Il pasticcere del re, di Anthony Capella
Per primo, di Capella, avevo letto Il profumo del caffè, che tutto sommato avevo trovato godibile.
Il pasticcere del re invece è al di sotto delle aspettative. L'evoluzione della storia e dei personaggi è blanda e nel complesso l'ho trovato un romanzetto insignificante. Inutili se non fastidiose le citazioni a inizio capitolo. Non hanno alcun senso, stanno lì solo per "abbellire", o meglio, per distrarre.
Nei luoghi oscuri, di Gillian Flynn
L'autrice è quella di Gone girl, che non ho letto, sebbene abbia visto il film. Da Dark places è stato anche tratto un film, che però a quanto pare non ha avuto granché successo.
A mio avviso, il problema principale della storia è la protagonista. Come in Norwegian Wood di Murakami, un protagonista depresso non funziona granché. Certo, in Dark places la protagonista fa qualcosa, più o meno, ma come fa notare un recensore di Goodreads, la chiamata all'azione è blanda e poco credibile, e alla fine il mistero finale gira tutto intorno a "chi ha fatto quello che è successo".
Alieni coprofagi dallo spazio profondo, di Marco Crescizz
Il parere su Alieni l'ho scritto su Amazon e ve lo copincollo perché sono pigro:
È innegabile che una storia simile non si vedrebbe tra gli scaffali delle librerie. Ed è un peccato, perché trovare Alieni coprofagi per esempio nella libreria di una stazione sarebbe perfetto per poter immergersi completamente e arrivare a destinazione senza aver percepito lo scorrere del tempo. Ed è proprio quello che ho fatto io (fortunatamente esistono gli eReader e gli store online). Alieni coprofagi supera la parodia del genere (di cui si parla approfonditamente nelle note a fine opera), si distingue sia per la bizzarria che per l'originalità. L'allucinazione di uno Schwarzenegger che in realtà funge anche da "spirito guida", coscienza morale, ecc. rappresenta un escamotage originale e divertente. Idem gli effetti lisergici delle feci umane. Unico piccolo difetto dell'opera: la sua brevità. Avrei preferito uno sviluppo un po' più lungo, magari con altri spunti bizzarri e ridicoli, ad ogni modo meglio breve che inutilmente prolisso. Bello anche il finale, che ho trovato soddisfacente (molte opere oggigiorno hanno dei fastidiosi pseudofinali aperti che non risolvono in alcun modo i conflitti o le domande poste dalla storia).
Anna, di Niccolò Ammaniti
Personalmente, non mi importa che Ammaniti abbia fatto ricorso a dei trope già abusati. È un autore che apprezzo e che mi è stato anche di ispirazione in passato. In Anna ha uno stile migliore rispetto ad altre opere, ma con i classici, evidenti limiti che si riscontrano nella stragrande maggioranza degli autori. E davanti a picchi di bruttezza stilistica, non posso non domandarmi se la parte buona è dovuta a un bravo editor o se l'altalenanza è tutta farina del sacco di Ammaniti.
Per esempio (sì, in questo caso ho salvato le annotazioni sul Kobo), in alcuni punti si assiste a picchi di oscenità che sembrano scritti da Baricco:
Come un organismo pluricellulare, la massa che bivaccava intorno all'hotel allungò le sue propaggini umane sui costoni della collina ...Che mi ha ricordato i "fiumi carsici" che si riversano in cucina o quello che era. O:
Negli ultimi quattro anni di vita Anna aveva sofferto e superato dolori immensi, folgoranti come l'esplosione di un deposito di metano e che le stagnavano ancora nel cuore. [bla bla bla] nemmeno per un secondo l'idea di farla finita l'aveva sfiorata, perché avvertiva che la vita è più forte di tutto. La vita non ci appartiene, ci attraversa.Folgoranti come... come... come 'na catapulta! La frasona finale poi è un monumento di zucchero filato e miele: viene fuori dal nulla, è ancora più scollata dalla storia di quanto già non faccia la digressione infodumposa, e fa ridere perché ammicca al pubblico di ragazze adolescenti che tempestivamente, come reazione, mettono su una tazza di tè o caffè da posizionare accanto al libro, mano in mezzo alle pagine per tenerlo aperto e al contempo esporre la nail art, e via ad instagrammare il tutto con un filtro vintage e la tag line del romanzo in descrizione.
Altri dettagli che ricordo: i ragazzini più grandi, cioè vicini ai 14 anni, si comportano in maniera troppo infantile, soprattutto considerando che sono dei ragazzini "del futuro". Già conosciamo la generazione 2000, figuriamoci i prossimi.
Ultima nota: il finale è terribile.
Il Grande Strappo, di Giuseppe Menconi
Volendo fare un confronto, ho preferito Il Grande Strappo ad Abaddon.
Se Abaddon mi è sembrato più "sbilanciato" sul versante horror, nel Grande strappo c'è una giusta quantità di sci-fi, azione, sviluppo di trama ed evoluzione dei personaggi.
Non ho molto da aggiungere a quanto è già stato detto (e sicuramente è stato fatto meglio rispetto a quanto potrei fare io), per esempio da AleK.
Una cosa è certa: nel Grande Strappo la forza dell'amore non basta a risolvere i problemi, come in Interstellar. Anzi. L'ansia per la fine del mondo, l'angoscia di rimanere tagliati fuori dall'esistenza, l'istinto di sopravvivenza che non guarda in faccia a nessuno e costringe ad atti terribili. Il romanzo è tutto questo, ben incastrato in una cornice fantascientifica indispensabile per la trama e che allo stesso tempo non prende il sopravvento, ma accompagna lo sviluppo degli eventi in maniera armonica.
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