lunedì 26 agosto 2013

Impressioni fulminanti | La danza dei draghi, di George R. R. Martin

danza dei draghi george r r martin recensioneOgni volta che comincio a leggere uno dei volumi di A song of ice and fire mi domando se poi varrà la pena scriverci un post.
Alla fine ho pensato che, perché no, un'impressione veloce male non fa.
Rispetto a quello che stavo leggendo prima, appena ho ripreso in mano Martin mi son detto: "Ah, finalmente". Poi continuando ho ricordato perché non fosse il mio primitivo.
Il narratore di Martin è attratto dalle ovvietà, che non manca di presentare, e non lo fa attraverso il pensiero dialogato dei personaggi, ma al di fuori, proprio nella narrazione. Questo mi ha dato fastidio. Che senso ha far notare qualcosa di per sé evidente?
Come per gli altri volumi, il livello di infodump è alto e sempre presente. E l'entità delle informazioni è rilevante: non si parla di fuffa, ma di veri e propri fatti che avvengono al di fuori degli eventi che interessano un personaggio, fatti che comprendono l'intero mondo, e che hanno effetti sullo sviluppo di altre sotto-trame.
Io so che ci sono lettori che memorizzano tutto, riescono a gestire questa mole incredibile di informazioni e ci speculano sui forum facendo profezie su ciò che potrebbe accadere in futuro.
Io questo lo so.
Ma so anche che è troppo. Il lettore medio (quale io mi ritengo) difficilmente assorbirà questa mole di informazioni. Per fare un paragone, è un po' come giocare a un MMORPG per divertirsi e passare la serata (casual gamer) vs giocarci imparando a memoria tutti i dettagli delle armi, item, i relativi valori, le statistiche, ecc. (power gamer).
Magari il paragone è un po' azzardato, ma diciamo che se tutte queste informazioni non ci fossero state, io non ne avrei sentito la mancanza.
Rispetto ad altri volumi più noiosi, La danza dei draghi è un po' più ricco di colpi di scena o eventi importanti. E tra i personaggi che muoiono, ce n'è uno che nessuno si sarebbe mai aspettato. Nice job, Zio Martin.
Detto questo, per smorzare l'impressione di criticone che potrei dare, A song of ice and fire è l'unica saga che continuo a leggere dopo tanti anni. Erikson, Jordan, Brooks, per citarne alcuni, tutti abbandonati (talvolta dopo il primo o pochi altri volumi). E, si badi, la serie tv di Game of thrones è uscita molto di recente (lessi Il portale delle tenebre nel 2004 o 2005, e dal 2010 ho continuato a leggere tutti gli altri man mano che sono usciti).
Insomma, la saga sarà diventata anche mainstream (ricordo il post sul blog di Martin in cui lo Zio affermava che sarebbe stato impossibile trasporre Asoiaf come film o serie tv: ecco un caso in cui la brama di denaro porta a qualcosa di buono - la maggior diffusione dell'opera), ma posso dire che, al momento, anche questo volume contribuisce a spingermi nel continuare a leggere la saga.

3 commenti:

Dr. Jekyll ha detto...

D'accordo con te sul fatto che ci sono troppe informazioni di cui un lettore medio non se ne frega assolutamente nulla e sul fatto che in questo c'è già qualcosa in più rispetto agli altri.
Tuttavia rimane tutto statico, nulla si muove, se non le p***e che si gonfiano man mano che si va avanti nella lettura di questa saga.

Steamdoll ha detto...

Al giorno d'oggi essere detrattori, ma anche solo scettici, del lavoro di Martin può meritare il rogo o la lapidazione in diretta.
Personalmente ho sempre trovato l'infodump di Martin molesto esattamente come quello di tutti gli altri e nonostante debba ammettere che sia di lettura scorrevole non riesco a farmene una ragione di ricominciare la saga. Probabilmente l'eventuale fine mi darà la spinta definitiva a leggere solo l'ultimo libro, perché a me interessa chi si siede su quel maledetto Trono di Spade, non di chi sia figlio quello o quell'altro.

Probabilmente è un mio limite e lo prendo dal modo sbagliato, ma il primo libro si chiamava a A Game of Thrones e io a questo mi attengo.

Federico Russo "Taotor" ha detto...

Quoto entrambi. xD
Di fatto io non sto più leggendo nulla di fantasy, perché, di fatto, è difficile se non impossibile beccare un'opera per cui valga la pena perder tempo.
Al momento la saga di Martin è una di queste ultime, imho.