lunedì 18 febbraio 2008

Scrittori fuoristi

Questo è un articolo senza troppe pretese, un passatempo, ma è da un po' che volevo parlarne.

Per alcuni può sembrare strano, ma spesso chi ha a che fare con l'arte ha a che fare con la droga, ma non solo. Anche alcol, fumo e tutto ciò che, in qualche modo, devia la mente.
Tra gli scrittori moderni c'è, se non sbaglio, King - ma credo sia diventato alcolista e tossico per altre ragioni.
Poi ci sono i poeti come Baudelaire o Rimbaud, i libertini, che si drogavano e andavano a puttane - se lo fanno loro che erano dei geni perché non farlo anche noi? XD
Stephenson, poi, è un caso particolare. Per le sue storie attingeva dai sogni. È lui stesso a scrivere Un capitolo sui sogni.
Nel Capitolo sui sogni – un’indagine molto acuta dei processi creativi e forse anche più in generale di quelli psichici – lo scrittore confesserà d’avere come collaboratori instancabili, sia nel sonno che nella veglia, “quegli uomini che dirigono il teatrino che c’è in ognuno di noi”
Da Wikipedia
Si mormora che i Led Zeppelin, rinchiusisi in una villa, abbiano fatto una seduta spiritica per poi ricavare quel capolavoro che è Stairway to heaven. Alcuni miei amici, per comporre canzoni, talvolta sniffano tabacco (è legale, si compra ai tabaccai) sperando di poter avere l'ispirazione (bella l'idea d'inserire quella schifezza marrone nel naso, eh?).
Tutto questo fuorismo solo per poter tirare fuori un capolavoro. Sarà anche romantico, affascinante. Ma io lo trovo un paradosso.
Un mio amico doveva scrivere un testo poetico, qualche settimana fa. Ha scritto prima due, poi tre idee diverse. Quindi ha gettato la penna e ha detto: "No, niente, non ho l'ispirazione".
"Fai un'invocazione alle muse, o sgozza un capro e brucialo su una pira in onore di Dio". Cosa si può rispondere davanti a un "non ho l'ispirazione?".
Non mi pronuncio per le altre arti, ma le opere letterarie, che io sappia, sono opere dell'ingegno. Ciò significa che si creano nel pieno delle proprie capacità mentali, non in preda al fuorismo.
È difficile trovare l'idea che dà lo slancio a un racconto. Però non sarà certo rinchiudersi e drogarsi a farla nascere. Penso sia necessario vivere, fare il vagabondo.
Dicono che le sorelle Brontë riuscissero a esprimere, nei loro romanzi, una profonda passione e fortissimi sentimenti; tuttavia ciò è incredibile perché vissero soprattutto rinchiuse nella casa in campagna e quasi non ebbero relazioni con uomini - tranne il fratello, ovviamente; che andava a puttane e morì vittima dell'alcol e della droga.

Insomma, perdere i sensi per raggiungere uno stato mentale-spirituale elevato, che consenta di creare qualcosa di superiore è, per me, una baggianata. Affascinante, sì, ma rimane pur sempre una baggianata.
Meglio sedersi alla scrivania e creare opere d'ingegno con la mente lucida.
Non drogatevi per tirare fuori opere d'arte, tanto non funziona.

12 commenti:

Anonimo ha detto...

taotor for president :D

Federico Russo "Taotor" ha detto...

Eh, addirittura! Grazie... :D

Gamberetta ha detto...

È una questione complessa. Personalmente la perdita di lucidità mentale mi spaventa, per quello le droghe non mi attraggono. Però non posso dire con certezza che l’assunzione di droghe sia un ostacolo alla produzione artistica.
È tutto troppo vago: quali sostanze si definiscono “droghe”, cosa intendiamo per “arte” o “ispirazione”, per non parlare del problema della qualità.
Probabilmente si possono organizzare esperimenti per studiare il fenomeno con metodi scientifici, forse sono anche già stati organizzati, non ho idea, confesso la mia ignoranza! ^_^

Glauco Silvestri ha detto...

La questione è piuttosto articolata e basta prendere esempi differenti per invertire i concetti. Per esempio, E. A. Poe ha prodotto il meglio della sua letteratura quando era divorato dall'alcol (che ne ha causato anche la morte). Philip K. Dick... ha scoperto mondi incredibili dandosi a sostanze poco salutari.

