo. È vero, anche il trash attira, tutto fa brodo, "purché se ne parli". Ma non ha alcun senso! Quale editore malato decide di basare la sua strategia di vendita su un prodotto scarsissimo? Non è come una cover per smartphone, presa dai cinesi, che se si rompe vabbè, tanto la paghi 1€, è carina tanto quanto quella da 20€, la sostituisci e via. Un romanzo richiede denaro e tempo, e non assolve alcuna funzione oltre al puro intrattenimento intellettuale. Se fallisce anche in quello non ha alcun motivo di esistere.
Un altro motivo (ce ne sono a bizzeffe ma mi fermo a due) per cui è squallido pubblicare romanzi palesemente scarsi e, a peggior ragione, spingere con recensioni positive fasulle, è perché non accada ciò che hanno testimoniato Mark e David. Questi due ragazzi si sono pentiti di aver speso dei soldi per quest'opera (o bundle che sia), e si sono visti costretti a continuare la lettura per dare un senso a ciò che hanno fatto.

venerdì 19 dicembre 2014

Rant | Sui lit blog prezzolati

Nella serie tv Community, in certi episodi compaiono alcune brevi gag che ritraggono Leonard, un vecchio pazzoide, che fa delle recensioni di cibo su Youtube riguardo a patatine o pizze surgelate.
Di per sé è già molto divertente, perché in pratica recensisce prodotti presi al discount, accessibili a tutti e la cui recensione non è granché utile. La cosa più divertente è che i pareri di Leonard sono positivi e banalissimi. Le patatine sono croccanti e salate, della pizza apprezza il formaggio. Cose del genere. Ecco un esempio (se state leggendo questo post tipo dal 2015 in poi, il link probabilmente non sarà più valido: cercate "Leonard's food review").
Ora tenete un attimo da parte il simpatico vecchio Leonard. Lo riprenderemo tra un minuto - avrete già capito dove voglio andare a parare, lo so.
Il pubblico maschile lo ignora, ma l'internet è pieno - Youtube soprattutto - di ragazze (e ragazzi) con dei propri canali/pagine/blog in cui parlano di make up: chi fa tutorial, chi fa sistematiche recensioni di rossetti, ombretti, matite per occhi, ciglia finte, creme viso, bagnoschiuma, shampoo ecc. Alcune di queste persone riescono a ottenere migliaia di visualizzazioni sul tubo, e ciò permette due cose: 1. Guadagnare visibilità per sé in maniera tale da risultare appetibile ad aziende che possono usarti come testimonial o per altre cose, tipo assumerti; 2. Guadagnare attraverso le visualizzazioni.
Guadagnare con Youtube è difficile. Non ci si sveglia la mattina e si decide di far soldi coi video sul tubo. Il guadagno può diventare notevole nel momento in cui si raggiunge il centinaio di migliaia di visualizzazioni, e ciò richiede un impegno assurdo, una dedizione pressoché completa alla condivisione sui social, uno spremersi di meningi per produrre contenuti originali e interessanti. C'è chi riesce a "impegnarsi di meno" coi reality vlog, raccontando cosa ha mangiato a pranzo e dove andrà in vacanza a Natale.
In ogni caso, il tempo richiesto è immane, è un lavoro full time che prevede ideazione, creazione, montaggio, diffusione, programmazione nel tempo per garantire una sistematicità per mantenere gli utenti iscritti, ecc. È un lavoro vero e proprio, le scadenze e il numero delle visualizzazioni mettono ansia e i commenti degli haters possono rovinarti la vita - le persone sanno essere davvero meschine.
Perché racconto tutta questa tragedia?
Perché mi piace drammatizzare.
Torniamo a noi. Come i/le suddetti/e vlogger, esistono gli equivalenti letterari, anche se molto più di nicchia.
Ora, io non frequento questi blog, perché quelli che frequento costantemente non seguono una politica come quella delle fashion blogger. Per esempio, Tapiro sul suo blog pubblica la roba che ritiene interessante, spesso roba poco conosciuta o demodé, e pubblica più o meno quando gli pare. Ho preso lui come esempio, anche se in effetti segue una linea ben precisa ("una vetrina di libri curiosi"), ma seguo anche altri blog (per esesempio Il sociopatico) che ritengo interessanti al di là delle scelte tematiche o della sistematicità con cui postano (sono iscritto via mail), semplicemente perché mi interessa il loro punto di vista o anche solo mi piace come scrivono.
Adesso vi racconto un fatterello che unirà tutto questo pastrocchio di Leonard con le pizze congelate, fashion blogger, literary blog e Tapiro.
Dovevamo cercare un libro da regalare a un amico di famiglia. La mia prima proposta era di regalargli qualche ebook, giacché possiede un eReader (l'emozione di aprire un regalo digitale non è inferiore a quella di scartarne uno materiale: grazie a dio le wishlist di Amazon e simili risolvono il problema dei regali ben impacchettati ma sgraditi che costringono a sorrisi finti come banconote da un euro; e poi chiedete ai gamer se preferiscono un paio di calze o un regalo da Steam).
Ho cercato informazioni su quale romanzo fosse più indicato come regalo, nel periodo di Natale. In teoria doveva essere semplice come pescare con le bombe. Del tipo bestseller assicurati, non per forza premi Pulitzer, bastavano anche solo letture abbastanza buone da spenderci qualche ora. Persino roba scarsa-ma-famosa-di-cui-tutti-parlano.
Mi sono imbattuto in blog che non pensavo esistessero. Blog che seguono dinamiche come quelle delle fashion blogger. Dovete sapere, infatti, che alcune fashion blogger che diventano abbastanza popolari ricevono regali da parte delle case produttrici, così da poterne fare la video-recensione ("purché se ne parli"), e meccanismi psicologici elementari come la dissonanza cognitiva portano inevitabilmente a far parlare più o meno bene del prodotto. "Beh, me l'hanno regalato, come minimo ne parlo bene per ricambiare il favore".
A quanto pare funziona anche con le case editrici che inviano i romanzi a blogger di questo tipo.
Trovo un romanzo su un blog, la copertina è carinissima, piuttosto natalizia, la recensione del blogger è positiva, anzi, di più. Ok, gliel'ha mandato la casa editrice, ma se dice che è bello, mi fido. Magari lo scarico, vedo di che si tratta, se è carino lo vado a comprare e lo si regala. Scorro i post. La dinamica è più o meno la stessa. Il blogger dice apertamente di essere stato felice di aver ricevuto il pacco, e la casa editrice X è come sempre gentilissima. Scorro i post, le recensioni dei romanzi ricevuti gratis non hanno valutazioni inferiori a 4/5. Che è come quando mi invitano a pranzo e se il pasto è insipido e mi chiedono com'è dico che ha un gusto delicato, se è salato dico che è molto saporito.
Non condanno la casa editrice: regalano il libro, fanno il loro lavoro, non costringono a fare una recensione positiva. Non condanno tanto neanche il blogger: magari gli/le è piaciuto veramente, magari si beve qualsiasi scemenza di romanzo e non dà voti esagerati per gentilezza.
Ma io qui devo fare un regalo e non posso fidarmi di queste recensioni, abbiate pazienza. E Google mi sforna blog simili, persino di lit-blogger wannabe che parlano bene di romanzi perché vogliono riceverne gratis anche loro, un giorno (che meccanismo morboso).
Per farla breve, alla fine non abbiamo regalato alcun libro, ma abbiamo ripiegato su accessori/abbigliamento. Contenti, lit-blogger? Le recensioni buoniste e approssimative non sono di alcun aiuto, e mi avete dissuaso dal finanziare una casa editrice (molto probabilmente qualche Mondadori o Feltrinelli).
E tu, utente che hai letto fino a questo punto, diffida di ciò che scrivono i blogger, me per primo. Come ho avuto modo di dire altrove, è difficile scrivere una vera recensione, e sicuramente c'è qualcosa che non va se il parere su un'opera è (al di là del fatto che sia stato regalata da una casa editrice) totalmente positivo senza che vengano forniti particolari a sostegno di questa tesi.
Come fare allora a smascherare recensioni inaffidabili? Mettiamola così. Se più che una recensione sembra una televendita, allora è fasulla o di scarsa utilità. Se si concentra solo sulla sinossi, la esalta, e non dice nulla su come viene sviluppata la storia, sui personaggi, sullo stile ecc., allora è fasulla o di scarsa utilità. Se si fa riferimento a cultura/arte/filosofia/ecc. in maniera grandiosa che puzza di aria fritta, allora è fasulla o di scarsa utilità.
Per Natale fatevi un regalo: prendetevi qualche bel romanzo, meglio se in ebook (spendi di meno, leggi di più). Prima però leggetene l'estratto gratuito, si capisce molto già dalle prime pagine. Se avete ancora dubbi cercate recensioni su Google, e siate critici, usate il buon senso.
Se nulla di ciò vi convince, lasciate perdere e andate a comprarvi un bel salamone.


