Tuttavia, dopo l'uscita del singolo estratto dall'album, A rite of passage, su internet circolava, oltre al singolo, un altro brano, A nightmare to remember.
Come si spiega? Personalmente, dubito che un hacker sia riuscito a entrare nell'hard disk dei Dream Theater per rubare due canzoni. Ritengo probabile che i DT stessi abbiano rilasciato online, da finti pirati, la traccia extra. Magari per sapere le impressioni del pubblico.
Tuttavia, da qualche giorno si trova online l'intero album. A un mese prima dall'uscita. Allora mi dico: è probabile che i DT abbiano rilasciato l'intero album per avere dei pareri completi, sapendo che i fan compreranno comunque il loro album, e che comunque i loro fan li seguiranno a migliaia nei concerti che organizzeranno. Ergo: da questo episodio, da questa fuga di album, loro non ci perdono niente.
Io ho ascoltato l'album (comprerò non il cd, ma l'edizione speciale) e ho voluto scriverne le mie impressioni.
La prima canzone, A nightmare to remember, è ispirata a un incidente d'auto che Petrucci ha avuto da giovane.
Si sentono già dall'inizio le tastiere (dalla massiccia presenza per tutto il cd) di Rudess con effetti da film horror. Si ha quindi un riff duro in palm muting per la prima strofa, segue un breve assolo con l'effetto wah, ricorre quindi il tema principale, per così dire, e si sente il suono di una frenata e uno schianto. Si ha una parte acustica, un arpeggio, che poi diventa il riff per la strofa successiva, quindi si ha una "svolta" nella melodia, un ritornello, torna il riff arpeggiato ma questa volta con distorsione. Torna la voce di LaBrie, il riff continua in palm-muting. Dopo il ritornello, c'è un assolo di Rudess affiancato da uno di Petrucci. Abbastanza "banali", entrambi: con certi capolavori alle spalle, come Scenes from a memory, possiamo definirli tali. Dopo il turno di Petrucci torna Rudess con un assolo di continuum. Piccola nota: in questo album l'uso del continuum è maggiore rispetto a tutti gli altri, a mio avviso.
Dopo questo "stacco" strumentale di assoli, interviene un doppio pedale frenetico e la voce di Portnoy (affiancata da Petrucci o Labrie, o forse affiancata da una seconda voce di Portnoy, semplicemente overdubbata). La voce in questione è dura: non è un growl, ma l'atmosfera gothic, il doppio pedale "black", e il tono incavolato di Portnoy colora di nero questo album - che, in effetti, è stato definito piuttosto Gothic, dalla band. Dopo un altro ritornello, si ha il riff di chitarra e continuum e la canzone termina.
Mentre la distorsione va quasi in feedback verso la dissolvenza, si ha il secondo brano, A rite of passage (brano che non ha nulla a che vedere con le esperienze dei membri della band, ma tratta genericamente della massoneria), che invece comincia con quella distorsione in crescendo. Parte un riff dal gusto orientale, e per il resto della canzone si ha una normale successione di strofa-ritornello, il ritornello scandito dai cori Portnoy-LaBrie. Verso i 5 minuti c'è la classica "svolta" che i Dream Theater sfruttano in molte delle canzoni relativamente lunghe (in effetti questa dura "solo" 8.31 minuti, 5 minuti circa nella versione per le radio e le tv.) Anche per A rite of passage, gli assoli sono notevoli ma non particolarmente epici. Personalmente, apprezzo la potenza dei cori nel ritornello e della melodia stessa. Ma la canzone può "passare" come un brano da svago. È ben lontano dai brani di gran lunga più impegnativi dei Dream, e anche da quelli semplici ma toccanti.
Il terzo brano, Wither, scritta da Petrucci, tratta del blocco dello scrittore (una sensazione familiare... :D). Si apre con un breve arpeggio che, personalmente, ricorda molto One dei Metallica. Dopo 10 secondi entra LaBrie. La canzone è lenta, sentimentale, classico schema strofa-ritornello. Anche questa traccia non può rappresentare l'essenza dei Dream Theater. Essenzialmente, credo che sia perché riprende sonorità già sentite. Sonorità marcate Dream Theater. Quindi, si potrebbe asserire di buon grado che è un'ottima canzone Dream Theater, ma non ha nessun particolare elemento che la renda indimenticabile, per così dire. Rich Wilson la paragona a Vacant. Vacant è assai più triste di Wither: non so cos'abbia in mente costui. Ma da un certo punto di vista, il paragone è azzeccato. Nessuno si filava Vacant, forse una delle canzoni più "insulse" di Train of Thought. E nessuno si filerà Wither, forse? Scherzi a parte, il brano passa così come viene: ha una melodia facile da ricordare, rispetto alle variazioni degli altri brani, che ti confondono in un primo momento. Tuttavia, non aggiunge gran prestigio all'album.