Io, beh, come obelix che è caduto da piccolo nella pozione magica, credo di essere per natura distaccato dal mondo reale e immerso nelle allucinazioni creative. Chissà!

Ad ogni modo, credo che la creatività possa nascondersi ovunque, nella persona lucida di un Vulcaniano, nella testa confusa di uno che si droga, nello spirito autodistruttivo di un alcolista.

Ovvio che drogarsi e darsi all'alcol, alla fine, diventano attività deleterie. Un costo per la società e, un costo per la propria vita. Meglio non drogarsi e cercare l'estasi nella "nutella" :D

Parao ha detto...

In tutta sincerità, escludere il "drogarsi" dal "vivere" mi sembra irrealistico.
Usare droghe o ubriacarsi porta a esperienze che possono farti vedere il mondo da una prospettiva diversa - cosa in sé piuttosto positiva.
Non ci sono solo l'eroina e la cocaina e il tossico-dipendente che minaccia la madre con un coltello per avere soldi. C'è la mariuana, ci sono i funghi allucinogeni. Non c'è soltanto l'alcolista, ma anche chi scioglie la propria timidezza con un paio di birre. Soprattutto, esiste il buon senso e l'uso moderato.

Sting ha affermato di aver provato di tutto, perché è curioso di natura. Ma ha anche affermato che non è mai diventato un tossico-dipendente perché ha la convinzione di non esservi incline, che secondo lui e per sua esperienza è una cosa che dipende dal carattere.

Certe esperienze, riducendo il vivere alla scrittura, portano un autore a interpretare la vita, a tradurla in narrato, anche e molto spesso in modo inconsapevole. E l'esperienza "sballo" (sia esso dovuto a droga o ad alcool) è un'esperienza come un'altra.

Altra cosa è, invece, scrivere sotto l'effetto di qualcosa che alteri la mente (parlando di "sballo forte", non leggero). Su questo ho seri dubbi anche io. Personalmente, m'è capitato di scrivere qualche email e ho avuto serie difficoltà a digitare: dovevo guardare la tastiera (cosa che non faccio più da anni) e comunque ero impacciato.
Scrivere in quello stato? L'ispirazione se ne va letteralmente a puttane...

Federico Russo "Taotor" ha detto...

@Gamberetta, già, un po' confuso perché mi sono posto dei limiti, non volevo scrivere un post enorme. Ma, a grandi linee, mi riferisco sostanze che alterano in qualche modo la persona, sia nel fisico che nell'umore. Gamberetta cogli amici, per strada, che ride ubriaca a crepapelle? No, non ce la vedo. XD Magari, prova, se ne hai l'occasione, e poi fammi sapere!

@Gloutchov, ricordo che Poe era un tipo tutto strano, e le idee per i racconti provenivano dalla sua mente malata. Inoltre sapevo che la morte è la cosa più misteriosa che (non) si sa, di lui. Boh.

@Andrea, non ne ricordo il nome, ma avevo letto qualcosa riguardo a un filosofo che sosteneva che l'unico modo per poter evitare di peccare, era commettere prima tutti i peccati.
Si sarà capito che ho una mentalità abbastanza aperta (mo mi arrivano i pomodori), però tengo a precisare che non ho nulla contro chi alza il gomito o fuma di tanto in tanto una canna. Queste cose non mi sono estranee.
Condivido il fatto che l'esperienza "sballo" sia un'esperienza come un'altra da mettere su carta. Ma sono convinto che uno le esperienze non dovrebbe andare a cercarsele, se così si può dire.
Voglio sapere cosa si prova a uccidere una persona. Toh, mi procuro una pistola e vado a ucciderla, poi prendo appunti per il mio romanzo giallo.
Ovviamente esagero, ma il concetto è quello.
Credo sia bello intraprendere un cammino "vita + scrittura", vivere la vita cogli occhi da scrittore. A chi ha già "vissuto", certamente, basta riversare le esperienze, ma a chi è giovine (:D) come me, come si è ribadito, dovrebbe giovare. Credo.
A me sì. ^_^

Anonimo ha detto...

Il punto credo che sia che per scrivere qualcosa, per scriverlo BENE, devi assolutamente annullare te stesso, dimenticarti chi sei e cosa fai nel modo più assoluto, in modo che altre personalità, quelle dei personaggi appunto, possano fluire attraverso di te sulla carta. Chiaramente, farlo coscientemente, a mente fredda, è difficilissimo. Sballarsi rende il tutto molto più rapido.

