In un'antica città dell'odierna Turchia, Sòloi, i cittadini parlavano così male il greco, che così nacque la parola solecismo. O almeno, così sapevo. :)
In tv e non solo va di moda parlare come capre. In una frase sola ora proverò a raccogliere i molti orrori solitamente pronunciati:
«Ma Maria, davvero, io a lei non gli ho fatto niente! Se l'avrei saputo mica lo dicevo! Per favore, mi dai l'apparecchio che si parla?»
Inutile stare qui a commentare.
Non voglio stare qui a dire che in tv e nella vita di tutti i giorni nessuno sa parlare tranne una cerchia di prediletti cui il sottosritto fa parte - magari ne facessi parte. Il problema è che, nonostante tutto, si continua a commettere errori. Ma se la lingua ha delle regole, ben stabilite tanto tempo fa da filologi e compagnia bella (tutti colla barba: gli studiosi di tutto il mondo devono avere la barba, sennò non sono studiosi XD), perché ignorarle e farne di proprie? Non risulterebbe più facile parlare secondo le regole? Non ci capiremmo tutti meglio? Non si farebbero le guerre, non ci sarebbe la fame nel mondo ecc...
Conoscere le regole della lingua è essenziale per uno scrittore. Senza dubbio la creatività in sé, quella dell'anima, che uno ha dentro e basta, è la cosa più importante. Ma non ha senso avere tante belle idee e non saperle esporre. Mettiamo che Pincopallino ha in mente un motivetto che fischietta spesso, di sua invenzione. Vorrebbe metterlo sul pentagramma e suonarlo. Ma non sa suonare manco il campanello. Eh, questo è un bel problema. Che si fa?
Si studia.
La morfologia, la fonologia, il lessico, la sintassi, e tutte ste cose strane devono essere studiacchiate almeno un po'. Quanto basta per poter articolare un discorso, giusto, sbagliato, incoerente, ma privo di errori. Questo è importante.
E' una cosa bella, dopo tutto. Io personalmente rimango affascinato da tutta sta roba, sarà perché le ho dato un assaggio e ora ne ammiro la sterminatezza, la genialità...
Io sono pronto a scommettere 100 fanta€ che fra tutti gli scrittori attuali più importanti, solo qualcuno è un eccelso conoscitore della lingua. Tutti gli altri, inclusi i disgraziati come noi, conoscono le basi e giusto qualche altra cosa che impedisce di fare errori banali (scrivere "sì" affermazione e non "si", "un po' " e non "un pò", "affinché" e non "affinchè", "un'eco" femminile e non "un eco", usare bene pronomi et similia senza usare il "che" polivalente tanto amato dalla gente che ho sopra citato con un dialogo fittizio, e via discorrendo). E non parliamo dell'ètimo! del tipo "datemi retta" che deriva da "date mihi rectas aures", o da "oggi" che deriva da "hodie", "hoc" e "dies" e non si può dunque scrivere "quest'oggi" perché ridondante....
Non venite a dirmi che al paese vostro si dice in un certo modo e quindi in quello stesso modo ci si può permettere di scrivere, perché la lingua cambia, si evolve, e bla bla bla. Tanto tempo fa, verso il Rinascimento, c'erano degli studiosi (sempre quelli colla barba), che si misero d'accordo, e si stabilì una lingua letteraria che si differenziasse da quella del volgo, imponendo canoni precisi; è così difatti che noi possiamo più o meno capire testi di secoli fa.
Ora, sapendo che ognuno di noi è un caprone ignorante e che sa ben poco della propria lingua - rispetto a quanto c'è da sapere -, che ne dite se andiamo a darci tutti una ripassata dai libri dei primi due anni di scuola superiore? :D
P.S. Quasi (95%, va') tutti i miei "colleghi scrittori" scrivono come si deve, e sono felice di leggere quello che scrivono. Non tanto perché dicono cose belle, ma perché le dicono bene. Questo è l'importante. :)
L'immagine che ho affibbiato al post appartiene a un'opera di Memling. Quel demone nero è il solecismo, da evitare e maledire. L'angelo dalle candide vesti invece è l'azione benefica della grammatica.
7 commenti:
Eccomi qua a lasciare un rapido commento sulla "questione linguistica".
Inanzitutto vorrei precisare che per un Linguista non è necessario che parlanti e/o scrittori sappiano al meglio la grammatica della loro lingua. La Linguistica non insegna a parlare meglio una o più lingue, non è prescrittiva. Al contrario è descrittiva, ovvero descrive le caratteristiche di una o più lingue.
Perciò quello di cui stai parlando è più una conoscenza di grammatica e sintassi, che una conoscenza linguistica. ;-)
Per quanto riguarda l'oratoria, il saper parlare, è logico che bisogna avere dei canoni prestabiliti, delle regole ferre a cui sottomettersi per poter comunicare al meglio con gli altri. Sono d'accordo sul fatto che bisogna quindi seguire un certo modo di scrivere, corretto e pulito.
Tuttavia gli errori che tu hai inserito in questa frase:
«Ma Maria, davvero, io a lei non gli ho fatto niente! Se l'avrei saputo mica lo dicevo! Per favore, mi dai l'apparecchio che si parla?»
per uno come me che sta studiando Linguistica (e che deve dare l'esame, uff!) o per un Linguista vero e proprio, quelli non sono errori bensì evoluzioni.