Buon Natale!

[EDIT 9/01/2015: Nei commenti a questo post c'è della roba interessante, consiglio di leggerli; Tapiro inoltre ha scritto un commento così lungo da meritare un post a parte, qui il link per leggerlo.]

lunedì 18 febbraio 2013

La mia Esclusiva Custodia per eReader personalizzata

Appena comprai l'Opus mi è capitato diverse volte, per i primi mesi, di fare sogni in cui mi cadeva e si rompeva.
Non serve una laurea in Psicologia per capire che avevo una paura folle di perdere quell'aggeggino.
Nell'acquisto dell'Opus era inclusa la custodia in neoprene (si veda il vecchio post sull'Opus), una custodia però in cui l'eReader puoi solo infilarlo ed estrarlo, rigida, senza chiusura. Una specie di calzino rettangolare, rigido, aderente. Ovviamente non ti permette di leggere, ma solo di portarlo in giro al sicuro.
Per tutto il tempo in cui ho usato l'Opus andavo in giro con la custodia, per sicurezza. Persino quando leggevo al bagno me lo portavo al sicuro nella custodia, o mentre cucinavo, e ovunque mi trovassi la prassi era: estrarre il lettore dalla custodia, tenere la custodia a portata di mano, leggere, e a ogni interruzione o pausa metterlo in standby e re-inserirlo nella custodia.
Il problema è ovvio: nel momento in cui leggevo, il lettore non era protetto, era a rischio.
Dato che con il Kindle non è compresa alcuna custodia, all'acquisto, ho ben pensato di farmene fare una su misura, secondo le mie richieste specifiche.
Ed è così che ho ottenuto la mia Esclusiva (e un po' megalomane, lol) Custodia Personalizzata.


Le custodie di Amazon sono anche fighe, certo. Ma:
  1. Costano troppo
  2. Sul web alcuni lamentano danni a carico del dispositivo (rovinano i "contatti"), ma non posso confermarlo perché non ne possiedo.
  3. La resistenza varia a seconda del materiale.
Mentre altre società che fanno custodie di tutti i tipi:
  1. Costano troppo pure quelle.
  2. Impiegano materiali rigidi che alla prima caduta si rompono.
E poi l'incubo hipster, l'incubo no-global ecc., il fattore principale comune a tutti i prodotti sul grande mercato:

SONO FATTE IN SERIE.

Veniamo alla mia Esclusiva Custodia superpuccissima.
L'ho fatta fare su mia richiesta secondo le mie indicazioni precise, che erano sostanzialmente due:

- Protezione assoluta contro eventuali cadute
- Praticità di lettura/cambio pagina/collegamento al pc.

Di conseguenza, la custodia è morbidissima, è come un piccolo piumone invernale, simile quasi agli astucci dei colori che avevamo alle elementari. Solo che quelli erano sagomati e rigidi, mentre la mia Custodia Esclusiva è flessibile: se nonostante le mie cure dovesse cadermi il lettore, sarebbe come se atterrasse su un materassino di salvataggio dei pompieri. Se cadesse in verticale, invece, gli elastici tubulari smorzerebbero l'energia di caduta (almeno spero), e il lettore non risentirebbe di nessun contraccolpo.
Mi spiego meglio con le immagini:


Dando un'occhiata alle custodie di Amazon e compagnia, ho notato che gli angoli per fissare il lettore erano piuttosto costrittivi e rigidi. Con dei semplici elastici cuciti in maniera tale da coprire la giusta proporzione di angolo, il lettore è più libero (e non assorbe gli urti, secondo il mio parere), ma soprattutto anche estrarlo risulta più facile. Inutile dire che sbatacchiando la custodia aperta in tutte le direzioni (cosa che, com'è ovvio, ho fatto), il lettore rimane fermo, non vola via.
Come potrebbe mai venire sbatacchiato il lettore? direte voi. Non accade, è vero, ma volevo provare.
L'apertura a libro l'ho preferita con la chiusura con bottone. Le fanno anche con la zip, ma - per me - non ha senso. Cioè, non cambia molto, è vero, ma:
  1. Le zip sono note per incepparsi e/o uscire del tutto dai binari (motivo principale).
  2. Aprire una zip è più scomodo che slacciare un bottone: la zip richiede due mani, il bottone solo una. Provate a sbottonarvi il jeans o la camicia con una sola mano, e poi provate ad aprire la zip di un astuccio di colori delle elementari con una mano.
In questo caso il bottone non è a pressione (così è più sicuro), ma anche a pressione sarebbe stato ok. La mia richiesta però era che non fosse assolutamente a zip.
Il colore nero era doveroso: mi piace, si abbina con il lettore, è professionale, ecc.
Inoltre - e questa è una cosa a cui nessun uomo indolente come me penserebbe mai finché non gli viene fatto notare - la mia Esclusiva Custodia, essendo fatta interamente di tessuto (cotone, se non sbaglio), fatta eccezione per gli elastici e il bottone, è lavabile. A mano, in lavatrice, non so, ma comunque se il gatto dovesse pisciarci sopra o il coinquilino di merda sbronzo dovesse usarla per vomitarci, non succederebbe nulla (giù con detersivo e ammorbidente).
[Però è consigliabile lavarla senza lettore inserito. Così, per la cronaca.]
Si parlava di unicità.
Non sono un hipster, ma ho un'insofferenza innata verso le cose di massa per così dire "senza profitto". Odio l'omologazione distruttiva, in un certo senso le stesse mega-società come Amazon, per il solo essere quello che sono, mi fanno passare la voglia di ingrossare le loro già obese tasche.
Ok, di fatto mi sono fatto fare una custodia su misura, secondo le mie personalissime direttive. E sì, ad alimentare la megalomania in cui affogo ci sono sopra pure le mie iniziali ricamate (like a fuckin sir!). Ma essenzialmente desideravo qualcosa di praticissimo e non ho pensato ad abbellimenti.
E la cosa deve aver fatto mangiare le unghie alla sarta a cui l'ho commissionato, visto che ha un'esperienza decennale nel confezionamento di abiti da sposa. Che per quanto ne so è tipo la massima espressione tecnica della sartoria.
E non mi risulta che le custodie vendute sul web siano fatte da sarti tecnicamente virtuosi. E visti i prezzi a cui le vendono (da 30€ in su), dovrebbero essere dei capolavori, e non prototipi in serie.
Insomma, se bisogna spendere, bisogna investire per il meglio. Così la penso io.

Morale della favola: ci si può accontentare di ciò che propone il mercato e sottostare alle sue imposizioni, oppure si può usare il cervello e non rinunciare alle proprie aspettative.
Con la mia nuova custodia non devo più preoccuparmi che il lettore si frantumi, leggo con più tranquillità e non temo più per il lettore.
In più, con la diffusione che stanno avendo gli eReader, mi piace considerarli dei "compagnoni" (il mio "vecchio" Opus l'ho messo da parte ma non voglio staccarmene, un po' perché è stato il mio primo lettore, ma soprattutto perché mi ha permesso di leggere decine di libri per più di un anno, e sebbene ormai non lo usi più, ci sono comunque affezionato). Di conseguenza non mi dispiacerebbe immaginare un futuro in cui tutti hanno il proprio eReader al sicuro nella propria originalissima custodia personalizzata.

mercoledì 28 novembre 2012

10 cose che odio del Fantasy

L'ordine non è proprio gerarchico, più che altro perché non mi va di sbattermi a sistemare ogni punto dopo averli scritti tutti. Diciamo che ognuno ha lo stesso vergognoso valore degli altri.
Inutile dire che si tratta solo di pareri personali, chi non è d'accordo puòannasseneaffanc può esprimere i suoi pareri nei commenti.

TOP TEN!

#10 - Le copertine
Le copertine dei romanzi fantasy o fanno pena, o sono fighissime... per un 13enne.
Diciamo che se dovessi portarti in giro il libro fantasy che stai leggendo, proveresti un po' di vergogna a lasciarlo a portata d'occhio. Soprattutto se sei grandicello.
Questo perché il più delle volte - almeno in Italia - il fantasy viene trattato come roba per bambini (e oserei dire che ci sarà pure un motivo, vedasi punto #03). E non fa bene alla socializzazione. (#05)
Morale della favola: molte copertine sono imbarazzanti, anche quando la qualità del libro è superiore a quella ipotizzata. Soluzione: meglio leggere su eBook Reader. Molto più di classe, e non si rischiano brutte figure.

