venerdì 9 settembre 2011

Favola NIE - Sergente Baffino e la frittura gnomica


L'han letto: altri forti alla ducale chiamata / rispondean da fraterne contrade /affilando nell'ombra le penne / che or levate scintillano al sol.

Ecco la storia si spera all'altezza del New Italian Epic (Fail).

Sergente Baffino e la frittura gnomica


Era novembre, e i conigli di Colle Granturco avevano riposto le armi giacché gli gnomi della valle, dopo la sconfitta nel Bosco di Centopigne, erano stati costretti a gettare lo scudo, recando seco il Comandante Grunko il Gigante.
Si festeggiava, a Colle Granturco, con lattuga fresca, erbetta, sedano e carotine da rosicchiare.
Con le terre prive della gnomica minaccia, Baffino e i suoi amici decisero di lasciare i festeggiamenti per inoltrarsi nella boscaglia e tirare alle fatine con le rivoltelle in dotazione. Così acchiapparono un po' di fuochi fatui dal cimitero fuori città, li infilarono nelle lanterne e vagarono per il bosco.
«Facciamo a chi prende più fatine alla fine dell'alba!» propose Baffino.
«Sì sergente!» risposero in coro gli altri.
Saltellarono ognuno in una direzione diversa, come piccole lucciole nell'oscurità.
Sulle loro teste, un allocco - con la pancia piena e spaventato dalle rivoltelle - disse: «Attenti! Ci sono dei briganti gnomici nei dintorni!»
Ma alle orecchie dei coniglietti giunse solo un richiamo vago, perché non parlavano l'allocchese.

Pazienza” pensò l'allocco, mentre girava la testa in tutte le direzioni per seguire con lo sguardo i leporidi.

La serata non si stava rivelando delle migliori. Al calar del sole, mentre sorvolava la valle degli gnomi in cerca di topi temerari, una gazza era comparsa dietro di lui, gli occhi malvagi scintillanti, e l'aveva costretto a scendere in una picchiata estrema.
Si era rifugiato nell'insenatura del fusto di un grosso tiglio secco. La gazza v'infilava il becco ma lui era fuori portata. Se l'era fatta sotto. Fortuna che nell'albero c'era qualche ragnetto da sgranocchiare, finché la gazza non se ne fu andata.
Baffino mirò e sparò. Sentì un tonfo sommesso. Andò a raccogliere la fatina priva di testa che spruzzava sangue dal collo. Aprì il sacco di tela e la buttò insieme alle altre dieci. Fece tremolare il musetto all'odore di fragola, muschio e cannella che veniva dall'interno del sacco.
«Undici!» gridò. Ma guardandosi in giro vide che solo tre lanterne dondolavano nell'oscurità. Poi due. Poi una.
Infine rimase da solo.
Sei gnomi comparvero alla luce della sua lanterna, circondandolo.

Sono fritto!” pensò Baffino con un fremito.

Calarono su di lui.

Da dilettante WuMing spaccaculi, alfiere dell'innovazione, messaggero della rivoluzione prosastica, arsore di regole, ho cercato di seguire il memorandum, o anche no, a partire dall'assolutamente inviolabile condicio sine qua non il romoanzo NIE non potrebbe (o potrebbe?) esistere, ergo del rifiuto del tono distaccato e "gelidamente ironico" predominante nel romanzo postmoderno, e lupus in fabula, il connubio dell'ironia e del dramma corale si proietta su una dimensione zoologica attraverso lo sguardo obliquo dell'allocco, effige, simbolo, emblema, araldo dell'ineluttabilità umana distorta dal fato meschino che, ceteris paribus, dirama la complessità narrativa unita a un'attitudine “pop” che spesso porta al successo di pubblico, o anche no, ma forse sì; indi, onde restringere la potenzialità degli eventi, il racconto svolge la narrazione di storie alternative e probabili ipotetiche “ucronie potenziali” poiché, etiam capillus unus habet umbram suam, è la possibilità dell'allocco di essere cacciato dalla gazza a scatenare la possibilità del ritorno di quest'ultima al nido, o di non tornare affatto, e via dicendo, ἀπ' αἰῶνος.

WuMing ispiratori:

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