venerdì 29 novembre 2013

Due parole non richieste sulle opportunità della pubblicità nella narrativa digitale

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Ovviamente son tutte balle. Nessuna industria del tabacco mi ha (ancora) pagato per ospitare annunci pubblicitari sul blog. In Italia, oltretutto, la propaganda di tabacchi lavorati è anche vietata da qualche decennio. Ma il punto è: quanto è bella questa locandina pubblicitaria? Mettendo da parte il tabacco, quanto può infastidire l'immagine pittoresca di un uomo solitario, accampato con un fuocherello vicino a una piramide, che si accende una Camel mentre il sole tramonta dietro la duna?
Alcuni anni fa ho avuto l'opportunità di sfogliare alcuni linus, in particolare i numeri che andavano dagli anni '70 agli anni '90. Sono rimasto affascinato dalle pubblicità, come per esempio quella delle calcolatrici Texas Instruments, della Fiat Panda adatta ai giovani (e in aggiunta gli slogan sulla sua bellezza, letti vent'anni dopo, sono ridicoli), e delle sigarette Camel.
Purtroppo su Google non sono riuscito a trovare quella che mi è piaciuta più di tutte: un presunto esploratore (come quello qui sopra), sdraiato su un'amaca annodata a due alberi in un paesaggio esotico, che con una mano regge un libro e con l'altra si spippetta una Camel.
Vuoi per il gusto vintage, vuoi per il fascino esotico, a mio avviso quella pubblicità era una piccola opera d'arte, impreziosita dal tempo e chi lo sa, probabilmente ha impreziosito, di rimando, anche la rivista che la ospitava.
A prescindere dalle ovvie questioni di salute (fumare fa male), una pubblicità come la suddetta è esteticamente bella, persuasiva nei giusti limiti, e soprattutto permette alla rivista di esistere. Oltretutto la stessa Camel, che dapprima spacciava il suo marchio come il preferito dai medici, dopo l'ignoranza degli anni '40-'50 ha aggiunto quella piccola scritta relativamente al danno del fumo. Sebbene siano caratteri minuscoli, si tratta pur sempre di coerenza e rispetto, al contrario per esempio di pubblicità che affermando che "la cellulite è una malattia" vogliono venderti il loro prodotto inutile, o che quando ti lavi i denti le gengive ti sanguinano e hai bisogno necessariamente del loro dentifricio: questo è terrorismo psicologico basato sulle credenze false delle persone (suggestionabili).
La Psicologia Sociale insegna che per i prodotti di uso pratico, le pubblicità si concentrano sugli aspetti di efficienza e qualità del prodotto, mentre per quei prodotti che essenzialmente non servono a nulla (un profumo, o un whiskey), ci si concentra su fattori di desiderabilità sociale (basandosi sul fatto che persone con alto automonitoraggio, cioè con la tendenza a cambiare a seconda delle richieste dell'ambiente sociale, sono più suscettibili ai tipi di messaggio che riguardano per esempio lo status).
Chiedo scusa per la lunga premessa, ma mi sembrava necessaria per discriminare le pubblicità per così dire "oneste" da quelle "disoneste" (terrorismo psicologico).
Il discorso dell'utilità delle pubblicità l'ho già affrontato con altre persone su vari blog. A mio avviso la pubblicità è un'arma poco sfruttata che farebbe guadagnare tutti.
Per vendere i loro prodotti, le aziende hanno bisogno prima di tutto che la gente li conosca, e per fare ciò hanno bisogno di un mezzo per comunicare che il prodotto (o il servizio) X è in vendita ed è migliore di altri.
Basti pensare alle serie tv (americane, almeno): escludendo i finanziamenti del network o i ricavi per gadget e surrogati, una buona parte del guadagno deriva dallo spazio venduto alla pubblicità (gli ad). Cioè le aziende pagano per piazzare 15-30-60 secondi di spot poco prima della puntata, nel mezzo, o dopo.
Pensiamo alla pubblicità cartacea lasciataci nella cassetta della posta. Non so voi ma da me arrivano certi libretti di carta plastificata, con fotografie a colori vividi di poltrone e arredo: essenzialmente spazzatura di alta qualità. Ma fa ridere pensare poi che un paperback (carta scarsa, completamente bianco e nero) venga a costare 10€.