In un crescendo parte The Shattered Fortress, quatro brano, ultimo capitolo della twelve-step-suite di Portnoy, ovvero la suite degli Alcolisti Anonimi, ideata da Portnoy ispirandosi alla sua esperienza personale (da cui ne è uscito nella miglior maniera, e con un tatuaggio sulla mano: un triangolo racchiuso in un cerchio: Stay sober!). Il brano parte con una melodia quasi familiare suonata da tastiere, chitarra e basso (credo anche il basso: il povero Myung è sempre in disparte, e suona uno strumento che di sicuro non è noto per spiccare, letteralmente, nelle band rock... Eccetto Primus e compari.) Questa melodia è familiare, e s'intuisce a cosa rimanda... a 1.38 si sente il tema di This dying soul, e all'improvviso (1.52) cambia e si sente il riff di chitarra della parte finale di The Glass Prison, quindi il riff varia in una melodia che riterrei ex-novo, per poi riprendere il riff di The Glass Prison (d'ora in poi: "TGP"), con aggiunte dark, "tastiere-horror" del malvagio Rudess, verso 3.30 circa parte il riff iniziale di The Root of all evil (d'ora in poi: "TROAL"). A questo punto sembra di ascoltare un vero e proprio medley, in cui cambia solo il testo dei brani (ma non sempre, temo!). A 4.56 circa parte Repentance con lo stesso testo. Quindi a 5.23 parte la melodia iniziale di This dying soul (d'ora in poi: "TDS"), che dopo due secondi si trasforma in un riff ex-novo. Segue assolo di Rudess. La canzone, ora si capisce che è potente. A 6.09 cambia tempo e riff, e si capisce che il brano è proprio forte, da headbanging, altroché! A 6.55 si placa tutto e comincia un arpeggio acustico, una voce distorta parla, quindi LaBrie attacca con dei versi di TDS, "It's time to take that step into the kingdom"; quindi la melodia si trasforma, diventa la parte finale di TROAL, cui segue un assolo di Petrucci, in linea con la melodia, che si mantiene sempre sul dark, e su duri toni metal. Si ha poi un'altra melodia ex-novo, e a questo punto non si capisce se sei tu a non riconoscere un altro richiamo alle canzoni precedenti o se invece si tratta di una melodia nuova. A 11.43, a un minuto dalla fine, si può sentire la parte iniziale di TGP, che conclude la canzone. O meglio, effettivamente, a pochi secondi dalla fine, c'è qualche accenno di TROAL.
Il brano è a mio parere molto potente: impossibile arrestarsi, una volta partito, si deve ascoltare con tutto l'impeto che porta. Può essere definito un "misero" medley: a mio avviso, è un'ottima canzone punto e basta.
Abbiamo poi una drammatica quinta traccia, The best of times, scritta in onore del padre di Mike, Howard Portnoy, morto di cancro il 4 gennaio di quest'anno. Il brano inizia con le note di un piano, accompagnato poi da un triste "violino", e poi ancora da un lento assolo di chitarra in acustico. A quasi tre minuti si sente un'assai frenetica (e allegra) melodia di chitarra elettrica in crescendo. A 3.54 LaBrie inizia a cantare. L'inizio può avere un gusto di Hollow Years, ma la canzone si evolve in maniera diversa. Il tema principale di The best of times viene spesso reso dalle tastiere, in "orchestrato". Il brano però si mantiene abbastanza lento, con note suonate da pennate "da spiaggia" sulla chitarra in acustico. Verso i 10 minuti, Petrucci suona il tema principale della canzone in assolo, con qualche variazione, scale, sweep, e mi ricorda molto - nello schema in cui si svolge - The ministry of lost souls, in cui, nella parte finale, il tema veniva riproposto con tonalità leggermente diverse fino alla fine, occupando alcuni minuti. Idem qui.
Ahimè, anche The best of times può passare così come viene. Con tutto il rispetto verso Portnoy, forse questa è la canzone che meno mi ha "ispirato", di tutto l'album.
L'ultima, la sesta traccia, è The count of Tuscany, scritta da Petrucci, riguardo a una sua esperienza personale. A suo dire, un conte che lo aveva terrorizzato mentre visitava la Toscana.
Il brano inizia con un arpeggio e con un assolo di Petrucci. Dopo l'intro, l'arpeggio varia, entra l'orchestra di Rudess, e la batteria di Portnoy, che come sempre tiene il tempo seguendo e "battendo" fedelmente sulle note di Petrucci e Rudess, come se Mike stesso suonasse le note senza musica ma con le bacchette. Una serie di assoli si svolge fino ai 3.30 circa, dopodiché l'atmosfera si fa più tesa. Il ritmo diventa più frenetico, la batteria va in controtempo, l'atmosfera è oscura, parte la strofa e poi un ritornello:
I wanna stay aliveHa inizio quindi una parte strumentale. Ricomincia la strofa, e l'atmosfera è oscura, e questo Conte della Toscana mi ricorda molto Dracula. Quindi la parte strumentale si srotola fino a 10.20 circa, in cui si ha un svolta con un assolo lento di Petrucci, quindi tutto si ferma, e Rudess ci regala un momento di paradiso con un assolo di continuum con echo e sottofondo di tastiere, simile a Octavarium, ma ancora più leggero. Si interrompe, e qui c'è la parte che probabilmente amo di più, di tutto il disco. Semplici pennate su chitarra acustica, quattro accordi, Sol#m, Si, Fa#, Mi. Quindi LaBrie canta: "Could this be the end?/Is this the way I die?/Sitting here alone?/No one by my side/I don't understand/I don't feel I deserve this/What did I do wrong?/I just don't understand". Gli accordi vanno poi in distorsione, entra la batteria, e il brano è ormai in apoteosi. Si conclude con la voce di LaBrie in eco e in dissolvenza, per poi lasciare spazio alle cicale, alla notte.
Everything about this place
Just doesn't feel right
Quest'ultimo brano a mio avviso è il migliore dell'album.
Molti fan dei Dream Theater già storcono il naso, sentendo le nuove tracce. Una cosa è certa: Black Clouds & Silver Linings ha un tono dark, gothic, che nessun altro album dei Dream Theater aveva. C'è un maggior uso del continuum, e una sperimentale tendenza all'uso di suoni black metal. Sicuramente non raggiunge vecchi capolavori della band, ma non è assolutamente da sottovalutare, anzi. È sperimentando, innovando, che si migliora. E a mio modesto avviso, i DT continuano su una linea giusta. Basta avere una mentalità più aperta per accogliere tutta la bellezza del nuovo album.