Come la lingua latina si è potuta evolvere generando il volgare e poi le lingue neoromanze? Con gli errori.
Tu affermi che la morfologia, la fonologia, il lessico, la sintassi, e tutte ste cose strane devono essere studiacchiate almeno un po'. Se ti fermi un attimo soltanto a pensare alla mole di quantità che un uomo dovrebbe quindi imparare per scrivere, dovresti renderti conto che tale quantità è impossibile da possedere in modo completo. E' la competenza che Noam Chomsky aveva ipotizzato: uno schema dettagliato della propria lingua nella mente di chi parla e scrive. Ma ciò è impossibile.
L'unica cosa che l'uomo può fare è applicare certi schemi. Noi tutti sapiamo che il verbo "tavare" non esiste. Ma se ti chiedessi di coniugarmelo al presente, riusciresti di certo.
Quindi è giusto che un oratore sostenga discorsi sensati e con stile chiaro e ragionato.
Ma per quanto riguarda la Linguistica, non esistono errori: solo evoluzioni.
Il Solecismo a mio parere riguarda molto di più l'opinione che una persona possiede, piuttosto che il modo in cui la esprime.
Umilmente,
Spirito Giovane a.k.a. Daniele
Con "Conoscere le regole linguistiche" intendevo le "regole della lingua" (difatti ho modificato, ora :), senza alludere ad alcuna scienza umana. Però, sintassi, morfologia ecc. non fanno sempre parte della linguistica?
Hai scritto: "Se ti fermi un attimo soltanto a pensare alla mole di quantità che un uomo dovrebbe quindi imparare per scrivere..." E' ovvio, ne sono cosciente, difatti ho precisato: "ne ammiro la sterminatezza, la genialità..."
Ne sai più di me, sicuramente, ma, chessò, "io a lei non gli avevo fatto..." può essere considerata un'evoluzione? A me sembra un orrore bell'e buono! Cos'è, un doppio dativo? XD Spacciamolo per "rafforzativo", magari, e laviamocene le mani. :)
Si, concordo. Rafforzativo.
E vedremo che da qui al 2040 molte forme considerare sgrammaticate diventeranno d'uso comune...
Baste sentire in quanti dicono "A me mi piace".
Spirito Giovane a.k.a. Daniele
Ciao :)
Sono quella con il nick da maschio dell'altro blog :)
Hai scritto un bel post su un argomento che mi riporta indietro di qualche esame fa.
In generale concordo con te, uno scrittore deve saper parlare la lingua secondo l'uso considerato corretto. Per l'aspirante scrittore poi conoscere la grammatica è la base assoluta.
Però ha ragione anche Spirito giovane in tutto quello che dice: la lingua si evolve, e nessuno può farci niente.
A volte voler cristallizzare per forza è inutile e pure controproducente.
Io per esempio sono una ferma sostenitrice dell'uso di "lui/lei" soggetto al posto di "egli/ella". Lo fanno già in molti romanzi,e poi, veramente, penso che ella in particolar modo faccia schifo. Sono opinioni e mie fisse personali, però sono consapevole di cosa dice la "norma" e del fatto che se scrivo "lui" al posto di "egli" sto evadendo dalla norma della lingua scritta a favore di una norma del linguaggio parlato.
Secondo me è più importante che lo scrittore conosca la linguistica, più che solo la grammatica. Uno scrittore deve stare attento alle evoluzioni della lingua e fare le sue scelte in maniera consapevole.
Poi c'è il dialogo, dove tutto è permesso. Anzi, se uno scrittore scrivesse un dialogo come quello citato non sarebbe da condannare, al contrario da premiare per il realismo (a meno che non scriva così anche nella narrazione).
L'importante è la consapevolezza. Quindi studiare :)
Ciao
Sì, Nick, è vero, concordo. L'uso di Il/la, "originariamente" complemento oggetto, usato come soggetto è stato sostituito. Anche io faccio così, ma il problema è: evidentemente da quando si è cominciato a usare lui al posto di egli nella lingua parlata, la cosa si è radicata al punto da diventare la regola, e non è una tragedia, ma alcune di queste evoluzioni non sono positive! Perché talvolta si elimina ciò che invece aiuta la lingua, ciò che specifica, ecc... Quindi, a questo punto si dovrebbe dire che alcune evoluzioni (anzi, involuzioni!), possono passare, le altre no.
O dico cazzate? :D
Diciamo che non possiamo farci niente sul farle passare o meno...
Purtroppo, perchè mi vengono i brividi a pensare che magari tra cento anni scriveremo "xkè, cmq, xò", anche se non credo. Però il "ke" al posto di "che" secondo me è una minaccia seria :D!
Comunque se il mutamento linguistico avviene dal basso sono gli scrittori a far si che l'errore diventi regola.
Quindi l'ultima parola spetta agli scrittori, dunque è fondamentale che gli scrittori stiano attenti prima di fare le loro scelte.
Lo scrittore che dirà (non nel dialogo) "gli telefonò" (a lei) sarà fustigato dalla sottoscritta, e il primo che oserà scrivere "ke" invece di "che" causerà il MIO suicidio!
Anche se non ci possiamo fare niente... possiamo sempre lamentarci e gridare alla tragedia!
:)
Già! Infatti! E poi io ho un certo talento a lamentarmi e «gridare alla tragedia», ahahah ^^
P.S. Se Simone legge che aborriamo il "gli" riferito al femminile ora farà un casino... XD
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