Ora, io non me ne intendo di marketing, ma appare abbastanza chiaro che la pubblicità si può sfruttare in molti modi per diversi fini, anche quelli quasi filantropici.
Tempo fa pensai: e se i romanzi venissero pubblicati con inserti pubblicitari all'interno? Il libro cartaceo potrebbe venire a costare meno (mi riferisco ai paperback, non alle edizioni da collezione). E sarebbe grandioso se si potesse fare una cosa simile anche con testi didattici, così da poterli rendere economicamente accessibili a tutti.
Alcuni siti piuttosto frequentati ospitano banner che, grazie alla popolarità del sito, possono ricevere un po' di visibilità (e, presumibilmente, incrementare le vendite). Non sarebbe possibile fare una cosa simile con gli ebook? Piuttosto che vendere un romanzo particolarmente popolare sarebbe bello poterne vendere la popolarità stessa: ebook gratuiti in cambio di inserzioni pubblicitarie.
Non mi sembrerebbe così assurdo se in un ebook dovesse esserci la pubblicità - mettiamo - dell'ultimo eReader di Amazon o di Kobo. Considerando che tanti lettori, come me, cercano informazioni sugli ultimi eReader, la pubblicità del nuovo modello Vattelapesca dell'azienda Taldeitali all'inizio di un capitolo non mi darebbe fastidio, anzi: se caratteristiche e prezzo dovessero soddisfarmi, me lo comprerei. E perché no, come già è stato fatto con Kobo, non sarebbe una tragedia avere un eReader più economico in cambio di piccoli banner pubblicitari nella home (a condizioni accettabili).
Se io fossi un'azienda di qualche tipo, valuterei la possibilità di, per esempio, "finanziare" uno scrittore che va forte perché scriva un'opera che la mia stessa azienda provvederebbe a distribuire gratis col mio marchio sopra. Ci guadagnerebbe lo scrittore (probabilmente non uno Stephen King che guadagna sicuramente di più pubblicando dal nulla quello che gli viene in mente mentre fa la spesa), sia in denaro che in maggiore visibilità, sia la mia azienda, che sfruttando un mezzo (la narrativa) potrebbe allargare la fetta di acquirenti.
O perché no, potrebbe essere la stessa azienda che, grazie alla propria popolarità, potrebbe distribuire con un maggiore impatto un romanzo, un certo numero di autori, un genere, una casa editrice indipendente che però pubblica opere meritevoli ecc. Se domani dovesse nascere l'equivalente dell'Eraserhead Press ma con un altro nuovo genere mind-blowing, e se l'alta qualità delle opere non dovesse bastare a renderla famosa, un qualche tipo di sponsor potrebbe, in qualche maniera, tornare utile a farla emergere, o no?
Oppure prendiamo Steam: una piattaforma per ebook (e perché no, anche macro-aggregatrice di altre piattaforme), piuttosto che per videogiochi, sarebbe possibile? Gioverebbe? Farebbe emergere capolavori inaspettati? Molti giochi indipendenti con Steam sono saltati all'occhio e hanno avuto successo (con gran piacere di migliaia di gamer).
Personalmente, troverei grandioso se qualcuno si mettesse a distribuire gratuitamente "episodi" narrativi, avvincenti, di una qualche storia (fantasy, horror, storica, quello che vi pare), il tutto supportato da sponsor pubblicitari, allo stesso modo delle serie tv. Così che quando torni a casa, quel giorno della settimana, invece di mettere a scaricare l'episodio della sitcom preferita, scarichi una puntata "narrativa", il cui andamento potrebbe essere influenzato dall'impatto degli ascolti. Sì, i ritmi di lettura sono diversi da quelli degli spettacoli tv, ma sono convinto che la cosa sia possibile, e non solo: riuscire a scrivere capitoli leggibili per esempio in 30 minuti, che riescano veramente a intrattenere, a sviluppare un climax, che contengano un forte hook e un cliffhanger mangiaunghie, significherebbe essere scrittori davvero abili.