#09 - Le trilogie/saghe
In Italia ti pagano come vogliono loro, solitamente ti danno il 10% sul prezzo di copertina, ma deve andarti molto bene. Altrove, in America per esempio, ti pagano a cartella. Questo significa che più scrivi, più guadagni.
La trilogia diventa quindi un must. O meglio, il minimo. Da lì si finisce a saghe come La ruota del tempo di Jordan (questa le batte tutte, perché sono millemila libri da millemila pagine), La spada della verità di Goodkind, e via discorrendo. Perché no, pure Le cronache del ghiaccio e del fuoco di Martin e La Torre Nera di King.
Non c'è nulla di male nelle saghe. Non è vero che fanno diventare ciechi. Ma devono essere all'altezza: se comincio a leggere il primo libro di una saga, già penso che sto prendendo un impegno, nel momento in cui dovesse piacermi. Ma allo stesso tempo penso: "Μέγα βιβλίον, μέγα κακόν", ovvero "Se ci hanno fatto una saga, deve essere sicuramente una merda". Non c'è niente di più bello ed elegante degli stand alone. Meglio ancora se si tratta di opere da 50mila parole o giù di lì. Brevi, minimal, soddisfacenti. Come la sigaretta di Wilde.

#08 - I cliché
Questi sono deprecabili in assoluto.
Devo averlo già detto altrove. Gli stereotipi non sono un problema, per me, e vanno bene pure i cliché: ma sfruttare idee simili e basta non fa accumulare "punti" (per me). Nel senso: se un romanzo (fantasy) ha un'idea originale, guadagna punti. Se prende roba vecchia ma la sviluppa in maniera interessante, guadagna punti. Se prende idee già usate e le sviluppa in maniera già nota, non guadagna punti: probabilmente ne perderà, ma se parte da 0, andrà sottozero (per me).
Il giovane orfano di turno che scopre di essere il prescelto, a mio avviso, è già un'inversione di marcia. Se in venti pagine leggo una roba simile, non aspetto di vedere come evolverà il romanzo. Perché se ha accumulato già, per dire, -10 ipotetici punti, avrà bisogno di altrettanti punti solo per essermi indifferente.

#07 - La guerra
Immaginiamo un popolo.
Diamogli una lingua, una cultura e tutto il resto. Diamogli una tecnologia medievale.
Bene, in un fantasy sarà sicuramente guerra senza quartiere. O per meglio dire, LA GUERRA PIU' TOTAAALEEEH! Non importano i motivi: deve esserci guerra!! Perché? Perché sì, diamine!
Bene, va benissimo, gli uomini si fanno guerra dall'alba dei tempi. Tutto normale. Ma che ne sa l'uomo moderno della guerra? A parte quello che si vede in tv o su internet, cosa ne sa? Puoi chiedere a un iracheno, magari, ma l'autore fantasy 20-30enne europeo, seduto in poltrona, con la tazza di caffè e il laptop e tutto il resto, che cavolo ne sa di guerra?
La risposta è: niente.
Quindi la verosimiglianza degli argomenti bellici che leggiamo è compromessa: se l'autore è stato in guerra, potremmo avere una sua visione personale della cosa; se l'autore si è informato bene sull'argomento, potremo avere una visione teorica vicina alla realtà. Ma solo il primo potrà darci la realtà narrativa che contraddistingue la letteratura. Vale a dire, la realtà oggettiva filtrata dal vissuto di una persona e restituita in una forma "arricchita".
Ad ogni modo, si può soprassedere su tutto ciò. Insomma, è solo un parere personale (come gli altri, d'altronde).
In alcuni romanzi però gli autori, consci della cosa (perché non venite a dirmi che mentre scrivete scene di guerra non provate a immedesimarvi e a scontrarvi contro la dura verità, ovvero che tutto ciò che immaginate non l'avete mai provato sulla vostra pelle), calcano la mano e ci danno dentro con le riflessioni su quanto la guerra sia terribile (scontato) o, la cosa che odio più di tutte, fanno gli uomini/le donne di mondo snocciolando fatterelli sulla guerra appresi su History Channel che, quando non sono scontati, sono proprio discutibili.
Ecco perché ammiro i romanzi fantasy che non trattano (direttamente) la guerra.

#06 - La serietà
Per suscitare un'emozione bisogna essere bravi.
Molti romanzi fantasy si distinguono per scatenare l'effetto opposto a quello voluto. Scene, dialoghi che vogliono essere seri, sul significato della vita, sulla natura dell'essere umano, spesso e volentieri fanno ridere. In senso cattivo. Cioè nel senso che traspare il tentativo, fallimentare, di voler dare spessore a storia/personaggi/scene, tentativo che scatena pietà e disprezzo.
Almeno in me.
Non tanto perché la storia in sé è fantasy, credo sia solo una correlazione (fantasy & tecnica scarsa). Ed è proprio per questo motivo che quando leggo preferisco la comicità al pathos esistenzialistico. Che riesco a trovare in altri autori (non fantasy).

#05 - La componente anti-sociale
Lo so che mi avete capito.
Sei a una festa. Sei un ragazzo single etero e stai parlando con una ragazza, oppure sei una ragazza single etero che sta parlando con un ragazzo. Poniamo che la conversazione si sposti sulla letteratura.
Poniamo anche che uno dei due non è un nerd, giocatore di D&D, amante delle ricostruzioni storiche, ecc.
Sei il ragazzo, e fai: "Sto leggendo - non so se la conosci - una saga di Weis e Hickman. Si chiama Le cronache di Dragonlance. E gli autori l'hanno scritta giocando a D&D! Be' sì, insomma, è figo, c'è questo mago, Raistlin..." Molto probabilmente la ragazza ti ascolterà annuendo, e poi troverà una scusa per andarsene.
Sei la ragazza, e fai: "Guarda, io sto leggendo 50 sfumature di staminch*a, in cui c'è 'sto tipo che cè è troppo un figo, è un inspiegabile miliardario che lavora nell'ambito della cura dell'ambiente, che poi incontra questa ragazza, e bla bla..." Perché sì, 50 sfumature è uno dei fantasy più beceri, come si capisce dalla sinossi. Il ragazzo probabilmente fingerà di ascoltare pensando: "Ci sta o non ci sta? 50 sfumature non è quel romanzo dove si schiaccia? Quindi forse mi sta mandando dei messaggi... Ma sì, ci sta, ci sta."
Nota: ultimamente, con la versione televisiva delle Cronache di Martin, anche le donne seguono GoT (attenzione, la serie tv, non i libri!), e ovviamente il loro personaggio preferito è Daenerys, quindi consiglio ai single rampanti ai cocktail party di snocciolare ammirazione per l'eroina suddetta, per entrare eventualmente nelle grazie delle donzelle.
In ogni caso, non importa quanti fantasy (anche buoni) tu abbia letto: la società ti apprezzerà come intellettual-chic solo se affermerai di leggere vecchiume socialmente considerato onorevole, non so, Joyce, Goethe, Hugo, Hemingway - o se volete incutere timore, andate sulla letteratura russa (non è necessario aver letto veramente questa roba), ma badate, è rischioso: potreste sembrare inquietanti.

#04 - Quattro
Quattro.

#03 - Lo stigma "letteratura da bambini"
Già accennato in qualche punto precedente: il fantasy è per i bambini. Secondo il senso comune.
In alcune librerie i romanzi fantasy li mettono lì, non insieme alla fantascienza, ma insieme a Geronimo Stilton e le Winx.
Ora, dico io, capisco che le copertine, e ok, anche i contenuti, possano trarre in inganno, ma perdio, librai italiani, leggetevi qualche fantasy che non sia Eragon, e rendetevi conto che in mano a un ragazzino di 9 anni potrebbe capitare un libro con un nano (affetto da nanismo acondroplasico) che si chiava una prostituta. [Parlo di Tyrion].
O peggio ancora: potrebbe capitargli un libro di Licia Troisi.
Rendiamoci conto.
Ma il mio biasimo va agli scrittori: mannaggia, impegnatevi a non scrivere delle merdate, che poi mi costringete a sentirmi un cretino, quando vado in libreria per fare l'intellettuale e finisco a spulciare il reparto bambini per vedere le novità fantasy.
E già una volta alcuni anni fa il libraio, mio amico, mi ha detto: "Che ne diresti di leggere qualcos'altro, eh? Basta avere la testa tra le nuvole, questa roba fantasy... eh?"

