È una carrellata piuttosto magra: da dicembre a inizi marzo ho avuto molti impegni, ne ho tuttora, in realtà (Estiqaatsi), e a questi impegni si è aggiunta la scrittura; ho scritto una novella di 25mila parole e ne ho in corso un'altra, tuttavia verso ciò che scrivo ho sempre un atteggiamento ambivalente, o meglio, bipolare, o meglio, maniaco-depressivo (at first I was like: è il romanzo del secolo sì sì sicuro guarda sono un genio vedi come fioccheranno proposte da editori di tutto il mondo ne faranno un film a Hollywod da milioni di dollari di budget DiCaprio finalmente vincerà l'oscar... but then I was like: che schifo è tremendo ma a chi vuoi che interessi ma com'è che mi vengono in mente 'ste storie di merda cioè dai ok basta la smetto di scrivere tanto è tempo sprecato voglio dire è una roba che facevo da adolescente mobbasta bisogna crescere dovrei darmi tipo al collezionismo dopotutto i francobolli mi hanno sempre interessato...)
One more thing, di B. J. Novak.
Non so come dirlo in maniera delicata, per cui non lo farò. Non fa ridere. Forse se trasformati in sceneggiature e recitati come si deve, i raccontini sarebbero degli sketch divertenti.
Correre, di Andrea Santucci, alias Ewan.
Non voglio dire che raramente leggo autopubblicati, perché non sarebbe vero, ma è vero che le opere di molti autopubblicati non sono granché (a dirla tutta, se si facesse una statistica, sono sicuro che non ci sarebbero differenze tra qualità di autopubblicati e pubblicati da editori: ho sempre difficoltà a trovare romanzi decenti da leggere chiudendo un solo occhio invece che dieci, per dire). Visto che non siamo su Goodreads, posso dare una mia personale valutazione qualitativa, senza stelline.
Correre è un racconto, non so di quante parole, secondo Amazon sono 40 pagine, strutturato su due piani temporali, un tempo "attuale" e i flashback. I flashback alla gente piacciono. In Correre, che narra in pratica di un ragazzo che (spoiler...?) deve fuggire da un pazzoide omicida in seguito a un incidente d'auto, i flashback danno sì spessore al personaggio, ma spezzano la continuità della linea temporale principale, su cui si costruisce in pratica tutto il climax (il climax è cosa buona, spezzarlo è cosa cattiva, un po' come se suonasse il campanello o squillasse il cellulare durante un amplesso). Lo stile è abbastanza buono, ma migliorabile. La tendenza all'infodump c'è, non è molestissima, ma comunque è presente, e risulta l'unica via di comunicazione di informazioni sul background. (Spoiler) Vista la brevità dell'opera, avrei dato più importanza allo sviluppo della fuga, piuttosto che all' "ispessimento" del personaggio o alla creazione di un conflitto passato (la gravidanza, la relazione) che comunque non trova risoluzione nel presente e, di conseguenza, neanche ragion d'essere.
L'influenza di King nello stile potrei averla percepita, o forse è solo una mia impressione, ad ogni modo la prosa di Correre a mio avviso prenderebbe il meglio di King, e non, grazie a dio, la sua prolissità totalmente inutile.
Eroi dei due mondi, di Davide Mana.
Ammetto di aver gradito un po' l'ambientazione, più che le idee (Garibaldi su Marte). Lo stile a tratti è più o meno sopportabile, a tratti è terribile. L'infodump è il male minore. Nella migliore delle ipotesi lo stile è confuso e oscuro, nella peggiore sembra essere volutamente trash. Risulta del tutto impossibile creare nella propria mente un'immagine di ciò che viene narrato:
Strani animali simili ad ippopotami si abbandonavano ad atti incomprensibili con lucertole dalle gambe corte
...pavimento coperto di un fitto materasso di muffa e di detriti di genere innominabile, che lungo le pareti formavano cumuli dall'aria inquietante.
Collasso, di Jared Diamond.
Diamond è famoso per il saggio Armi, acciaio e malattie (del 1997), quindi chi lo ha già conosciuto per la sua opera principale, non potrà che apprezzare Collasso, come le società scelgono di morire o vivere. Di fatto, ciò che viene spiegato in Armi viene ripreso in Collasso e ripetuto diverse volte, ma applicato alle diverse società, di conseguenza concetti prevalentemente archeologici e antropologici (come l'analisi dei rifiuti, da cui si capisce cosa mangiavano e quindi su cosa si basava la dieta di quel popolo e il tipo di agricoltura praticata) diventano molto interessanti anche dal punto di vista storico (per esempio, i coloni vichinghi groenlandesi e la loro identità culturale rigida li porta a morire perché non adeguatisi all'ambiente nuovo e ostile, e perché più propensi ad uccidere gli inuit invece che apprendere le loro abitudini adattive).
L'abisso di Maracot, di Arthur Conan Doyle.
Provocazione: nonostante tutto, nonostante per esempio l'idea di fondo del romanzo, probabilmente già scontata all'epoca (1927), Conan Doyle è comunque mille anni avanti rispetto agli autori contemporanei. Per dirne una, sfrutta la prima persona, che già è una buona scelta per filtrare gli eventi della storia. Ricorre anche a forme diaristiche o epistolari senza abusarne, altra cosa buona. Sa sfruttare conoscenze scientifiche (dell'epoca) per costruire scene interessanti. E le sue storie in generale sono abbastanza brevi, godibili volendo anche in una sola sessione di lettura.
Con ciò non voglio osannarlo, perché sotto molti aspetti le sue storie fanno acqua (per esempio, la superflua aggiunta della divinità malvagia verso la fine di L'abisso di Maracot, che si colloca dopo la fine della storia, e non vi aggiunge nulla, al punto che il narratore adduce spiegazioni sul perché ha omesso questi particolari nella narrazione per relegarli solo alla fine); ciononostante, Conan Doyle è ancora attuale e più leggibile della maggior parte di autori odierni.
I guardiani di Faerie, di Terry Brooks. Non leggevo Terry Brooks da quando ero adolescente o anche prima, da quando facevo le medie. Ero curioso per questa nuova trilogia. Curioso, eh, non esaltato. Ho leggiucchiato il primo capitolo.
Una schifezza incredibile. Non è giustificabile il successo di Brooks di venti-trent'anni fa, ma diciamo comunque che è comprensibile: dalla metà degli anni '80 in poi, fantasy, giochi di ruolo, la nascita dei primi videogiochi. Ma non è tollerabile vedere pubblicate cose simili oggigiorno, ed è ancora più ridicolo pensare che a qualcuno possano anche piacere! Non voglio dire che il fantasy medievaleggiante sia una merda totale perchéssì, ma ammettiamolo: chi di noi ha letto oltre dieci anni fa A song of ice and fire, ora universalmente noto con Game of thrones per la serie tv, vedeva in Martin una "innovazione" verso il fantasy epico, cavalleresco e fiabesco di Tolkien e surrogati. Un riciclo del fantasy più noto. La saga di Geralt di Rivia, meglio noto come The Witcher ha cercato di riciclare questa tendenza (un riciclo di un riciclo, quindi). Ma diciamocelo: persino Game of thrones non ha più nulla da offrire, potremmo considerarla l'opera che segna la fine dell'era del trend del fantasy medievaleggiante.
Terry Brooks è meno di tutto ciò, meno dei "ricicli". È una regressione ingiustificata, incomprensibile.
Un po' come voler usare il dos per scrivere... Oh, wait.