Il troppo mangiare, bere e festeggiare mi ha ingrassato e impigrito, poi ci si è messa l'università e da questo momento il Rifugio rischia quasi di andare in letargo.
Ma non è questo il giorno! [cit.]
Se può fregare a qualcuno, ecco quello che ho letto durante le feste.
La sonata a Kreutzer, di Tolstoj.
Avevo voglia di classici dell'800, e questo non lo avevo letto. Si tratta di una novelletta a doppia cornice narrativa (un personaggio della storia racconta la sua vicenda, come in Cime tempestose), ma sostanzialmente più che storia è una specie di parabola con la morale.
Detto così non sembra molto appetitoso. Infatti dubito che possa piacere, se non ai fan del vecchiume e ai poser letterati radical chic (e per motivi differenti).
In pratica attraverso La sonata Tolstoj esprime una sua tanto curiosa quanto delirante visione del ruolo della sessualità nella società, snocciolando verità sulla natura umana e sulla decadenza della morale. Se vi piace estrarre frasi da romanzi per farne degli aforismi, La sonata non vi deluderebbe. Tolstoj, nelle sue speculazioni, arriva a formulare una specie di filosofia esistenzialistica in cui la sessualità stessa è un ostacolo per il raggiungimento dello scopo che il divino ha per l'uomo. Anche se non è ben chiaro quale sia.
Perché leggere La sonata?
In primis perché offre una mezza verità sulla società del tempo, le abitudini di scopaggio [cit.] dei giovani aristocratici e/o alto borghesi, in secundis perché mostra anche elementi di morale e costumi dell'epoca, e tutto ciò è interessante per l'appassionato di '800, della storia e menate simili. L'ultimo motivo per cui può valere la pena leggerlo è appunto l'idea delirante di Tolstoj. L'opera, ci informa Wikipedia, è stata scritta dopo la conversione dell'autore. E il contenuto di certi deliri (in questo caso religioso) spesso e volentieri è interessante.
Il giocatore, di Dostoevskij.
Rispetto alla Sonata, Il giocatore può risultare più "leggero", ma fino a un certo punto. La narrazione diaristica aiuta, ma spesso ci sono momenti introspettivi che non aggiungono granché. Strano, visto che a quanto pare questo romanzo è stato commissionato a Dostoevskij in un periodo in cui lui era a corto di denaro (lui era un giocatore accanitissimo, spesso era col culo per terra a causa del gioco, e cercava di rimediare passando le nottate a scrivere e fumare, se non ricordo male con una scatola di sardine come posacenere o qualcosa di simile).
Senza dubbio il romanzo è "affidabile", nel senso che il protagonista malato di gioco è in parte un alter ego credibile dello scrittore, ludopate. Ad ogni modo l'intreccio romantico/psicologico non è proprio un intreccio, e certi personaggi hanno comportamenti bizzarri, manifestazioni abnormi delle emozioni come solo certi autori dell'800 sono in grado di narrare - escludo la nonnina, personaggio semi-caricaturale, divertente e abbastanza verosimile.
Nel complesso, è interessante da leggere più per la componente "didattica" della ludopatia, poi anche per i fatterelli associati all'ambiente (Dostoevskij non risparmia pregiudizi/stereotipi etnici riguardo al comportamento nel gioco d'azzardo, dagli ebrei agli italiani, dai tedeschi ai polacchi, e così via, tutto però da un lato fenomenologico, scevro da veri e propri giudizi di valore).
A parte questo, non ha grandi momenti, e anzi, termina in maniera blanda, senza una direzione precisa o un motivo di risoluzione dei conflitti.
Primavera, di Gamberetta.
Gamberetta si rifà viva con un racconto breve sulla fine del mondo.
Forse è una mia impressione, forse il troppo mangiare e bere delle feste mi ha confuso, ma questa Gamberetta mi sembra migliore di quella di Assault Fairies. Non che in quest'ultima non fosse brava, ma quell'oggettività eccessiva che a tratti svuotava di emotività la storia qui non c'è: oltre allo show, don't tell la storia è emotivamente colorita - "il giusto". L'idea di fondo del racconto mi ha lasciato un po' così, non molto soddisfatto, ma sono solo gusti. Il racconto spacca ed è scritto magistralmente.
Diary, di Palahniuk.
Palahniuk è qualcosa come il mio scrittore preferito.
Ma temo di aver esaurito le letture migliori. Mi spiego: in Diary Palahniuk è forte come sempre, adoro i suoi cori, ma le ipotesi sono due:
1) L'ho stancato e basta.
2) Il tono amareggiato della protagonista/narratore abbinato alla mancanza di veri plot twist/idee sconvolgenti/picchi nell'andamento della storia mi hanno fatto desistere.
Forse lo riprenderò in futuro. O forse no, non lo so.
E ora le note di chiusura.
A parte un articolo che ho preparato sotto Natale e non ho pubblicato, dovete capirmi: è periodo di studio. Non mi piace essere uno di quelli che posta una volta ogni morte di papa, di contro però le routine perchéssì mi stanno qui, e i "post del giorno tale", a meno che non siano grandiosi, di solito li odio. Tranne Zero Calcare. Le sue vignette periodiche (non lo sono sempre) mi piacciono. Lui spacca, può andare.
Quindi: se dovessi riuscire a pubblicare un post alla settimana o ogni 10 giorni, sarà un grande evento.
Sempre che a qualcuno possa importare.
Oltretutto quando studio solitamente non leggo o leggo molto a rilento, quindi... Boh.
Auguri. Buon inverno. Fate voi.
giovedì 17 gennaio 2013
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