#02 - Gli autori di fantasy
Il fantasy è la prima dannata esperienza di scrittura che fa la gente.
Purtroppo capita che il risultato di questa prima volta finisca pubblicato.
Autori di fantasy di tutto il mondo riunitevi, così basterà una sola bomba: non è una legge che tutto ciò che si scrive vada proposto alle case editrici. Perché non provate a scrivere riguardo a qualcosa che conoscete bene? Chennesò, il vostro alter ego, con la moglie che gli fa le corna e lui lo scopre e diventa un serial killer. Tanto per dirne una. Storie di vita vera. Prima un po' di allenamento così, e poi vi date al fantasy.
Ma soprattutto, sappiate che pubblicare un libro (pagandosi la propria pubblicazione, per giunta) non fa di voi degli autori di bestseller, quindi sgonfiatevi un po' e se vi piace davvero la scrittura, dateci dentro e mettete da parte il fantasy, che c'è già tanta robaccia in giro.

#01 - I lettori di fantasy
Sono il primo ad ammetterlo.
Il fantasy non ha grande dignità. Potrebbe averne, possiamo citare diversi casi emblematici di come il fantasy sia un genere letterario dignitoso come altri. Ma insomma, non è come la fantascienza: diversi romanzi sci-fi impostati col what if - praticamente tutti - hanno dato all'umanità, oltre alla storia di per sé, vere e proprie profezie, spunti di riflessione, e quant'altro.
E il fantasy? Diciamocelo, poco.
Ciò nonostante, noi, imperterriti, continuiamo a leggerlo. A criticarlo, magari, a lamentarci, ma comunque lo leggiamo.
Poi però incontri lettori di fantasy, pre-adolescenti, adolescenti, magari pure qualche adulto, che dai gusti che esprimono (in fatto di romanzi) capisci subito che non capiscono un cavolo cercano solo dei "surrogati" dei videogiochi. Qualcosa da fare tra una partita a WoW e una ad Assassin's Creed. E poi te lo confermano.
Allora ti viene da pensare: "Perché diamine leggo fantasy? Forse dovrei smettere."

mercoledì 1 agosto 2012

Scelta del corso di laurea, università: la mia esperienza triennale in Psicologia

Tra i lettori del blog ci sono diversi under 20, e dando un'occhiata ai referer noto che diversi utenti capitano sul Rifugio perché in cerca di informazioni precise (e stranamente arrivano qui, lol).
La mia esperienza con il corso di laurea triennale è giunta al termine e che vi piaccia o no, ho voglia di condividere alcuni pensieri.

Primo pensiero - "esistenziale". Perché andare all'università?
Ti conviene andare all'università se hai interesse nella materia scelta (fondamentale), voglia di apprendere, impegno nello studio. La possibilità economica viene dopo (esistono borse di studio e altri sussidi non così impossibili da ottenere). No, sul serio: avere la grana è importante ma fino a un certo punto.
Non ti conviene se non hai nulla di tutto ciò, a partire dall'interesse, e se la scelta dell'università è solo una costrizione dei genitori o una scelta fatta per noia o perché così fan tutti.

C'è un sacco di gente volonterosa, in giro, che non ha avuto o non ha la possibilità di studiare: nel riconoscimento e nel rispetto di questa opportunità, sarebbe stupido intraprendere un corso di studio senza avere interesse, impegno e voglia di apprendere.
Escludendo particolari casi (per esempio, per motivi complessi o per mancanza di alternative), molti ragazzi diplomati sono liberamente indipendenti nelle loro scelte e hanno alle spalle genitori in grado di sostenere le spese per gli studi. Ma non è obbligatorio: andare all'università o intraprendere una professione - per quanto umile - hanno la stessa dignità (c'è la credenza sbagliata che chi è laureato può guadagnare di più, quando in realtà molti ingegneri con la triennale guadagnano meno di chi lavora in un call center, per dire).
E anche i corsi di laurea, checché se ne dica, hanno tutti la stessa dignità. Più o meno.

Il primo anno di università, comunque, una grossa fetta di studenti "sperimenta" la materia, capisce un po' l'andazzo, le prospettive, si fa qualche domanda e finisce per cambiare facoltà. Ad alcuni capita il primo anno, ad altri al secondo, ad altri il terzo.... Ma succede.
Il mio consiglio su come scegliere il corso di studi è, prima di tutto, informarsi su tutti i corsi che riguardano i propri maggiori interessi, e restringere il campo verso l'interesse più importante di tutti.
Certo, alcuni corsi di laurea non danno sbocco a nessuna possibilità di lavoro apparente, ma è anche vero che molti laureati, se trovano lavoro, fanno cose molto diverse rispetto a quanto studiavano (o pensavano di fare). E ci sono lavori che addirittura non necessitano di particolari lauree (in ambito aziendale, per esempio, ci sono diversi impiegati che hanno maturato la propria formazione sul campo, riuscendo a raggiungere alti traguardi: la laurea quindi non garantiscenecessariamente ciò che si crede).
Lasciando poi perdere le classifiche inaffidabili (specchietti per le allodole, principalmente) pubblicate su riviste o giornali, se bisogna scegliere l'ateneo, consiglio di consultare - attraverso i relativi siti web - le guide ufficiali dello studente. Leggendo i programmi degli esami, si può avere un'idea di come viene affrontata la disciplina da quell'ateneo (a parte alcune, molte facoltà presentano esami che stesse facoltà di altre regioni non presentano, o argomenti maggiormente o meno trattati, e via discorrendo, quindi non tutti i corsi sono uguali, a dispetto del nome), ma anche la modalità d'esame (alcuni atenei fanno tutto scritto, altri tutto orale, alcuni al computer, ecc.).
Si può condividere, si può non condividere. Non lo so, questo è quello che pensa uno che ci è passato.

E ora veniamo al mio ambito.
Psicologia.
La materia è tra le più affascinanti - ma anche tra le più stuprate.
Il popolino è ambivalente nei suoi confronti, ma è anche confuso: c'è chi è incredibilmente fiducioso nella Psicologia, ma cita esclusivamente Freud; c'è chi crede che non ci sia differenza tra uno psicologo e un santone, e così via.
Quello che posso dirvi, qui, è solo il mio parere.
Molti si iscrivono a Psicologia in base allo studio di Freud in Filosofia al liceo. E molti credono che Psicologia e Filosofia siano più o meno la stessa cosa: niente di più sbagliato.
In base a quanto ho visto, alle persone con cui ho parlato, a ciò che leggo - insomma, in base alla mia esperienza -, sconsiglio di intraprendere un corso di laurea in Psicologia se:
  1. si crede alla magia e a Babbo Natale: la Psicologia non è esoterismo (con tutto il rispetto).
  2. si pensa che le proprie opinioni sulla gente, sulla mente, sui comportamenti abbiano lo stesso valore di paradigmi e modelli teorici specifici e verificati sperimentalmente.
  3. si crede che la Psicologia non sia una scienza.
  4. quattro.
  5. si crede che Psicologia = Filosofia e che quindi si studiano generici "concetti": Psicologia è, tra l'altro, anche Biologia, Genetica, Fisiologia, Matematica [ahimè].
  6. si crede che fare lo psicologo non comporti responsabilità come, per esempio, fare il chirurgo: sbagliatissimo.
  7. si crede che Psicologia = Psicoanalisi. La Psicoanalisi è un modello teorico psicodinamico antico e non preminente. Esistono diversi modelli teorici con maggiori fondamenti empirici.
  8. si crede che studiando Psicologia si possa fare il dottore con la pipa che scrive sul taccuino. La Psicologia Clinica è una disciplina: esistono molti altri campi ugualmente importanti, come la Psicologia dello Sviluppo, la Psicometria, la Psicobiologia, la Psicologia Cognitiva, la Psicologia sociale e delle organizzazioni, la Psicologia del Lavoro, ecc.
  9. si crede che offra più lavoro di altri corsi. No, il campo è saturo da anni.
  10. si è convinti che comunque sia è un percorso di studi breve. Sbagliato. Se si volesse fare lo Psicoterapeuta, per esempio, si dovrebbe conseguire una laurea triennale (3) + una laurea magistrale (2) + 1000 ore di tirocinio + esame di stato per l'abilitazione (1) + una scuola di specializzazione post-lauream in Psicoterapia (4). Totale: 10 anni. Davanti a questa prospettiva, la maggior parte delle persone dice: "A 'sto punto faccio Medicina!".
Credo sia tutto. Ci sarebbe molto altro da dire, ma è meglio fermarsi qui.
Ripeto, sono solo opinioni personali, però ritengo che l'internauta in cerca di informazioni debba sentire più campane.
In bocca al lupo a eventuali matricole.

martedì 3 luglio 2012

Un anno di ebook reader; bilancio di tempi e prezzi

Un anno fa ero fiero di presentare il mio ultimo acquisto, un Cybook Opus della Booken, 5 pollici di schermo, eInk non pearl, leggero e maneggevole.
Oggi, a distanza di 365 giorni, posso permettermi di esprimere un'opinione completa - anche se, a dirla tutta, l'ideale sarebbe un follow up di almeno tre anni, ma anche un anno può essere indicativo. Ora ci arriviamo.
Facciamo così, se vi interessano le letture di un anno, l'equivalente economico, i bidoni e i tesori in cui sono incappato, allora potete leggervi questa prima parte che segue, "Un anno tra top e flop".
Se vi interessa il discorso "tecnologia" - iPhone, roba touch, tablet, iPad, e altri vassoi portavivande - potete leggervi la seconda parte del post, "Un'allegra giornata alla Mediaworld", in cui deliro un po' sui dispositivi elettronici.

