martedì 24 novembre 2009

Ottimizzazione di world building e narrazione


Uno dei motivi per cui alcune persone reputano noioso Il signore degli anelli è la descrizione minuta dei paesaggi.
Chi lo ha letto lo ricoderà per certo, sebbene i film possano aver spazzato via quell'aspetto del libro. Invece no, è proprio così ed è vero. Tolkien descrive ogni filo d'erba e ogni fungo per ogni luogo che la Compagnia attraversa.
Negli anni '70 c'era l'abitudine di accendersi una cannetta e leggere il Signore degli anelli, per visitare con un bel viaggio della mente i boschi della Terra di Mezzo.
Un fattone può esaltarsi nel leggere di funghi magici e alberi parlanti, Tolkien può esaltarsi a scrivere di tutta quella roba che aveva in testa, piante incluse, ma un lettore normale, privo di assuefazioni e dendrofilia, semplicemente si annoia.
Questo è un articolo su "come evitare di annoiare il lettore", direte voi. Invece no - chissenefrega! Questo è un articolo su come "migliorare la propria ispirazione".

Costruzione del mondo parola-dopo-parola
Le prime volte che si scrive Fantasy si tende a creare il mondo durante la narrazione degli eventi. È come se man mano che il personaggio cammina, il mondo si creasse sotto i suoi peidi, e tutto attorno a lui.
In pratica ci troviamo a pensare all'osteria in cui giunge l'eroe solo nel momento in cui scriviamo "Giunse infine dinnanzi alla Gallina Ubriaca." Solleviamo un secondo le dita dalla tastiera e pensiamo: Come sarà? Buh. "Era una costruzione di legno" ecc. ecc., "un'insegna sbiadita ciondolava al di sopra della porta d'ingresso..." Il personaggio entra, e... Che palle, ora devo fermarmi e pensare anche a com'è dentro. Sbuffiamo. "Dei tavoli erano sparsi per la stanza, e su un lato vi era un bancone con un tale panciuto che asciugava le brocche". Bene, sistemato, ora posso continuare a divertirmi.
Chi ha avuto una prima esperienza di scrittura, specie nel Fantasy, sa di cosa parlo.
La pianificazione degli eventi è un conto, quella delle ambientazioni è un altro. È assai utile creare già da prima i luoghi che il personaggio attraverserà: in racconti ambientati nel nostro mondo è più facile, perché si può attingere dalla vita reale, e far cascare nella storia un locale scopiazzato dal pub dietro casa.
Nel Fantasy c'è il problema dell'ambientazione pseudo-storica. Se non è simile a quella in cui lo scrittore vive, sarà necessario ricorrere a foto, film, libri, materiale da cui prendere spunto. Questo "denaturalizza" quindi l'istantaneità della descrizione. E rallenta la stesura. Per questo motivo è meglio pianificare prima la creazione di un ambiente.

Quando l'esaltazione prende il sopravvento
Se non si pianifica la creazione degli ambienti, ci si blocca. O si sente una strana sensazione, come di inadeguatezza, o di insoddisfazione. È un po' come correre correre, accelerando sempre di più, e avvicinarsi sempre di più a una caduta.
Si badi: improvvisare la descrizione di un luogo non è un male. Si fa sempre, ed è indispensabile, è alla base della scrittura di un racconto, in pratica. Perché non si può pianificare tutto. Ma porre l'improvvisazione in un mondo almeno accennato, o quanto più chiaro possibile allo scrittore, dà una forma concreta all'ambientazione, e soprattutto facilita le cose.
Odio quando chi fa articoli come questi si esibisce in prove di creatività, mostrando quanto è bravo e fantasioso nel creare esempi interessanti. Quindi sappiate che lo faccio a malincuore e mi odio nel farlo.
Prendiamo il personaggio fantasy fittizio che è appena arrivato all'osteria, la Gallina Ubriaca. Si mette in un angolo buio e beve una brocca di vino, col cappuccio calato, molto figo (ai giovani e ahimè meno giovani fan del Fantasy i personaggi piacciono così. Fighi. Inverosimili, ma fighi, chisseneimpòrta). A un certo punto nell'osteria entra un uomo. Si guarda attorno. Nota il personaggio figo che si nasconde nell'ombra (...) e lo raggiunge. Parlano di questo e di quello, poi all'improvviso il nuovo arrivato tira fuori un pugnale, dice una frase a effetto (ai fan piacciono le inverosimili frasi a effetto in stile Hollywood) e affonda l'arma.
L'eroe con un'abile mossa di kung-fu lo disarma, ma si accorge che sulla soglia dell'osteria ci sono dei brutti ceffi che, lui sa, lo vogliono morto. Allora capovolge il tavolo e scappa.
Nella fuga, ci affrettiamo a dipingere il percorso. Sale le scale, entra in un corridoio, ci sono le camere, prova ogni porta, ne trova una aperta, entra, trova qualcuno magari che fa roba, apre la finestra, si butta fuori.
Ora, in una scena così non c'è tempo per ricreare l'ambiente. O meglio: si può fare, ma in primo luogo la cosa potrebbe smorzare l'entusiasmo e la "velocità" della narrazione. In secondo luogo, il piano superiore dell'osteria potrebbe avere anche una forma diversa. Se la stiamo creando noi, può benissimo adattarsi alle nostre esigenze.
Ma se a metà fuga ci accorgiamo, per esempio, che l'osteria si trova sulla cima di un promontorio, su cui si affacciano le camere? O peggio, se ce ne accorgiamo quando il personaggio si è già buttato? Frittata di personaggio, poveretto.
Bisognerebbe ruotare l'osteria, o spostare le camere, o livellare il terreno o spostare del tutto l'osteria e metterla in un luogo che si confà alle nostre esigenze. Per esempio, al di sopra di una scogliera (insomma...), oppure l'osteria potrebbe essere galleggiante, un galeone-locanda.
Ma se nel frattempo abbiamo narrato cose essenziali siamo nei pasticci. Dovremo cercare parola per parola ogni incongruenza e adattarla alla nuova condizione che abbiamo imposto.
Tutto ciò non si sarebbe verificato se avessimo fatto un po' gli ingegneri.