Anonimo ha detto...

Questo è un tema di una levatura, di un'ampiezza e di una profondità tremende.
Per questo, qui, posso apporre solo pochissime note: e inizio col dire che il genere letterario cui ci si ispira - più precisamente, i canoni archetipici determinati di un genere letterario cui ci si ispira - costituisce già una prima discriminante fondamentale - ma il mio riferimento prioritario, per questo discorso, spetta all'ambito della poesia, più che a quello della prosa. Se il poeta è un neoclassicista, un parnassiano, o un acmeista, certo non può abbandonarsi all'estasi degli stupefacenti, anzi, ogni fattore che possa minimamente pervertire il suo equilibrio mentale, deve essere minutamente bandito, in ottemperanza all'ideale della "mesura" liviana che egli deve perseguire. Ma se, viceversa, il poeta è un romantico, un simbolista o un surrealista, le sensazioni della destabilizzazione, dell'allucinazione, dell'evasione eversiva che possono indurre gli stupefacenti, possono essere - ragionevolmente - giudicate come la linfa magmatica che percorre tutta la genesi demiurgica, costantemente proiettata verso l'istanza di un centrifugo onirismo tematico, del rutilante eccesso formale, dell'inopinata esasperazione metrica.
Un altro punto determinante risiede nella concezione dell'ispirazione: allora il poeta può essere il vate teorizzato dal neoplatonismo - ma non penso a Plotino, bensì a Proclo - pervaso dall'entusiasmo - l'invasamento eteronomo, esoterico, primordiale, del dio - che scorgerebbe negli stupefacenti un incentivo, un sussidio, un'agevolazione al proprio "furor" - "il delirio alato dei fortunati che non sono sani nè savi", secondo Seneca - o può essere l'ingegno laico, materialista, ateo - tipico degli effluvii della lezione aristotelica filtrata dall'interpretazione di Alessandro di Afrodisia - massima espressione di un'intelligenza guadagnata, cesellata, graduale, tutta immanente e autonoma, e della perfetta vigilanza etica che l'uomo sa esercitare su di sé, come avviene per il Poliziano, a cui risultava intollerabilmente invisa l'interazione con la sua rigida disciplina creativa di qualunque elemento che potesse alterare tale rigore inventivo.
Occorrerebbe poi discutere propedeuticamente, prima di ogni altra osservazione, circa il valore precipuo che in questa questione assume il rapporto fra la determinazione mediata della forma del pensiero e la determinazione immediata del contenuto del pensiero - rapporto che poi investe anche l'aporia nell'antinomia fra concetto e intuizione, e che è stata indagata soprattutto da Lukacs.

In ogni modo, contrariamente a quanto credono Taotor e Negrore, esempi storici acclarati di artisti illustri che hanno saputo trarre tutta la propria dirompente ispirazione solamente dagli effetti provocati loro dall'uso di dosi ingenti di stupefacenti - o quasi solo da essi - non sono certo rari: Coleridge è probabilmente il caso più famoso - è documentato che stilò l'intera, eccezionale descrizione del Palazzo del Gran Khan nel visionario torpore conseguente al consumo di un quantitativo poderoso di oppio - ma si possono facilmente menzionare anche Dario, George, Russell.
Lo stesso Freud - il nome che, fra tutti gli intellettuali elencabili che sono stati fruitori di stupefacenti, solitamente, desta il maggior clamore - poté redigere quel capolavoro che è "L'interpretazione dei sogni" solo perché il processo onirico che egli andava ad annotare con perizia maniacale, gli si rivelava nel sonno con un'incisività, una vividezza, un nitore tali da consentirgli poi una trascrizione dettagliata: e quell'incisività, quella vividezza e quel nitore erano propiziati dalla reazione stimolante della cocaina - che allora egli assumeva assiduamente e abbondantemente, e di cui si diceva apertamente un estimatore incondizionato, prima che ne venissero svelate le ripercussioni nefaste.
Inoltre, nel folgorante "Ombre corte", Benjamin riporta i resoconti di diversi cenacoli dedicati alla disamina capillare degli esiti immaginativi sortiti dal fumare in modo metodico, programmatico e sistematico l'hascisch - esperimento cui il suo terrificante genio per primo si sottoponeva.

Feanor

Federico Russo "Taotor" ha detto...