Un anno tra top e flop

Ecco la lista completa delle letture a partire dal 3 luglio 2011. Laddove ho dato un parere personale, segnalo esplicitamente anche il link del post. I titoli delle opere evidenziati come link si riferiscono al sito ufficiale da cui reperire l'ebook.
  1. Assault Fairies, di Chiara "Gamberetta". Il primo vero epub, formattato perfettamente. Magari tutti gli ebook fossero così. Qui le impressioni. Prezzo: gratis.
  2. Address, di Glauco Silvestri. Il secondo ebook autopubblicato che abbia letto. Chiunque voglia altri ebook di Glauco, può navigare il suo sito, ne troverà altri; sinceramente, non c'è un motivo preciso che mi abbia portato a scegliere questo preciso racconto, ho scelto a caso. Qui le impressioni. Prezzo:gratis.
  3. The Dome, di Stephen King. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 23,90 €.
  4. Le torri di cenere, di George R. R. Martin. Il primo racconto mi ha fatto cadere le braccia. Un sci-fi con una narrazione scarsina: forse avevo sopravvalutato Martin. L'ho interrotto, rimandando al futuro la lettura dei racconti scritti meno peggio. Prezzo cartaceo: 18,00 €.
  5. La grande caccia, di Robert Jordan. Dopo 7 anni dalla lettura del primo libro, mi sono detto: "Perché no? Diamo un'occhiata al secondo, magari leggo tutto il ciclo". No, un inizio tremendo, narrazione blanda e noiosissima. Abbandonato. Prezzo cartaceo: 18,50 €.
  6. Addio alle armi, di Ernest Hemingway. Mi era piaciuto Il vecchio e il mare, e poi Hemingway è uno dei migliori scrittori al mondo. Ho deciso di leggere questo classico, ma a una cinquantina di pagine dalla fine ho abbandonato. Narrazione autistica, non era percepibile lo stato emotivo del protagonista - al punto che quando viene colpito alla gamba da una granata non è chiaro se stia soffrendo o cosa, e con le donne non si capisce se prova qualcosa o meno - né un qualsiasi tipo di climax. Non dico che sia brutto, lo stile è ottimo, ma l'ECG della storia è pressoché piatto, qualche ondina di tanto in tanto, poi nulla di che. Mi son ripromesso di leggerlo in futuro, o magari di cambiare opera. Prezzo cartaceo:9,50 €.
  7. Il dillema di Drizzt, di R. A. Salvatore. Iddio ce ne scampi. Ma dovevo fare una prova. A parte la formattazione scarsissima dell'ebook, non si può leggere. Prezzo cartaceo: 13,00 € circa.
  8. L'apprendista assassino, di Robin Hobb. Partiva male, poi però si riprendeva. Poi cadeva di nuovo in basso, poi di nuovo qualcosa me lo faceva rivalutare. Alla fine gli elementi negativi hanno superato i positivi, e ho pensato di avere di meglio da leggere. Prezzo cartaceo: 9,90 €.
  9. I giardini della Luna, di Steven Erikson. L'avevo cominciato anni prima, l'ho terminato sul lettore l'anno scorso. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 18,00 €.
  10. La dimora fantasma, di Steven Erikson. L'inizio non motiva alla continuazione. Lettura sospesa ed eventualmente rimandata per disponibilità di altre letture (migliori). Prezzo cartaceo: 18,90 .
  11. Ash, una storia segreta, di Mary Gentle. Gamberetta ne parlava bene, lo stile era buono, la struttura narrativa di meno. Il pretesto della verità storica (fake) attraverso il materiale mandato via mail è noioso, dà solo fastidio, interrompe la storia. Inoltre alcune trovate nella trama sono da facepalm. Ho rimandato un'eventuale continuazione al futuro. Prezzo cartaceo: 14,50 € un volume, non so gli altri: ipoteticamente, moltiplicare per 4.
  12. La guerra contro gli Chtorr, di David Gerrold. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 18,00 € (tomo paperback con i restanti capitoli della saga - credo).
  13. Marstenheim, di Angra. Per il vostro dispiacere, una serie di sfortunati eventi mi ha portato a leggerlo a più riprese, e in pratica alla fine non ho più scritto alcuna impressione. Rimedierò assolutamente, non appena avrò tempo - ma sicuramente una riletta gliela do: dopo un anno si dimenticano tante cose. Inutile dirlo, ottima opera. Come parere mi ritrovo abbastanza nella recensione di Tapiro. Prezzo: gratis.
  14. Zodd - capitoli I e II -, di Zweilawyer. Fantasy classico, come piace a me. Se il maledetto autore si decide a completare l'opera una volta per tutte, magari invece dei primi due capitoli potrò comprarmi l'ebook intero e rompervi le scatole con un mio solito post di opinioni.
  15. Il colore della magia, di Terry Pratchett. Se l'avessi letto all'epoca in cui leggevo Tolkien e Terry Brooks, non l'avrei apprezzato. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 8,60 €.
  16. La luce fantastica, di Terry Pratchett. Prezzo cartaceo: 7,65 .
  17. Pride and prejudice and zombies, di Seth Grahame-Smith. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 15,00.
  18. Abraham Lincoln: vampire hunter, di Seth Grahame-Smith. Qui le [stesse] impressioni. Prezzo cartaceo: 14,60 €.
  19. Leviathan Rising, di Jonathan Green. Prezzo cartaceo: 7,99 $. Prezzo ebook Amazon: 5,44 $.
  20. Satan Burger, di Carlton Mellick III. Fico e tutto il resto, ma a metà mi ha un po' annoiato: punkettoni che stronzeggiano in giro senza alcun motivo. Sospeso e rimandato a un possibile futuro. Prezzo:13,95 $.
  21. Le porte di Anubis, di Tim Powers. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 6,20 €. [Attualmente non si trova da nessuna parte]
  22. Fuoco nella polvere, di Joe. R. Lansdale. Scopro ora di non aver mai scritto alcuna impressione a riguardo. Oibò, devo essermi dimenticato. Gran bel romanzo. Prezzo cartaceo: 9,90 .
  23. Soffocare, di Chuck Palahniuk. Capolavoro. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 10,00 .
  24. La spada del destino, di Andrzej Sapkowski. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 15,30 .
  25. Il re degli alberi, di Greg Keyes. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 18,50 .
  26. Mistborn, L'ultimo impero, di Brandon Sanderson. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 22,00 .
  27. I guerrieri del ghiaccio, di George R. R. Martin. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 19,00 .
  28. Donne, di Charles Bukowski. L'ebook verso la fine era rovinatissimo, illegibile. Poco male: a metà opera mi sono reso conto che la storia non stava andando da nessuna parte. Ma non fosse stato per l'ebook scarso, avrei finito quelle poche decine di pagine rimanenti. Non vedo l'ora di leggere altra roba del vecchio zozzone. Prezzo cartaceo: 16,00 .
  29. Cavie, di Chuck Palahniuk. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 10,50 .
  30. La morte di Ivan Il'ic, di Lev Tolstoj. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 7,50 .
  31. Norwegian wood, di Haruki Murakami. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 12,00 .
  32. Io sono Helen Discroll, di Richard Matheson. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 9,90 .
  33. Ristorante alla fine dell'universo, di Douglas Adams. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 9,50 .
  34. Le cinque stirpi, di Markus Heitz. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 19,90 .
  35. Il tempo del buio, di Barbara Hambley. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: forse circa 10,00 . Attualmente introvabile.
  36. Il raccoglitore di anime, di Alan Campbell. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 18,60 .
  37. Il mondo perduto, di Arthur Conan Doyle. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 8,90 .
  38. La nube avvelenata, di Arthur Conan Doyle. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: sconosciuto, forse fuori produzione. Prezzo ebook: da BOL.it 0,49 . , da Amazon 0,63 $.
Questi sono più o meno tutti i romanzi letti o leggiucchiati e abbandonati sul lettore.
Un'altra manciata non è mai stata letta, alcuni perché troppo corrotti nella conversione, altri perché semplicemente non mi piacevano.
La somma di tutti i prezzi (con riferimento al "tariffario" di IBS) dei suddetti romanzi in edizione cartacea ammonta a 454,18 . Piccola nota: ho escluso del materiale didattico dell'università, principalmente slide dei docenti, che ho caricato sul lettore per comodità, al posto di portare delle fotocopie in giro per ogni uscita. Non è molto rilevante perché si parla di materiale da studiare, quindi da sottolineare, farci i disegni accanto, risottolineare, evidenziare, ecc. Devo ammettere però che le slide su un argomento dell'ultimo esame le ho studiate principalmente dal lettore, visto che era poca roba, apprendibile nelle sedute "fisiologiche". If you know what I mean. E fotocopie e libri, a ogni viaggio nello zaino, si rovinano, gli angoli si smussano, gli oggetti all'interno entrano tra le pagine e le sgualciscono, eventuali penne scoppiate macchiano i bordi ecc.
Quindi, 454,18 sacchi, sacco più sacco meno, per una ipotetica caterva di carta che occupa spazio (e che genera vermetti). Alberi abbattuti, lesioni gratuite ai polmoni del mondo.
Circa 17 romanzi non mi sono piaciuti fin dall'inizio: alcuni li ho interrotti già dalle prime 10 pagine, altri li ho letti fino oltre la metà, alcuni fino a 20-30 pagine dalla fine. Facendo un calcolo con un'approssimazione vaga per quel paio dal prezzo in dollari, se avessi comprato i romanzi che non ho finito, che non mi sono piaciuti, che mi hanno stufato ecc., avrei speso 276,2 euro. 454,18 [totale] - 276,2 [romanzi sgraditi] =177,98 euro. Questa sarebbe la spesa corrispondente all'investimento per i libri migliori (anche se bisognerebbe togliere gli autopubblicati, gratuiti). Su 38 romanzi che volevo leggere "solo" 21 mi hanno soddisfatto al punto da portarmi a terminare la lettura.
Ma parliamo di carta, di hardcover e dove possibile pseudo-paperback (pseudo visto i prezzi). Dei libri che ho letto sul lettore, quasi tutti li avevo a disposizione materialmente. Alcuni (per esempio, I giardini della Luna) ce li avevo da anni e non li avevo ancora finiti, altri (Le torri di cenere, Donne, ecc.) li avevano dei miei amici e potevo benissimo chiederli in prestito - alla vecchia maniera. Altri ancora sono dei classici, reperibili gratuitamente ovunque sul web - e non so per quale ragione, alcune case editrici osano vendere a prezzi indecenti.
Pur volendo lasciar perdere il discorso della salvaguardia del pianeta, e tralasciando anche la questione della disponibilità di spazio per poter tenere tutti i libri, quello che penalizza l'attuale mercato librario è il costo sproporzionato del libro. Testi scientifici, che richiedono revisioni e competenze che si pagano a caro prezzo (un correttore di bozze guadagna 50 cent a cartella, nei fatti anche meno; un correttore di bozze per testi scientifici arriva a 5 euro a cartella, pare), arrivano a costare quanto se non meno della più "banale" narrativa, letteratura d'intrattenimento. Per non parlare degli ebook: non si può vendere un file a un prezzo equivalente a quello del libro materiale scontato del 33%-50%: esistono costi di distribuzione, produzione e simili che non coinvolgono gli ebook, e non solo: la maggior parte delle case editrici che trattano cartaceo produce gli stessi ebook illegibili che si trovano in p2p. Praticamente, l'acquirente paga per un lavoro non fatto.