Romanticismo, nostalgia e ottimizzazione
Quando ero più giuovane, invece di seguire le lezioni di Matematica, Latino, Greco, Filosofia, insomma un po' tutte, disegnavo le mappe delle mie ambientazioni, piantine delle città, delle regioni, disegnavo i paesaggi, ecc.
Questo mi ha aiutato a non raggiungere mai la sufficienza in Matematica, e risicare un 6-7 in Latino e Greco.
E in più mi ha aiutato a poter narrare "con le spalle coperte". Mi dispiaceva solo che le mappe che avevano richiesto una, due o tre ore sono servite solo per scene di un paio di pagine.
Una cosa che mi son ritrovato a fare ora, dopo almeno 5 anni dall'abbandono di tale attività, è la ricerca di immagini che possano ispirarmi per la mia ambientazione.
Avevo disegnato la mappa del mio bel pezzo di universo Fantasy, e su Google immagini cercavo immagini di varie parti del mondo (foreste, montagne...) che poi affibbiavo alle regioni della mia ambientazione. Scorcio di Montagne Rocciose? Bene, questo è il regno di Taldeitali. Paesaggio del parco di Yellowstone? Foresta di Vattelapesca.
La cosa mi esaltava molto. Erano paesaggi vasti e privi di figure umane, era come se non appartenessero a nessuno, e io potevo farli miei, ampliarli con la mente, e farli esplorare dai miei personaggi.
Questo faceva nascere anche anche una sorta di affetto verso il mondo creato. E mi faceva sentire a mio agio nell'ambientarci le varie storie.

Il world building implica molti altri aspetti, sicuramente più rilevanti. Ma la buona focalizzazione - seppur solo "romantica", sentimentale - del mondo in cui ambienteremo le nostre storie ci renderà più sicuri nella stesura della storia.
Non è affatto certo che possa aiutare direttamente la lettura. Anzi: forse Tolkien era così preso dal suo affetto per la Terra di Mezzo da perdere di vista l'obiettivo principale (la narrazione, la storia). Tuttavia è indiscutibile che il primo requisito per un testo di qualità è la passione dell'autore nei confronti della sua opera.
Se non è presente neanche quella, come si può sperare di scrivere qualcosa di decente?

5 commenti:

Nutza ha detto...

Mi ritrovo in ogni singola parola con cui hai descritto i primi approcci con la scrittura fantasy dell'aspirante scrittore (medio).
Anch'io infatti, come te, quasi due anni fa commisi l'errore di buttarmi a capofitto nella prima stesura senza avere idea di dove avrei fatto muovere i personaggi... il risultato, com'è ovvio, fu disastroso. Ma son contenta di aver sbagliato: diversamente, non avrei cambiato rotta. Oggi infatti affronto la stesura di un romanzo fantasy con ben altre consapevolezze; e, sì, anch'io ho preso la bella (e utile) abitudine di cercarmi su Google immagini paesaggistiche che incarnino gli scenari che visualizzo nella mente. Dirò di più: sono anche solita cercare immagini di attori/attrici che mi pare somiglino molto ai personaggi che invento; però bado bene a non fare il procedimento inverso: inventare personaggi partendo da attori già esistenti... in questo caso temo che la mia fantasia ne verrebbe soffocata e finirei per immaginare semplicemente dei cloni. In generale, mi torna utilissimo guardare persone esistenti (e non astratte) per immaginare certe espressioni/gesti dei personaggi. Le foto aiutano molto in questo.

E' un lavoraccio (progettare, intendo) ma, alla lunga, dà grandi soddisfazioni.

Federico Russo "Taotor" ha detto...

Quella cosa delle immagini per i personaggi la faccio anche io a volte!
Però, ti dirò, anche nei romanzi (meglio ancora: nei tentativi di romanzi :D), tendo a fare questi errori. Quando si trova tempo per scrivere, non se ne trova per progettare purtroppo.

Edhwenden ha detto...

Ogni volta che si parla di Tolkien, io accorro in sua difesa! Sono la paladina della giustizia, che veste alla...ehm, ok mi fermo.
Il punto è che non hai tutti i torti^^. A me piace molto l'ambientazione dettagliata, perdermi nel mondo secondario, ma solo se questo non incide sulla narrazione. Credo che Tolkien, pur essendosi dilungato moltissimo su storia e geografia della Terra di Mezzo, abbia compensato gli eccessi con buone storie.

Federico Russo "Taotor" ha detto...

Purtroppo io non posso parlare oggettivamente: Tolkien mi piace anche coi suoi difetti. :D
Uno dei capitoli che mi piace di più del Signore degli anelli è quello di Tom Bombadil. Per alcuni è solo un deus ex machina, perché Tolkien non sapeva in che modo aiutare i personaggi per continuare la storia, per altri è solo un capitolo noioso. Io lo trovo magnifico! *_*

Edhwenden ha detto...

Tolkien amava il simbolismo fiabesco e epico, e ne faceva ampio uso, senza mai scadere nell'allegoria forzata. Tom Bombadil è uno di questi simboli, ed è bello come personaggio perché il mistero che lo circonda è vero, come se l'autore perfino non conoscesse tutto sulla sua natura.