@Simòn R., non concordo sul fatto di annullare te stesso, perché se "altre personalità, quelle dei personaggi, possano fluire attraverso di te sulla carta", significa che bisogna essere completamente lucidi per riportare tutte le esperienze vissute e "affibbiarle" ai personaggi. Certo, bisogna anche essere il più possibile distaccati, ma trovo che l'assunzione di droghe, possa semmai far nascere sensazioni nuove... XD

@Feanor, non sapevo ci fosse anche il grande Coleridge tra i... fattoni...? :D
Tempo fa lessi l'Interpretazione dei sogni, ma ammetto che mi sembrava tutt'altro che frutto del fuorismo. E su Freud ne hanno dette tante, poveretto.

Gamberetta ha detto...

@Federico. Riguardo Freud non è diceria, è noto che per diversi anni fu un “fan” della cocaina (non solo lui del resto), esaltandone i benefici effetti fisici e psicologici.
“In realtà, non appena si dimentica il contrasto tra le condizioni attuali e quelle esistenti prima dell’ingestione della sostanza, è difficile credere che si è sotto l’influenza di un agente estraneo; eppure si rimane profondamente alterati per quattro o cinque ore, finché dura l’azione della sostanza, si possono eseguire lavori fisici e mentali con aumentata capacità di resistenza, mentre i bisogni altrimenti impellenti di riposo, cibo, e sonno vengono tranquillamente accantonati. Nelle ore immediatamente seguenti l’ingestione della cocaina è impossibile addormentarsi. L’effetto dell’alcaloide, comunque, svanisce gradualmente nel tempo e non è seguito da depressione di nessun tipo.”
(Sugli effetti generali della cocaina marzo 1885)

Pubblicità progresso!
“Poiché attualmente da molte parti si nutrono ingiustificati timori sull’uso della cocaina per via interna, non mi sembra fuori luogo sottolineare che perfino le iniezioni sottocutanee – quali io praticato con successo in casi di sciatica di lunga data – sono assolutamente innocue. La dose tossica per l’uomo è altissima, e pare che non vi sia una dose letale.”
(Sulla cocaina revisione del febbraio 1885)

Anonimo ha detto...

Sì, Taotor, anche Coleridge. Non convengo pienamente col "grande".

"L'interpretazione dei sogni" non è il risultato diretto dell'ispirazione - in questo caso teoretica e non poetica - suscitata da sostanze stupefacenti, come invece avviene per Coleridge - e per numerosi altri artisti - ma proprio dall'interazione e dagli effetti psichici di tali sostanze la sua stesura è favorita: come accennavo, Freud riuscì a redigere un'analisi tanto alacre, tanto sofisticata, tanto puntuale del processo onirico perché poté studiare i propri sogni sulle note in cui questi erano descritti con un'acribia assoluta: acribia resa possibile dalla stimolazione psichica propiziata dalla cocaina, grazie alla quale Freud poteva sognare con un'intensità inusitata, e poi ricordare lo strutturarsi dei sogni con la stessa destrezza.
Su Freud ne hanno dette tante, perché egli non ha mai rinunciato a ribadire tutta la sua supponenza: supponenza per cui la psicanalisi, con il sistema che egli aveva sagomato, sarebbe stata già capace di imporsi come una scienza forte, mentre era ancora lontanissima - e pure era evidente! - dal poterlo diventare - come lo diventerà con l'immenso Lacan, cui Freud non è degno di ordinare gli appunti.

Feanor

Anonimo ha detto...

Il giorno in cui mi drogherò per poter scrivere qualcosa sarà il giorno della fine del mondo.
Le droghe alterano la mente? Ok
Diverse persone hanno creato capolavori in seguito allo "sballo"? Ok
Le droghe aiutano a creare capolavori? Vai a quel paese (incitamente generico)

Tramite la loro assunzione si può avere un'alterazione delle percezioni che possono portare a un certo stato di creatività dovuto alle "visioni" ma questo perché esse stimolano il cervello e non per una loro particolare proprietà.
Se uno è un perdente che non riesce a immaginare nulla senza di esse tanto peggio per lui.
Per quanto mi riguarda, per estraniarmi dal mondo, per immaginare cose fantastiche e tutte le altre cose che possono essere dovute all'assunzione di droghe mi basta un buon libro, della buona musica, un buon fumetto, un letto dove rilassarmi ecc.