Quindi, ricapitolando, avendo pagato l'ebook reader 111€ e avendo letto l'equivalente cartaceo di 177,98€, riprendendo il discorso di Gamberetta col suo primo eReader: se anche dovesse rompersi in questo esatto momento, l'acquisto sarebbe stato comunque un affare, perché non solo il totale di libri (belli) pareggia l'eventuale spesa cartacea, ma mi avrebbe fatto risparmiare 67,98!

***

Un'allegra giornata alla Mediaworld
Tratto da una storia di vita vera vissuta per finta [cit.]

Due giorni fa sono andato al centro commerciale unicamente per usufruire dell'aria condizionata - gli appartamenti universitari, come si sa, sono sprovvisti di ogni bene voluttuario. Ne ho approfittato per fare un salto alla Mediaworld - non per perdere tempo al reparto retard -, cercando, come al solito, gli ebook reader.
Ebbene, pare che io abbia comprato, l'anno scorso, l'ultimo vero ebook reader. Quelli successivi che volevano spacciare come tali erano dei dispositivi di marche coreane o teutoniche, a LCD a colori, e stuff like that. Delle cagate.
Inutile dire che non esiste un reparto eReader. Ad ogni modo, pur non avendo mai provato altri eReader migliori del mio, ho voluto provare a fare un paragone con quello che c'era.
Ebbene, tra i tablet (sigh) c'era un Asus Eee reader DR-900.

Non ho idea di che ebook sample vi fosse caricato: ad ogni modo, sto facendo spam gratuito - spero di essere ricompensato

Sono ben 9 pollici per quasi mezzo kilo di peso. La cosa "buona" è che è touch (per i feticisti imbrattaschermi), la cosa brutta è che non entra in tasca: è più un dispositivo da zaino. Pur volendo portarlo in giro, il luogo più adatto sarebbe una borsa ampia. Ah, e c'erano solo 3 opzioni di zoom, contro i più di 10 dell'Opus. Ma non l'ho esaminato approfonditamente. Ad ogni modo, difficilmente comprerei un affare cosigrosso.
Nel reparto retard c'era l'iPad (non chiedetemi quale, credo fosse il 2).

Volevo catturare l'animazione della pagina che si piega mentre la volti, ma o per qualche bug grafico o perché non lo so usare io, la pagina non voleva saperne di farsi voltare.

Pregiudizi a parte per i prodotti molto costosi e poco utili, il primo NO più importante per la lettura su iPad è l'illuminazione. La foto non rende, e vi dico perché: l'illuminazione dell'iPad è tale da far settare automaticamente la mia fotocamera a illuminazione a giorno, così da ridurre la luminosità della foto e far sembrare il tutto velato da una luce soffusa. In realtà quell'angolo era pieno di fari e faretti: il bianco dello schermo era accecante.
Ok, si può ridurre la luminosità. Ma il problema è sempre la reotrilluminazione: per quanto minima tu possa tenerla, così come nei monitor dei computer, ti brucia tutto il decorso del nervo ottico fino a incenerire la corteccia striata ed extrastriata. True story.
Illuminazione a parte, quell'affare non riuscivo a tenerlo in mano. Scottava, al pari del mio piccolo netbook che in questo periodo, con 30°C nell'ambiente, ovviamente si surriscalda oltremodo ed è impossibile toccarlo sul lato inferiore.
In pratica, il mio Cybook Opus è comunque migliore (per ragioni pratiche, funzionali ed economiche, e sempre secondo il mio modesto parere) dei tablet, dell'iPad, e può competere con altri eReader. Certo, ce ne sono di migliori (schermi e-ink pearl, dizionari integrati, funzione touch), ma ce ne sono anche di tremendi (l'Asus sopracitato non è cosi tremendo, anzi, a parte le dimensioni e il touch un po' testardo, sembra decente), come quelli TrekStor o surrogati non e-ink.
Per finire, mentre mi avviavo verso l'uscita della Mediaworld, non potevo non dare un'occhiata al reparto libri. Ok, sì, la solita roba in hardcover a prezzi esorbitanti, ma non solo. Se alcuni anni fa potevo trovare i seguenti libri allo stesso prezzo solo ai mercatini dei libri usati, ora non è più così:

Non si tratta di grandi opere della letteratura, ma costano comunque poco.

