In sostanza Piano meccanico narra del dilemma etico del protagonista, Paul Proteus, capo dell'industria di Ilium, New York, immerso nel sistema efficiente basato sul know-how che domina la società americana in seguito a una ipotetica III Guerra Mondiale (da cui ovviamente l'America esce vittoriosa). Il sistema a cui ogni cittadino è costretto a sottostare è basato su una differenziazione degli individui in base al loro Q.I ¹ e, di conseguenza, in base ai ruoli che il proprio intelletto permette di rivestire (con una velata ghettizzazione tra dirigenti e ingegneri da un lato della città e, al di là del fiume, gli operai e tutti gli altri). Ma Paul Proteus avverte la dissonanza che il sistema gli provoca e così anche i cittadini, e ciò porterà lui e la popolazione ad agire di conseguenza.
La prosa di Vonnegut è semplice e chiara.
Non mi esprimo sulla storia in sé: sono sempre del parere che stile e idee vengano prima, e in questo caso non ho granché da aggiungere sulla storia.
Vonnegut sa essere geniale in maniera semplice, e al contempo è in grado di cadere in trovate narrative approssimative e naive.
Il suo genio, a mio avviso, sta in piccolezze quali l'inserimento di dettagli realistici fini a sé, che rendono la narrazione credibile:
L'uomo scarabocchiò qualcosa su un pezzo di carta. Teneva il foglietto sul cofano, e per due volte buco la carta con la matita passando sopra a una scalfittura. «Ecco, qui c'è il mio nome. Se ha della macchine, io sono il tipo adatto a farle andare (...)»Le cadute di stile sono, per capirci, gli errori grossolani, la narrazione in lingua scrittorese. In questi casi Vonnegut entra nel pericoloso territorio degli 8 orrori narrativi che mi fanno abbandonare un romanzo e perdere fiducia nel genere umano™:
Un giovane di bassa statura vestito normalmente, con grandi occhi infinitamente saggi, si appoggiò contro il tavolo del separé di Paul e di Ed, guardando la televisione con una particolare attenzione. Si volse verso Paul con aria sbadata. «Che cosa crede che stia suonando?»"Grandi occhi infinitamente saggi."
A parte questo, Vonnegut cade spesso anche nell'infodump secondo lo schema: ingresso del personaggio - descrizione background del personaggio - definizione delle sue dinamiche interne, della sua personalità, dei suoi obiettivi. Nel migliore dei casi l'infodump si riduce a riassunti ricchi di informazioni che però dipingono in fretta, nella maniera più breve e completa, situazioni già avvenute che è necessario il lettore conosca.
Ma il genio (opinione criticabile, me ne rendo conto) di Vonnegut si può ammirare nel modo in cui cambia registro narrativo a seconda delle esigenze della storia.
Tralasciando il flusso di coscienza di joyceiana memoria, attribuito a un personaggio minore (ha un solo paragrafo-POV, se non ricordo male), un soldato semplice, che è stato divertentissimo leggere, a un certo punto della storia c'è una rappresentazione teatrale, e in che maniera la mostra Vonnegut? Ma è ovvio, con la struttura di un copione:
JOHN. (Fischia sottovoce) Non c'è dubbio! (Indica all'improvviso il contestatore, che appare molto irrequieto.) Ma lui ha detto...Questo ovviamente era solo un estratto esemplificativo.
GIOVANE INGEGNERE. Abbiamo risposto a tutto ciò che ha detto John. E vorrei aggiungere una piccola riflessione.
Tra una trovata stilistica geniale e una scelta narrativa ingenua, Player Piano riesce ad arrivare con forza alla mente del lettore, con la sua ambientazione, i suoi personaggi, con l'ideologia del sistema sociale ecc. Sebbene si possa dire che rappresenti il classico romanzo di critica sociale che tipicamente "invita il lettore a riflettere" (il genere di roba che gli insegnanti ruba-stipendio del liceo ti spacciano per opere d'arte irraggiungibili), Player Piano è, a mio avviso, un godibilissimo gioco di what if che, speculazione sociologica a parte, offre un'ambientazione dieselpunk suggestiva e assai credibile: si può dire che, a differenza di molti autori di fantascienza, Vonnegut abbia profetizzato con accuratezza gran parte dello stile di vita moderno.
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Note:
¹ - Se Vonnegut avesse scritto il romanzo qualche decennio più tardi, probabilmente il ragionamento di fondo sarebbe stato diverso, e la società da lui immaginata non si sarebbe basata così tanto sul Q.I. Nonostante il "miglioramento" della scala Stanford-Binet (1916) con la più moderna WAIS di Wechsler, a oggi arrivata alla IV edizione, la concettualizzazione di quoziente intellettivo in un certo senso lascia il tempo che trova. Sono state scoperte nel tempo altre "intelligenze" che le scale classiche fino a quel momento avevano trascurato, e in generale la Psicologia Cognitiva e la Psicologia Clinica (insieme alla Psicometria) hanno negli anni dimostrato quanto l'individuo sia complesso e contraddittorio: se può sembrare scontato a noi di questo secolo, non era proprio così tra la fine dell'800 e gli inizi del '900, periodo in cui ci si affidava addirittura alla Frenologia o ad altre convinzioni non-scientifiche.
Ad ogni modo, proprio in virtù degli esigui studi in materia all'epoca, nonché dello scetticismo verso tali argomenti, affrontati da una disciplina troppo giovane qual era la Psicologia, non è un caso che l'idea di fondo del romanzo sia praticamente un'esasperazione per poter speculare un po' sul what if di base. La costruzione di un sistema in base ai contributi scientifici un'utopia: nessun governo è mai stato fondato sui risultati delle ricerche scientifiche al fine del miglioramento della società, delle leggi e delle istituzioni; basti vedere come il nostro stesso paese sia, nella gestione, anti-scientifico, illogico, tutto l'opposto della distopia di Vonnegut: in Italia sono gli analfabeti e coloro che hanno un QI basso ad essere al potere.
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