Quando posso cerco di dedicare un post a un romanzo, anche se il romanzo in questione era troppo noioso da finire di leggere. Talvolta mi capita anche di leggere qualcosa e poi non parlarne sul blog, perché non ho niente da dire o non fregherebbe a nessuno (capita solitamente coi classici, per esempio lessi Papà Goriot ma non mi sembrava di avere nulla di intelligente da dire, e di solito mi capita con tutti i classici).
L1L0, di Pippo Abrami. Una delle prime pubblicazioni gratuite di Vaporteppa. Un racconto scritto molto bene, farcito di umorismo efficace, all'interno di un storia dal ritmo incalzante. L'automa dall'umorismo ebraico richiama ovviamente il Golem della tradizione ebraica medievale, e questo blend è succulento per noi che pur avendo amato il fantasy e il folklore medievale, siamo stanchi e troviamo nello steampunk qualcosa di più attraente. Direi che il punto forte di L1L0 sia proprio questo.
I robot di La Marmora, di Alessandro Girola. L'idea di base mi piace (1864, un'astronave aliena finisce sulla Terra, alcuni alieni si alleano con gli austriaci, altri invece col Regno d'Italia, e la loro tecnologia li porta a creare dei robottoni giganti pilotati da soldati, dal sapore trash niente male) e ho molto apprezzato il fatto che l'idea non sia stata presentata subito (sinossi a parte), anche se poi viene fatto in maniera un po' (molto) infodumposa. L'infodump infatti è costante, sia da parte del narratore sia nei dialoghi, dialoghi che suonano perlopiù telenovelistici. Nel complesso, a mio parere, si poteva valorizzare sviluppando il tutto in maniera più accurata.
La maschera di Bali, di Francesco Durigon. Altra pubblicazione gratuita di Vaporteppa. Non voglio dire che mi sia piaciuto meno di L1L0: in realtà, per quanto la collana sia la stessa e di conseguenza anche il genere/sottogenere, di fatto L1L0 è pervaso dai toni umoristici dell'automa (e io da un po' di tempo sono interessato ai meccanismi della comicità), mentre La maschera, che punta più sull'azione, ha dalla sua la componente di magia/divinazione, che in un'ambientazione vittoriana/ottocentesca ha il suo enorme fascino (noi amanti del fantasy medievaleggiante non possiamo che essere altrettanto attratti dal '700 alchimistico e dall'800 gotico, in stile Lestat ecc.).
Tuttavia non mi soddisfa completamente. Lo stile è ottimo e le premesse anche: capisco che con un "budget" di parole limitato sia difficile, ma personalmente avrei ristretto lo scenario, eliminato un pov (su queste brevi distanze, due sono già troppi) e dosato il ritmo, mostrato di più i "demoni", e magari sostituito gli epiteti del tipo "bastardi" che alla lunga stancano e suonano ridicoli. Ad ogni modo la qualità è ottima e spero di poter leggere qualcos'altro di Durigon, in futuro (che detto tra noi, ha un cognome fighissimo).
Gli dei di Mosca, di Michael Swanwick. Dal punto di vista editoriale, è encomiabile il modo in cui Vaporteppa, piccola collana di nicchia, abbia potuto lanciare come primo titolo un'opera straniera, inedita in Italia, di un autore già affermato a livello internazionale.
Tuttavia Swanwick non lo conosco bene, e Gli dei di Mosca pare essere un'opera un po' atipica rispetto a quanto di solito produce l'autore. Come ho accennato prima, sono molto attratto dalla comicità, e Surplus è un personaggio simpaticissimo che mi ha fatto molto apprezzare il romanzo, insieme ad altre trovate umoristiche sparse. Devo ammettere però che lo stile di Swanwick fa perdere qualche punto al romanzo, e l'ideale per poterselo godere appieno è combinare il piacere dell'umorismo con l'amore per il bizzarro (non siamo ai livelli di Carlton Mellick, ma comunque del bizzarro c'è). Ho avuto già modo di parlarne, ma lo ripeto: chiunque stia supportando il progetto di Vaporteppa è sicuramente in attesa di opere nostrane, e i due racconti gratuiti finora pubblicati sono già un ottimo biglietto da visita, a mio avviso. Tra Gli Dei di Mosca e le opere gratuite pubblicate c'è un abisso quanto a stile: Swanwick ha i suoi pregi, ma lo stile non è propriamente uno di questi, al contrario di L1L0 e La maschera di Bali, stilisticamente curatissimi, impeccabili. Questo è l'unico mio scetticismo nei confronti della scelta dell'opera di Swanwick come prima pubblicazione.
Fight Club, di Chuck Palahniuk. Se c'è una cosa che evito, è leggere i romanzi dopo aver visto il film. Quando parlo con amici o altra gente di un film tratto da un romanzo, mi sento dire per la maggior parte delle volte (letteralmente): "Sì, ma vuoi mettere? Il libro è molto meglio", e con molta probabilità questo è dovuto alla desiderabilità sociale e all'accezione positiva "a priori" con cui vengono considerati i libri. No, non sempre "il libro è molto meglio", anzi, spesso i romanzi sono scritti coi piedi e gli sceneggiatori fanno un ottimo lavoro di riscrittura, visto che devono colmare le lacune narrative con alternative efficaci, che siano godibili per il pubblico (come se per la narrativa non fosse così, ma si sa, soprattutto in Italia vige il trend del non rispettare le regole pur non conoscendole, il trend del produrre generica "arte", il trend del perchéssì, perchéèfantasy, ecc.).
Ad ogni modo, Palahniuk mi piace e ho voluto leggermi tutto ciò che ha scritto, lasciando per ultimo Fight Club, visto che è in uscita il seguito. Come (quasi) ogni sua opera, mi piace, fa sempre centro. Non posso fare a meno di notare come, nonostante la sua buona tecnica, ogni tanto viene meno al suo stesso principio di Submerging the I, e un po' mi lascia l'amaro in bocca, proprio come quando dopo aver letto On writing di Stephen King rimasi deluso nel leggere avverbi in -mente, forme passive e "verbi dire pompati di steroidi" - sebbene nelle sue opere tradotte.
Comunque sia, un aspetto positivo del romanzo dopo aver già visto il film è che, a parte quel tipo di comunicazione che solo la narrativa può trasmettere e non il cinema, diverse parti, finale incluso, sono diverse, nelle due versioni.
P.S. Brace yourselves, può darsi che prossimamente farò un'altra carrellata simile, perché sono troppo pigro per scrivere post decentemente lunghi su una sola opera, e anche perché il 90% delle volte:
1. l'opera fa schifo perché è scritta coi piedi, ed è inutile stare a sottolineare aspetti stilistici ovvi a chiunque.
2. l'opera è bella perché è scritta bene, ed è inutile stare a sottolineare il perché è scritta bene.
Di tanto in tanto capita qualcosa di così buono da meritare elogi specifici, o qualcosa di brutto che però ha aspetti positivi che meritano menzione.
Sempre che a qualcuno freghi qualcosa, ovviamente.
domenica 8 giugno 2014
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
2 commenti:
A me frega :D resto in attesa delle prossime segnalazioni, minirecensioni, recensioni ;)
Grazie! xD Anche se temo che la prossima carrellata sarà di libri lasciati a metà, lol.
Posta un commento