Edizioni paperback a 2,90 sacchi: a questo prezzo, la scelta dell'eReader sarebbe giustificata solo per la comodità (i.e., portare con sé centinaia di romanzi in una sola volta in 150g di dispositivo, poter mantenere la pagina da leggere senza dover stirare le curve causate dalla rilegatura, impossibilità di rovinare il romanzo - bordi, angoli, pagine - all'interno di zaini e borse). Senza contare che, a 2,90, stai comprando perlomeno un prodotto tangibile: un ebook allo stesso prezzo, secondo me, non ha motivo di esistere, ma è solo un mio parere.
Le case editrici che fanno paperback economici sono poche, come la Piemme e, se non ricordo male, anche la TEA. Onore alle case editrici che tengono i prezzi bassi.
Una domanda legittima che mi si fa è: Ma adesso non comprerai più libri?
La risposta più ovvia è: Se ci sono libri che voglio assolutamente leggere ma che non si possono né scaricare dal web, né comprare come ebook, allora ovviamente vado in libreria. Ci sono diversi libri, soprattutto nel campo della saggistica, che non si trovano nemmeno in libreria, e ordinarli è una sfida.
Ma a parte i libri introvabili, se sono in vacanza e trovo una bancarella di libri usati (ultimamente tali bancarelle rivendono libri nuovi a prezzo pieno, cambia solo la "location"; rimpiango i bei vecchi tempi, in cui trovavo i vecchi fantasy di Weis & Hickman o altra roba pulp a 2-3), può accadere che me ne piaccia qualcuno e, perché no, me lo compro. O può capitare che andando al mare, dia un'occhiata all'edicola più vicina alla spiaggia e vi trovi qualche interessante paperback economico da torturare con le mani umide di acqua marina, tra un bagno e l'altro.

Sono soddisfatto del mio lettore; ha rivoluzionato il mio modo di leggere, mi ha permesso di leggere di più nonostante esami, laboratori, tesi ecc. Una volta mi era impossibile finire più di un paio di libri a stagione, e potevo dare il massimo solo d'estate.
Nonostante il lettore, durante quest'anno mi sono comunque trovato a leggere del cartaceo. Per il compleanno o per altre evenienze, un (buon) libro in regalo è sempre la scelta migliore.
Per concludere: consiglio l'acquisto di un eReader?
Decisamente sì.
E ora vi lascio con una perla, trovata alla Conad del centro commerciale:

La Troisi e Paolini si trovano nel posto che gli spetta. Tra Topolino e Winnie the Pooh. Per una volta, chi ha sistemato i libri per categorie non ha commesso il solito errore. Aumentate lo stipendio del caporeparto! Farà strada!


P.S. Tanti auguri mio piccolo Opossum! ^_^

mercoledì 2 novembre 2011

Sui concorsi letterari

coppa concorsi letterari taotorStranamente, in tutti questi anni (4 e più) non ho mai parlato di concorsi letterari in un articolo. Ho accennato qualcosa, ne ho parlato nei commenti, ma mi pare di non aver mai discusso la cosa in maniera indipendente. Questo è il momento.
Desideri trovare un concorso letterario, parteciparvi con un vecchio racconto (o scriverne uno nuovo), dare il tuo meglio e sperare di competere con altri autori e spiccare per il tuo genio creativo? Speri di qualificarti con una buona posizione e di "crescere" tecnicamente, di imparare dagli errori che ti vengono riconosciuti?
Allora non partecipare ad alcun concorso.
Non che io abbia questa grande esperienza. Avrò partecipato sì e no a 15-20 concorsi in tutto. Ma chiunque bazzichi nell'ambiente, o meglio, quelli con un po' di giudizio, potranno confermarvelo.
Non esistono veri e propri concorsi letterari. Persino il Premio Strega è ampiamente criticato.
Stando a quanto ho "esperito", il problema principale dei concorsi letterari è la giuria. Ma prima di arrivare alla giuria, c'è altro da considerare.

Anzitutto, chi organizza i concorsi? E perché?
I concorsi che potete trovare in giro, per esempio su concorsiletterari.net, vengono organizzati in maggior parte dalle svariate associazioni culturali, alias gruppi no-profit legalmente riconosciuti dallo stato, enti di vario tipo, talvolta da scuole pubbliche, spesso dai comuni stessi, ma anche da piccole case editrici. Insieme a questi ci sono i Premi Letterari "propriamente" detti, ognuno con la sua edizione numerata (accompagnati o meno da case editrici o associazioni varie).
Quando un concorso letterario non è un'iniziativa del comune o di qualche altra associazione volta alla promozione di qualche tema, diritti, valori ecc., si tratta di business. In realtà si può trattare di business anche nel primo caso, ma non voglio essere disfattista.
Non è difficile organizzare un concorso. Chiami un paio di amici, un paio di sponsor, scrivi un regolamento, metti un premio (esempio: una coppa o una targa, dal costo di circa 10€) e una quota di partecipazione (esempio: dai 5 ai 20€). Pubblicizzi il concorso e incassi le quote. Se partecipano 50 persone con 10€, sono 500€ solo di iscrizioni. Gli sponsor possono provvedere al resto.
Ecco a voi un metodo per fare soldi facili.
Appurato come sia facile e legale organizzare un concorso, c'è la questione tecnica.
Il regolamento. Ogni concorso ne ha uno. Un regolamento dovrebbe essere breve e chiaro. Si divide in articoli. Presentazione del concorso e dei partecipanti ammessi (nazionale, internazionale, in lingua ecc.), tema (se ce n'è uno) del racconto/romanzo/poesia, lunghezza (in cartelle), modalità di invio dell'opera e del contributo di partecipazione, dettagli vari (penalizzazioni, invio, scadenza) , giuria, premi in palio.
L'80% dei concorsi letterari dimostra incompetenza nel settore della narrativa a partire dal regolamento. Non so se di recente le cose siano cambiate, ma fino a poco tempo fa diversi Premi recitavano:
Il testo non deve superare le 5 cartelle (formato pagina A4, carattere Times New Roman, grandezza 12)
Sebbene la cartella editoriale sia una convenzione, non significa che ogni concorso debba utilizzare delle convenzioni a sé e non rispettare l'originale. E se quella specificazione è diretta a chi una cartella non sa cosa sia, tanto peggio: significa che non c'è un minimo di criterio di selezione delle opere.
La fantomatica giuria non sempre viene presentata. Comunque ricorre sempre la frase: "Il parere della giuria è insindacabile". A volte però la giuria è un insieme di nomi, talvolta seguiti dal titolo "poeta", "scrittore", o "giornalista". Bisogna precisare, a questo punto, che non basta affibbiarsi il titolo di "scrittore" o "poeta" per incarnare le competenze implicate (per fortuna per essere giornalisti c'è un lungo cammino da intraprendere). Ogni paesino ha il suo scrittorucolo o poeta, pubblicato dalla casa editrice del paesino stesso, con una tiratura di 1000 copie (comprate da parenti, cugini e pseudo-intellettuali che seguono le presentazioni nelle librerie e comprano i libri per dare un motivo alla loro presenza lì), copie distribuite addirittura in un paio di comuni limitrofi.
Questo non significa che lo scrittore/poeta sia necessariamente un incompetente. I geni isolati esistono (ne dubito). Ma ognuno può farsi due conti da sé.
Infine, il premio. Non so come funziona, esattamente; ho qualche dubbio su eventuali imbrogli o raccomandazioni. Mi risulta, piuttosto, che coerentemente con l'incompetenza delle giurie il vincitore sia l'autore di una porcata. Nel migliore dei casi, il vincitore è scelto in maniera totalmente casuale.
A volte il premio è una coppa, un attestato o una targa (i premi che io preferisco). Altre volte (Iddio ce ne scampi) il premio consiste nella pubblicazione del proprio racconto in un'antologia (a volte non te la regalano nemmeno). Oppure, "vinci" un contratto editoriale con la casa editrice sfigata del paesino sopracitato (contratto del tipo: tu paghi metà delle spese, e in più ti compri 300 copie, e al resto ci penso io, così se mi va male non ci perdo niente, e se va bene arraffo tutto).

La prospettiva è assai squallida, è vero. Io sono convinto che molti scrittori che partecipano a questi concorsi lo facciano per mettersi alla prova, e non c'è niente di più giusto. Non conta il premio in sé, quanto il riconoscimento, se c'è, o un feedback sulle proprie capacità, in maniera tale da migliorarsi.
Tutto questo però non esiste, o è quasi impossibile da trovare.
Ma non bisogna scoraggiarsi.
Se si vuole davvero scrivere e migliorare, si possono mettere da parte i soldi, sgranchirsi le dita, (leggere qualche manuale di scrittura), e partecipare ai concorsi indetti sul web dagli appassionati. Quando non ci sono interessi, di mezzo, le cose sono spesso più genuine. La fregatura può stare anche qui, è normale. Ma prima di tutto raramente c'è del denaro di mezzo, e poi ci si può benissimo informare sull'ambiente con un paio di click, e valutare se la giuria è composta da gente competente, se il concorso è un'idiozia o una buona iniziativa, ecc.
Un ambiente stimolante si riconosce subito dall'interesse dei partecipanti, e dall'attenzione che si dà al singolo individuo. Ovvero, nei concorsi letterari vogliono principalmente i tuoi soldi; nelle iniziative online si collabora per un bene superiore.

