venerdì 30 gennaio 2015

Impressioni | Numero zero, di Umberto Eco

umberto eco numero zero thriller giallo mondadori bompiani"Chi me lo fa fare?" è la domanda che credo si ponga ogni blogger che non ha annunci pubblicitari né altre forme di guadagno sul proprio blog.
È quello che mi chiedo anche io. Coi mille impegni "seri", c'è sempre la preoccupazione di aggiornare il blog in maniera più o meno costante, con qualcosa di più o meno interessante, il tutto senza alcun ritorno. Ed è a questo punto che penso: "Mah, magari le novità possono interessare, tanto vale leggere roba mainstream e buttare giù due righe di ciò che ne penso, alla stregua dell'opinione del fruttivendolo¹ sotto casa la mattina quando vai a fare la spesa e parli di politica e attualità il tempo necessario per imbustare la roba e fare lo scontrino e andartene".
Sappiate che è un sacrificio: sono indietro coi libri che mi interessano davvero.

Piccolo colloquio scolastico su Umberto Eco.
Il ragazzo è intelligente, ma non si applica. Lasciamo perdere Il nome della rosa, (che è comunque un giallo migliore di Numero zero) pensiamo al Pendolo di Foucault. Sono passati dieci anni da quando lo lessi (e avevo 15 anni), non ricordo più una cippa, a parte una cosa: il narratore ogni tanto mutava registro linguistico, e questo mi fece pensare che Eco saprebbe scrivere narrativa meglio di come fa, ma non vuole farlo.
Detto ciò, veniamo a Numero zero.
(Attenzione, piccoli SPOILER e anticipazioni) Un tale viene assunto per lavorare nella redazione di un giornale fittizio, dal fine politico-economico, per scrivere articoli finti, scritti a posteriori, che simulino una specie di "preveggenza" rispetto a importanti eventi politici, e che facciano pensare a pericolose conoscenze riguardo a interessi privati di persone potenti, al solo scopo di ricevere pagamenti affinché il giornale non venga pubblicato. Qualcosa del genere.
Per me è no.
Al di là dello stile, la storia non è un giallo, in realtà non esiste alcuna storia. Ci sono le premesse, ma non si sviluppa niente.
Lo schema narrativo è il seguente (se avete intenzione di leggere il romanzo, non leggete quanto segue, ci sono spoiler, oppure leggete e risparmiate tempo e soldi): Primo capitolo: il protagonista è in pericolo, qualcuno potrebbe volerlo morto perché "sa troppo" / Resto del romanzo: Flashback fino alla fine, background del protagonista, cenni di come viene messa su la redazione del giornale fittizio, storiella d'amore con un altro personaggio, lunghe digressioni sparse su argomenti totalmente inutili / Fine della storia: non succede niente, si fa capire che in realtà nessuno è in pericolo, e il protagonista può continuare a vivere la sua storia d'amore con l'altro personaggio, senza mettere in atto alcuno sforzo per opporsi a un pericolo che viene liquidato in poche righe di dialogo come un non-pericolo.
Alla mancanza di un "motivo di esistere" della storia si aggiunge la lacuna più grande di Umberto Eco, il feticismo per le digressioni informative che vanno oltre l'infodump (per esempio, a un tratto ci sono pagine e pagine di muri di testo riguardanti agli ordini cavallareschi e alla relativa storia, dai Cavalieri di Malta a mille altri di cui a nessuno frega niente e che non hanno il minimo scopo per la storia). Oltre a questo, a Eco piace fare elenchi e giochi intellettuali: i personaggi stanno proponendo una rubrica umoristica per il giornale, rubrica che non verrà fatta, ma Eco si diverte a far proporre a ogni personaggio una manciata di battute "divertenti" per giunta troppo sottili ed elaborate per poter essere verosimilmente inventate sul momento, e quando, dopo una pagina intera, sembra finita, ecco che dice:
Ormai la gara non si poteva più arrestare e Fresia era di uovo intervenuta:
E giù con un'altra pagina di battute. Non era divertente dopo le prime due righe, cosa gli ha fatto pensare che lo sarebbe stato dopo due pagine?
Un esempio di feticismo per gli elenchi: il protagonista dimostra come cambiare retoricamente il senso delle affermazioni di cronaca per arrivare in maniera più efficace alle persone (grassetto mio):
"Il lettore capisce quello che sta succedendo solo se si dice siamo a un muro contro muro, il governo annuncia lagrime e sangue, la strada è tutta in salita, il Quirinale è pronto alla guerra, Craxi spara alzo zero, il tempo stringe, non va demonizzato, non c'è spazio per i mal di pancia, siamo con l'acqua alla gola, ovvero siamo nell'occhio del ciclone ..."
[breve discussione]
"Su vada avanti, Colonna."
"Bene," avevo ripreso, "concludo col mio elenco: occorre salvare capra e cavoli, la stanza dei bottoni ..."
E via discorrendo.
Conclusioni.
Come giallo è deludente, o meglio, non è un giallo, quindi lo sconsiglio a chi è un appassionato del genere. È deludente anche come storia in senso lato: non c'è alcun elemento che ne giustifichi la narrazione. Niente "intrighi", niente stratagemmi narrativi mind-fucking, niente di interessante persino nella tesi del complotto col sosia di Mussolini, tutto fila liscio regolare. Più che un romanzo, è un insieme di fatterelli da enciclopedia, digressioni storiche speculative/fantasiose, il tutto mascherato da "romanzo".
Almeno ne Il nome della rosa c'erano gli omicidi e il plot twist su assassino e modalità di uccisione, che sicuramente non giustificava i pipponi teologici ecc., ma almeno c'era.
Se dovessero fare un film da Numero zero, per stendere la sceneggiatura butterebbero via il 90% dell'opera e manterrebbero solamente il casus belli del giornale fittizio. Dubito persino che manterrebbero i personaggi, che, ho dimenticato di dirvelo, non hanno uno sputo di caratterizzazione, a partire dalla ragazza, che addirittura viene definita più o meno "autistica" ed è il massimo della "complessità" che riesce a raggiungere il romanzo.