Insomma, non parlo di nulla di nuovo. Mi rendo conto che il discorso non sia originale e che di fatto esistono interi staff di persone qualificate e strapagate per avere idee simili e sicuramente migliori, ma mi rendo anche conto che non ho mai visto iniziative che abbiano veramente provato a dare una svolta in questo senso - nell'ambito dei romanzi/ebook.
Certo, mettere a confronto un pubblico di gamer con uno di lettori è assurdo, e lo stesso vale per film, serie tv o musica. Immagino che si facciano meno soldi con la narrativa. Ma è anche vero che le cose stanno cambiando: se i lettori non fossero così tanti, non ci avrebbero nemmeno pensato a inventare gli eReader e tutto il resto, eppure è successo, e i dati delle vendite fanno ben pensare.
Evidentemente modi nuovi di fare le cose o vivere esperienze ha portato a una più diffusa fruibilità di materiale che prima non godeva della notorietà di cui gode ora.
Ok, forse sto delirando, ma magari c'è qualcuno là fuori che leggerà questo post e che vi troverà spunti utili per poter arricchire l'esperienza della lettura di intrattenimento.

3 commenti:

SpiritoGiovane ha detto...

L'Editoria, lo dicevano alcuni imprenditori due settimane fa a Pavia, è uno dei settori meno innovativi e uno dei più conservatori. Almeno in Italia. Proprio oggi parlavo con un amico della mancanza di innovazione, di nuove idee e di progresso in campo editoriale.

Sul campo pubblicitario, non sempre essere sponsorizzati è un bell'affare. Spesso gli investitori vogliono risultati molto differenti da quelli di un artista, se non esattamente differenti. Quanta probabilità c'è nella produzione seriale sponsorizzata di pubblicare porcheria e di rendersene conto solo a posteriori? A mio parere una probabilità alta. Cerca di comprendermi, porcheria nel senso di un prodotto che sia esclusivo appannaggio della pubblicità.

In poche parole, cosa impedisce alle aziende pubblicitarie di fare l'esatto opposto che hai detto tu? Vedono un mercato che può generare profitto, esattamente come una televisione, e dunque vogliono il profitto e in men che non si dica non sono loro a sponsorizzare lo scrittore ma è lo scrittore a doversi guadagnare lo sponsor. Che mi va anche bene. Tuttavia c'è una questione di produzione mica indifferente: chi ha potere decisionale? Il pubblico? Il pubblicitario? Lo sponsor? Lo scrittore?

Forse per innovare e modificare veramente il settore bisogna prima di tutto pensare che moltissima gente consuma in modo più dettagliato di prima, non vuole più un libro di genere ma un genere preciso di libro (renzianamente parlando, perdonami).

Bella sciorinata di pensieri comunque, un punto di partenza per una discussione più ampia. Fermo restando che l'interesse astratto è uguale: come si può provare ad innovare l'editoria?

- S.G.

PS: Pensieri pesanti per le 23 di un venerdì sera! :)

Simone ha detto...

A me la pubblicità non darebbe alcun fastidio. Non credo però che sarebbe molto remunerativo per gli sponsor, ma ebook di autori poco conosciuti dati gratuitamente con la pubblicità dentro potrebbero essere una bella idea.

A suo tempo non ho mai provato a cercare seriamente degli sponsor. Magari oggi per un autore autoprodotto funzionerebbe.

Simone

Federico Russo "Taotor" ha detto...

@Daniele, esattamente, hai detto bene, è una sciorinata (spensierata) di pensieri, infatti mi rendo conto della complessità della cosa, ma sono comunque ottimista sulle possibilità di applicazione.
Per esempio, la serie Wool, di Hugh Howey, che in Italia non è ancora molto famosa, probabilmente perché è disponibile solo in ebook, ha avuto un grande successo, partendo da una storia stand-alone pubblicata direttamente su Amazon. A quanto pare la 20th Century Fox ha già acquistato i diritti: direi che le possibilità di successo degli ebook (sotto diverse forme "promozionali"), ci sono, dobbiamo solo scoprirle!

@Simone, in realtà tu hai già avuto un'idea brillante tanti anni fa (ricordo che ero un assai imberbe adolescente): se non ricordo male avevi inserito dei banner pay-per-click di associazioni benefiche. Ok, non si tratta di multinazionali avide e piene di soldi, ma si può comunque inserire in un contesto di diffusione per conto terzi, o di collaborazione per il bene reciproco. :)