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Link utili:
Concorsiletterari.net, un portale che offre molti concorsi di narrativa, poesia e saggistica.
Concorso per racconti Steampunk, un concorso indetto dal Duca. Rispetta tutti i requisiti di un concorso onesto e costruttivo.
Parlare di narrativa in modo vago, un post del Duca dedicato all'incompetenza dei più quando si tratta di narrativa, e del degrado generale che ammorba la comunità di pseudo-intellettuali.
Interpretazione e gusti, un mio vecchio post riguardo alla critica letteraria discutibile.

mercoledì 26 ottobre 2011

Ipnosi regressiva e psicologia degli allocchi

Mistero mediaset ipnosi regressiva psicologia assassin's creed vite precedenti
Non mi piace scendere a certi livelli, ma in questo caso lo sento come un dovere a nome di tutta la comunità scientifica italiana (ed estera).
Domenica scorsa è andato in onda Mistero, su Italia 1. Lasciamo da parte eventuali commenti sul programma (a cominciare dai video fake di alieni e mostri fatti passare per veri): è intrattenimento, e ognuno ha il diritto di intrattenersi come gli pare.
Nella puntata di domenica scorsa, però, si è parlato di Ipnosi regressiva.

In poche parole, Daniele Bossari ha illustrato la trama del gioco Assassin's Creed (ricordiamo che è intrattenimento, non Super Quark), ovvero del protagonista che, attraverso un macchinario, riesce a ripercorrere gli eventi di un suo avo vissuto a Firenze al tempo dei Borgia, accedendo alla propria eredità genetica, e assiste a ogni episodio di quella vita.
L'argomento del servizio era: si possono ripercorrere vite precedenti?
Dopo una breve "analisi" genetica, Bossari si dirige in un castello dove incontra due persone, il Dott. Marco Chisotti, Psicologo, Psicoterapeuta, Ipnotista e il Dott. Antonello Musso, Medico Chirurgo, medico di Medicina Generale, in Medicina Aziendale, Ipnologo Costruttivista Clinico, Ipnositerapeuta.
Costoro parlano dell'Ipnosi regressiva, attraverso la quale le persone ripercorrono le proprie vite precedenti.
Ci si potrebbe fermare qui e dire: "No, è pura follia che dei professionisti dicano tali boiate".
Andiamo avanti.
Bossari si siede su un divano, ai lati ci sono i due professionisti che lo ipnotizzano, e Marco Berry che sussurra alla telecamera ciò che accade. Per vedere il servizio, ecco i link diretti alla Prima e alla Seconda parte del video, direttamente dal sito Mediaset.
Arriviamo dunque alla trance, in cui il povero Bossari si agita, dice di vedere una battaglia, c'è tanto dolore, grida dappertutto, fa tanto freddo, ecc. Finita l'ipnosi, racconta la sua esperienza.

Parliamo seriamente, adesso.
  1. L'Ipnosi regressiva, lo dice anche Wikipedia con tanto di riferimenti bibliografici, è una pseudo-scienza. Insomma, è magia, è un gioco in cui può credere la gente affascinata dal misticismo, dall'esoterismo, ma esclusivamente per il proprio piacere: non è assolutamente una pratica terapeutica.
  2. Il fatto che a praticarla e a metterci la faccia siano due professionisti, uno psicologo psicoterapeuta e un medico, rende la cosa molto più degradante. Applicando i paradigmi della Psicologia Sociale (scienza autentica), la persuasione in atto, in questo servizio, avviene per opera di influenza sociale da parte di una fonte credibile, incarnata dalla figura dello scienziato, l'esperto. Lo spettatore più ingenuo pensa: "Se a fare questa cosa sono un medico e uno psicoterapeuta, esperti che ne sanno sicuramente più di me, allora dev'essere vero." E questo è sbagliato, perché significa convincere le persone di una cosa evidentemente falsa.
  3. Il fatto che Bossari si sottoponga arbitrariamente all'Ipnosi Regressiva è un ulteriore indizio della già lampante falsità del servizio. Perché? Perché, appurato che l'Ipnosi regressiva non dovrebbe esistere, nell'ambito terapeutico esiste l'Ipnositerapia, diversa dalla regressiva, perché avvalorata da dati clinici e ricerche statistiche. Sebbene non mi senta di esprimermi in merito all'Ipnositerapia, sia a causa di pregiudizi verso la Psicologia Dinamica sia perché non ho competenze in merito, una cosa è certa: Bossari non soffre di alcun disagio o patologia psichica, e questo motivo è più che sufficiente per non affrontare una psicoterapia (ancor di più se la terapia in questione è fasulla). In questa maniera si mette in ridicolo la pratica psicoterapeutica, riducendola a un gioco. Così facendo, persone che soffrono sul serio potrebbero perdere fiducia nella pratica e trascurare eventuali interventi psicoterapeutici di cui potrebbero beneficiare.
  4. Guarda caso, Bossari rivive una battaglia, proprio come in Assassin's Creed. Recita in maniera evidente, e la cosa più triste è che lui e Berry cominciano a parlare dell'esperienza appena vissuta, mentre il medico, a sinistra, sta zitto e lo psicoterapeuta a destra blatera qualcosa a bassa voce ma viene ignorato dai due conduttori che parlano tra di loro con foga.
Il motivo che mi ha spinto a scendere così in basso e a commentare il programma riguarda la difesa della Psicologia quale scienza e la professione di psicologo.
L'Italia è un paese pieno di ignoranza e di paradossi.
Il parere diffuso riguardo alla Psicologia è che si tratti di qualcosa che possono fare tutti, dal parrucchiere al prete. Si pensa che la Psicologia sia solo parlare e interpretare, e che chiunque possa fare lo psicologo, soprattutto il migliore amico.
Niente di più sbagliato. Quella rappresentazione della Psicologia è vecchia di un secolo. La vera Psicologia si affida a metodi scientifici, verificabili, dati statistici, all'interazione con altre scienze (la fisiologia, le neuroscienze...), e via discorrendo. Fra qualche mese dedicherò un articolo interamente sulla Psicologia, su cos'è davvero, ma al momento mi preme che la gente non avvezza all'argomento sappia: la Psicologia non è un'opinione. Così come non è un'opinione la Medicina, la Chimica o la Matematica. Davanti a questioni quali: "è giusto che una coppia omosessuale adotti un bambino?" non esistono risposte basate su opinioni, perché le semplici opinioni non contano nulla, e la scienza si affida a certezze matematiche. Nel caso di questa domanda, la risposta è sì (con l'orrore dei bigotti e dei conservatori, probabilmente), e non perché lo dico io, ma perché lo dicono le svariate indagini, gli esperimenti, i dati effettuati su un certo numero di individui in un certo numero di paesi, messi a confronto con altri dati di controllo.
La scienza funziona così, e non accetta opinioni ma dimostrazioni.
Nel caso di questo servizio di Mistero, è dimostrato che l'Ipnosi regressiva sia una bufala. Ogni sterile opinione non è accetta.

Riguardo, invece, alla difesa della professione di Psicologo, ho ritenuto necessario mettere in evidenza questo fatto per allontanare me e l'intera professione (autentica) dai ciarlatani che scorrazzano nel paese.
Come dicevo, l'Italia è un paese pieno di paradossi. C'è molta gente che non "crede" alla Psicologia, proprio come se fosse una fede invece che una scienza. E, da questo punto di vista, sarebbe come non "credere" alla chirurgia. Cioè assurdo.
I paradossi sono tanti. In Italia si va dallo Psichiatra piuttosto che allo Psicologo, perché sembra più credibile e perché dà le medicine. Si preferiscono i farmaci alla terapia, si chiede all'amico quale farmaco usare in certi casi, piuttosto che al medico, e ancora peggio, ci si informa attraverso Internet sulla salute per poi andare a discutere col medico su quale cura sia meglio intraprendere (con ovvia irritazione del medico). La situazione è ancora più amara se a tutto ciò si aggiunge, poi, la recente figura del counsellor, fantomatica persona che non si fa cosa faccia ma si sa che fa abusivamente lo psicologo pur non avendo né laurea né i mezzi e la cui "professione", ironia della sorte, per qualche cavillo burocratico in Italia non risulta illegale.
Nella grande confusione italiana, è necessario che si difenda la verità con le unghie e con i denti. Da parte mia, spero solo che questo semplice post raggiunga i destinatari e apra gli occhi.