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¹ Corporazione dei Fruttivendoli, non fatemi causa, è una battuta. Ho preferito "fruttivendolo" a "macellaio" perché, beh, non si sa mai, quelli maneggiano strumenti affilati.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Di Eco ho letto solo Il nome della rosa, e non mi è piaciuto: è uno dei pochi casi in cui ho preferito il film - ho sempre paura di dirlo/scriverlo, quando lo faccio vengo guardato come uno che tira sassi ai vetri, a volte...
Elenchi, digressioni: da ciò che scrivi, in questo libro c'è tutto ciò che ho già odiato nel "Nome". Mi sa che Eco scrive solo per far vedere che sa tante cose, che ha studiato: non è ciò che cerco in un libro!

Daniele

Federico Russo "Taotor" ha detto...

Può essere che Eco abbia cassetti pieni di romanzi non pubblicati e che l'editore abbia detto: "Prendine uno a caso, lanciamo il trend del ritorno di Umberto Eco, millemila copie in vetrina, ci assicuriamo vendite sia per i veci che per tutti i giovinastri intellettual-poser che si sentiranno in dovere di apprezzare il romanzo perché l'hai scritto tu e farebbero brutta figura diversamente, entro la primavera dovremmo assicurarci un profitto di millemila euro, e chi s'è visto s'è visto, poi possono pure rimettere Umberto Eco nel dimenticatoio.
Tanto tutti elogiano Umberto Eco ma nessuno è riuscito a superare le prime pagine del Nome della rosa, solo che nessuno ha il coraggio di dirlo."
Proprio con queste parole. xD

Anonimo ha detto...

Berselli, nel suo libro "Venerati Maestri", secondo me ha centrato in pieno lo spirito dell'Eco scrittore quando ha scritto che Eco, col "Nome della Rosa", ha voluto ingannare i lettori impartendo loro lezioni di filosofia medievale inseriti in un giallo ma è rimasto fregato dai lettori che, appena notavano il cambio di registro, scorrevano le pagine fino a ritrovare il filo del giallo e nessuno, alla fine, ha mai letto una pagina delle alte lezioni del maestro Eco :D

Federico Russo "Taotor" ha detto...

LOL! Quoto! xD
Ho fatto la stessa cosa con Numero Zero, purtroppo però alla fine, pur togliendo le lezioni del prof, non rimane niente del "giallo". :-/